A Quiet Place: Un posto tranquillo, la recensione: il silenzio non sempre è d’oro

La recensione dell’attesissimo: A Quiet Place: Un Posto Tranquillo, il film diretto da Jon Krasinski con Emily Blunt.

Arriva finalmente nelle sale italiane il 1° maggio, distribuito dalla 20th Century Fox, A Quiet Place – Un Posto Tranquillo, terzo lungometraggio diretto da John Krasinski, che ne è anche sceneggiatore e interprete. Con questo film, l’attore e regista americano compie un passo importante nella sua carriera, dimostrando di possedere una sensibilità registica matura e originale. In questa occasione, inoltre, Krasinski dirige per la prima volta la moglie, Emily Blunt, la cui interpretazione si rivela tra i punti più alti e intensi dell’intera opera.

Si tratta di un intenso horror thriller in cui il silenzio angoscioso domina la scena, trasformandosi da semplice espediente narrativo a vero e proprio protagonista. La storia segue una famiglia costretta a vivere immersa nel più totale silenzio, in un mondo post-apocalittico popolato da terrificanti creature aliene, cieche ma dotate di un udito ipersensibile. Qualsiasi suono, anche il più impercettibile, può attirare la loro attenzione e significare una morte certa. Per questo motivo, i protagonisti devono imparare a comunicare solo attraverso sguardi, gesti e linguaggio dei segni, muovendosi con una delicatezza estrema, quasi fossero fantasmi in un mondo sospeso.

Le mostruose presenze, sempre in agguato ma quasi mai mostrate completamente, contribuiscono a creare un senso costante di minaccia. Krasinski riesce abilmente a mantenere un equilibrio tra ciò che si mostra e ciò che si lascia all’immaginazione, sfruttando la forza del non detto e del non visto. In un contesto cinematografico spesso dominato da effetti speciali e rumore, A Quiet Place si distingue per la sua audacia: costruisce paura e tensione proprio attraverso l’assenza di suoni. Ogni piccolo rumore – un giocattolo acceso, una tavola che scricchiola, un respiro trattenuto – diventa una possibile condanna.

La tensione cresce progressivamente, fino a diventare quasi insopportabile. Lo spettatore viene risucchiato dentro un vortice emotivo che lo costringe a condividere la paura dei protagonisti. Si arriva a provare la sensazione fisica del silenzio, a percepire il proprio respiro come un pericolo. Questo coinvolgimento diretto è uno degli elementi più riusciti del film: la regia immersiva, la fotografia dai toni cupi e naturali, e il sapiente uso del suono – o meglio, della sua assenza – creano un’esperienza visiva e uditiva unica, difficilmente paragonabile ad altri titoli del genere.

Il film, pur nella sua struttura essenziale, si carica anche di significati simbolici. Il silenzio non è solo un mezzo di sopravvivenza, ma diventa metafora delle difficoltà di comunicazione e del fragile equilibrio familiare. L’amore, la paura, il sacrificio e la perdita trovano espressione nei gesti e negli sguardi, più eloquenti di qualsiasi parola. Particolarmente toccante è la rappresentazione della maternità: la gravidanza e la nascita, eventi che solitamente incarnano gioia e speranza, qui si trasformano in momenti di altissima tensione, dove ogni grido di dolore può significare la fine.

Emily Blunt offre una performance straordinaria, intensa e carica di umanità. Accanto a lei, Krasinski stesso interpreta un padre protettivo e vulnerabile, disposto a tutto pur di salvare la propria famiglia. I giovani attori che interpretano i figli, in particolare Millicent Simmonds, sordomuta anche nella realtà, contribuiscono in modo decisivo a rendere credibile e profondo il dramma.

Uno degli aspetti più interessanti del film è la scelta di non fornire spiegazioni dettagliate sull’origine delle creature o sul collasso della civiltà. Questa assenza di informazioni accresce la tensione e stimola l’immaginazione dello spettatore, che viene lasciato libero di colmare i vuoti con le proprie paure. Invece di costruire un universo complesso, Krasinski concentra la narrazione sulla dimensione intima e umana della sopravvivenza, trasformando un racconto di mostri in una riflessione sulla fragilità e la resilienza della famiglia.

A Quiet Place – Un Posto Tranquillo è, in definitiva, un’opera imperdibile: un horror che riesce a essere insieme spettacolare e profondamente emotivo. Con la sua originalità, la sua tensione costante e la sua capacità di comunicare attraverso il silenzio, il film di Krasinski si impone come uno dei più innovativi e significativi esempi di cinema di genere degli ultimi anni, conquistando pubblico e critica e lasciando un segno indelebile nel panorama del thriller contemporaneo.

© Riproduzione Riservata

Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


Pubblicato

in

da

Tag: