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Adrien Brody riflette sull’IA: “Nulla può sostituire le emozioni”

Adrien Brody parla di The Brutalist, del peso emotivo sul set e del futuro del cinema nell’era dell’IA, che non può sostituire le emozioni.

Adrien Brody, ospite per la seconda volta al Red Sea Film Festival dopo la breve visita del 2023, come riportato da Variety, ha raccontato il peso emotivo e fisico delle riprese di The Brutalist di Brady Corbet, il film che quest’anno gli è valso il suo secondo Oscar a più di vent’anni dalla vittoria per Il pianista. L’attore ha ricordato come i 23 giorni di lavorazione abbiano lasciato “esausti” cast e troupe, spiegando però che, anche nelle condizioni più dure, non contempla l’idea di “tirarsi indietro”.

Per riuscirci, ha detto, rinuncia completamente alla vita privata durante le riprese, evitando di trascorrere il tempo libero con colleghi e tecnici quando il ruolo richiede un forte coinvolgimento emotivo. Brody ha spiegato di affidarsi a proprie tecniche per mantenere la concentrazione, ricordando che “non sei una macchina” e che ogni attore deve trovare il modo di liberarsi da distrazioni e complessità del set per dare sempre il massimo.

Parlando del secondo Oscar, Brody ha definito il riconoscimento “l’apice della carriera di un attore” e un traguardo “incredibilmente gratificante”, soprattutto da condividere con i genitori che lo hanno sostenuto negli anni. Ma l’attore ha voluto chiarire che questo tipo di successo non attenua la fame di nuove sfide, citando come esempio Meryl Streep, che continua a esplorare il proprio lavoro nonostante la lunga serie di premi ottenuti. A suo avviso, i riconoscimenti aprono nuove opportunità, ma non interrompono un percorso artistico in continua evoluzione: oggi, afferma, ama recitare e raccontare storie più che mai, forte dell’esperienza maturata con registi, produttori e attori straordinari.

Riflettendo sui temi de The Brutalist, Brody ha sottolineato come il film rispecchi la lotta di ogni artista nel difendere la propria visione dai condizionamenti esterni, che si tratti di un architetto o di un cineasta. Per realizzare un’opera importante servono mezzi, supporto e una “macchina” produttiva, e spesso la difficoltà sta proprio nel trovare benefattori che credano davvero nella visione dell’autore. Secondo l’attore, il film cattura bene quella sensazione di oppressione che può derivare da visioni divergenti tra creatore e finanziatore.

Interrogato sulla crescita dell’intelligenza artificiale nel cinema, Brody ha riconosciuto che viviamo un’epoca di trasformazioni profonde, anche nel modo in cui vengono percepiti i contenuti e in cui i giovani vi sono esposti. Pur riconoscendo il valore degli strumenti tecnologici, ha ribadito che “non c’è nulla che possa sostituire l’emozione”, invitando a preservare il processo creativo e la bellezza del cinema. L’evoluzione, ha detto, non è necessariamente negativa, ma spetta agli individui scegliere cosa accettare.

Infine, Brody ha osservato che il pubblico di oggi dispone di un’enorme varietà di contenuti, ma che proprio per questo è diventato più difficile scoprire opere preziose prive di un forte supporto di marketing. Chi desidera quel tipo di cinema, afferma, deve cercarlo attivamente e sostenerlo, così come i produttori hanno il compito di continuare a realizzare film che mantengano viva quella ricerca.


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