La recensione del freddo e intenso dramma di Justin Triet: Anatomia di una Caduta, al cinema dal 26 ottobre con Teodora Film
Vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, Anatomia di una Caduta è stato presentato in anteprima alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, e debutta il 26 ottobre in 140 sale italiane distribuito da Teodora Film.
Osannato dalla critica internazionale, e al centro di un’accesa polemica per non essere stato scelto dalla Francia per rappresentare il paese alla 96° edizione degli Academy Awards®, nella selezione per la categoria International Feature Film Award, il film di Justine Triet, è un thriller che scava nei segreti di una famiglia e mette al centro un ritratto di donna provocatorio e fuori dagli schemi.
Anatomia di una Caduta, la storia
Interpretato da una straordinaria Sandra Hüller, in Anatomia di una Caduta la scrittrice Sandra vive con il marito Samuel, dal volto di Samuel Theis, e il figlio Daniel, non vedente a causa della negligenza del padre e vestito da Milo Machado Graner, in un remoto chalet di montagna sulle Alpi francesi, nella zona di Grenoble. Quando Samuel muore in circostanze misteriose, a ritrovare il corpo è il piccolo Daniel di ritorno da una passeggiata, Sandra viene accusata di omicidio e il processo mette a nudo la relazione tumultuosa che aveva con il marito, nonché la sua personalità ambigua. Una situazione che si complicherà ancor di più nel momento in cui anche il giovane figlio verrà chiamato a salire sul banco dei testimoni.
Anatomia di una Caduta, tutto è il contrario di tutto
Con Anatomia di una Caduta la Triet porta sul grande schermo un dramma potente che ci parla di temi attuali, quali vite sprecate, la depressione maschile, i rapporti insoddisfatti e i legami figli-genitori. Un crescendo di tensione grazie ad una sceneggiatura meravigliosa, opera di Arthur Harari, valorizzata senza alcun dubbio da un cast impeccabile in cui a spiccare, oltre alla Hüller presente anche nello scioccante The Zone of Interest, è proprio Milo Machado Graner.
Graner infatti, si prende meritatamente la sua parte di scena, mostrando il profondo e vero strazio di un adolescente in balia del dramma che suo malgrado sta vivendo, e che mette in discussione, ripercorrendolo attraverso la ricostruzione dei ricordi, il rapporto con il padre scomparso, e a dura prova quello con la madre.
Un processo mediatico che porta alla luce, violando l’intimità familiare, una serie di torbidi segreti. Incertezze che si insinuano inevitabilmente nella nostra mente facendo vacillare ogni pensiero, prova e ipotesi elaborati sulla storia e sui personaggi, con il risultato che non si sa chi credere. Persino il piccolo Daniel, così sicuro all’inizio, si ritrova a indagare, se così si può dire, per capire se sia stata veramente la madre a uccidere il padre, o quest’ultimo si sia tolto la vita.
Personaggi che gridano l’uno contro l’altro rinfacciandosi mancanze, rancori e frustrazioni all’interno di un processo che supera il confine della ricerca della verità, e scava nei sentimenti, nei pensieri e nelle ombre del focolare domestico, smontandolo pezzo per pezzo. Un processo gelido e veritiero, in cui la scarsità di prove mette alla berlina ciò che si pensa e non viene detto, ciò che si prova ma che non viene accettato. Un processo con l’amore, quello vero, che forse esiste solo quando si perde tutto il resto, quando, per continuare a vivere, non resta altro che giustificare a tutti i costi il guardare al domani cercando di lasciarsi i dubbi alle spalle.
Strizzando l’occhio a Hitchcock, Preminger e Pakula, ma senza cadere nell’esagerazione, Anatomia di una Caduta è la cinica e fredda rappresentazione, sapientemente valorizzata dalla fotografia di Simon Beaufilis, del fallimento della società, di quel sogno di felicità da sempre inseguito e mai raggiunto, dove tutto può essere il contrario di tutto.
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Emanuela Giuliani
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