A Quiet Place, la recensione: il ritratto intenso e sofferto di Emily Dickinson

Il ritratto intenso e sofferto di Emily Dickinson in A Quiet Place, il diretto dal regista e sceneggiatore inglese Terence Daies.

Il regista e sceneggiatore inglese Terence Davies, con il suo emozionante film “A Quiet Passion”, racconta la vita affascinante e, per molti aspetti, enigmatica di Emily Dickinson. La poetessa, considerata tra i più grandi autori americani e della letteratura mondiale, fu una figura complessa e tormentata, il cui straordinario talento venne riconosciuto solo dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1886 all’età di cinquantasei anni a causa di una malattia ai reni. Davies riesce a dipingere un ritratto intimo e profondo della Dickinson, mettendo in luce il suo istinto di ribellione giovanile, progressivamente soffocato dalla maturità e dalle sofferenze interiori, che trovavano espressione nella sua straordinaria poesia.

Il film si sviluppa come un percorso emotivo intenso e sofferto, a cui lo spettatore può abbandonarsi completamente, lasciandosi trasportare dal vortice di tormenti e dubbi che segnarono la vita della poetessa. Emily, incapace di recidere il legame viscerale con la sua famiglia – un microcosmo caratterizzato da affetti profondi e talvolta soffocanti – trovò nella scrittura l’unico rifugio sicuro. Nei suoi versi si riversano i suoi sentimenti più autentici, le emozioni più profonde e le sue intense meditazioni sulla morte, sulla transitorietà dell’esistenza e sulla fragilità della bellezza umana. La poesia per lei non era solo un’arte, ma un bisogno esistenziale, un canale attraverso cui esplorare il dolore, la solitudine e il senso di alienazione che permeava la sua vita.

Le interpretazioni di Emma Bell, nel ruolo della giovane Emily, e di Cynthia Nixon, che incarna con straordinaria sensibilità la poetessa adulta, donano ulteriore spessore alla narrazione. Nixon, nota al grande pubblico per il ruolo di Miranda in “Sex and the City”, offre una performance magistrale, restituendo con finezza e intensità l’ardente spirito della Dickinson, spesso celato sotto l’apparente riservatezza imposta dalla società patriarcale dell’epoca. Il film mette in evidenza la difficile condizione femminile nel XIX secolo, contro cui Emily tentò di ribellarsi ogni volta che ne ebbe l’opportunità, scontrandosi inevitabilmente con il padre, un avvocato dalle convinzioni rigide ma dal cuore generoso. L’isolamento progressivo della poetessa, il suo rifiuto delle convenzioni sociali e la sua scelta di vivere nell’ombra diventano elementi chiave della narrazione, mostrando il prezzo della sua indipendenza intellettuale.

Visivamente raffinato e impreziosito da una fotografia elegante, “A Quiet Passion” si distingue per la sua capacità di trasmettere un’atmosfera malinconica e intensa, avvalendosi di una sceneggiatura ricercata e dialoghi intrisi di profondità. Davies orchestra con maestria un’opera di estrema sensibilità, che commuove e coinvolge, regalando al pubblico un ritratto indimenticabile di una delle più grandi voci poetiche della storia. Ogni inquadratura è costruita con estrema cura, enfatizzando la staticità della casa familiare come prigione dorata e l’uso della luce e dell’ombra per rappresentare il crescente isolamento interiore della poetessa. Il ritmo del film, cadenzato e meditativo, rispecchia la profondità della sua introspezione, invitando lo spettatore a immergersi nel mondo interiore di Emily Dickinson.

Un film da non perdere, nelle sale cinematografiche dal 14 giugno, che non si limita a raccontare una biografia, ma scava nelle profondità dell’animo umano, esplorando con estrema sensibilità il contrasto tra la ricerca della verità interiore e le costrizioni sociali. “A Quiet Passion” è un’opera che si rivolge non solo agli amanti della poesia, ma a chiunque voglia lasciarsi trasportare da un’esperienza cinematografica intensa e commovente, capace di risuonare nel cuore dello spettatore a lungo dopo la visione.

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Emanuela Giuliani 

Il Voto della Redazione:

7


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