Animali Fantastici: una saga di cui si poteva fare a meno

“Animali fantastici – I segreti di Silente”, stando alle prime recensioni internazionali, al momento appare essere il film più equilibrato e riuscito della saga di “Animali Fantastici”, in cui ci si è avvicinati di più alla bellezza che ha fatto della saga originale di Harry Potter un mito assoluto. Il tutto al netto del recasting tanto discusso di Johnny Depp con Mads Mikkelsen, nel ruolo del villain Gellert Grindelwald, che però si è dimostrato all’altezza della prova. Ora però è giunto il momento di tirare le somme, di guardarci negli occhi e capire se veramente ha avuto senso continuare dopo i primi due, instabili e deludenti film, oppure se questo è semplicemente un esercizio commerciale stantio e ripetitivo.

Tanta ambizione malriposta

Ispirata a “Gli animali fantastici: dove trovarli”, libro derivato dal ciclo originale di Harry Potter creato dalla stessa J. K. Rowling, questa nuova saga ha portato gli eventi in un universo magico e babbano ambientato tra il 1926 e il 1945. Sono gli anni in cui si consumava la seconda tragedia mondiale, dominati dalle grandi dittature e dagli ideali delle grandi masse. Non proprio un esercizio da niente. Di base soprattutto in questo ultimo film, “Animali Fantastici” ha mostrato in modo aperto il suo essere una metafora dell’avvento del Fascismo e dello Stalinismo, connesso alla solita è già nota difficile relazione tra gli abitanti del mondo magico e i cosiddetti babbani. Lo ha fatto negli anni inserendo nuovi personaggi ma anche recuperando quelli vecchi, su tutti Silente, interpretato da un magnetico Jude Law.

Tuttavia uno sguardo generale ci dice che già nel primo episodio si evidenziava una carenza di inventiva e di coerenza narrativa, nonché di ritmo, a dir poco pesante, che di fatto fece gravare quasi tutto il peso su Eddie Redmayne e il suo Newt Scamander. Al netto del grande talento dell’interprete londinese, il suo rimane secondo molti uno dei protagonisti più dimenticabili che una saga cinematografica abbia mai visto; a conti fatti ha portato all’estremo la componente imbranata che già in molti trovavano un pò detestabile in Harry Potter. Anche gli altri personaggi sono apparsi tutti abbastanza monotoni e tutti soprattutto vicini per età, composizione e anche natura, a dispetto del casting inclusivo, dell’aver portato anche il tema dell’omosessualità in piena luce.

Tutto è apparso fin troppo serio o serioso, con un’ironia debole e soprattutto una realtà fin troppo scollegata dal mondo originale creato dalla Rowling. Se già nel primo film la narrazione era parsa incidentata, molto frammentaria e priva della forza dirompente nel descrivere un mondo magico e magnifico, il secondo film, “Animali fantastici – I crimini di Grindelwald”, ha portato tali difetti ad un nuovo livello di raffinatezza per così dire.

Il timoniere sbagliato per la nave sbagliata

“Animali fantastici – I crimini di Grindelwald” ancora oggi è indicato come una delle peggiori delusioni cinematografiche degli ultimi anni, visto che molti fan pensavano che in fin dei conti, un regista esperto come Yates sarebbe riuscito a porre rimedio ai difetti che avevano attraversato il primo film. Ecco su questo punto andrebbe sicuramente aperta una parentesi doverosa, dal momento che David Yates, classe ‘63, è sì un fedelissimo della Warner “potteriana” dai tempi de l’Ordine della Fenice, ma se al di fuori di tale ambito non ha mai lavorato molto, forse ci sta suo bel motivo.

Questa nuova saga per i vertici della Warner significava cercare di fidelizzare i vecchi fan di Harry Potter, ma anche di crearne di nuovi. Sarebbe servita al comando più una mano che già conoscevano, per creare un qualcosa di molto familiare, oppure una nuova e originale? Alla prova dei fatti scegliere la prima, cioè Yates, è stato un errore incredibile.

Il motivo è semplice: Harry Potter è diventato il fenomeno cinematografico che tutti conosciamo in virtù dell’immensa popolarità dei libri originali, non perché i film fossero capolavori.
Anzi a guardarli oggi, al netto dell’affetto che proviamo, più di qualcuno della Saga ci appare a dir poco debole. Yates ne ha diretti quattro, convincendo veramente soltanto ne primi due, mentre il duplice atto finale è risultato essere forse il peggio ricordato, al netto della loro importanza storica nell’universo cinematografico.

In questa saga spin-off e prequel, ha dimostrato una volta di più (ed anche in questo ultimo film) come tutto quello che sappia fare in fin dei conti sia affidarsi agli attori, alle loro performance, senza mai creare nulla di particolarmente originale o creativo, senza osare o dimostrare inventiva. Yates è un’aziendalista. Va bene per qualcosa di sicuro e solido che non richiede altro che regolarità, ma non puoi pensare di farci affidamento per creare una narrazione potente senza il vantaggio iniziale di una saga letteraria di alta qualità.

Poca fantasia e tanta ingordigia

“Animali Fantastici” è passata dal mediocre al disastroso nel secondo episodio, uno dei peggiori film fantasy dello scorso decennio, a dispetto di un Johnny Depp carismatico e mefistofelico. Il suo allontanamento di certo è stato un altro elemento che ha portato la profonda disaffezione di molti verso il progetto, la cui continuazione ora lascia abbastanza interdetti, a dispetto del fatto che vi sia stato un evidente sforzo produttivo e di scrittura, che però non è bastato a compensare le deficienze accumulate nei due precedenti capitoli.

La Rowling, nonostante le proteste che ne hanno danneggiato l’immagine negli ultimi anni a causa delle sue posizioni verso la comunità LGBTQ, rimane una scrittrice di sicuro talento, non si può negarlo. Ma ha dimostrato anche di essere una sceneggiatrice alquanto mediocre. Tra questi due mondi in fin dei conti esiste una bella differenza, qualcosa che evidentemente non è stato valutato, cercando di attrarre il pubblico con il miraggio di una grande fedeltà all’originale letterario. Questo ci porta ad affrontare anche un altro problema: il libro da cui questa Saga (che si prevede essere in via di conclusione con gli ultimi due film) è stata tratta, non era nulla di particolarmente memorabile, per grandezza, complessità e fantasia. Chi è entrato in sala in questi anni cercando di riassaporare le atmosfere dei film sul maghetto con la cicatrice, è rimasto molto deluso, chi invece cercava divertimento, ironia e novità, ha avuto a che fare con un universo narrativo torbido, cupo e ben poco coinvolgente.

Gli incassi stanno lì a dimostrarlo, con il primo attesissimo film che incassò 814 milioni, mentre il secondo molti meno, soli 654. Non proprio una perdita da nulla e il Covid manco era arrivato. L’eredità di questo universo cinematografico spin-off, rimarrà quella di un esperimento fallito, di un qualcosa che si poteva anche evitare di fare. Magari sarebbe stato meglio sposare una serialità televisiva o comunque operare un lavoro di riscrittura e adattamento per il grande schermo non indifferente. Ma in un’industria cinematografica che guarda solo al profitto da ottenere facilmente, in fondo neppure dovremmo essere poi così sorpresi.

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Giulio Zoppello


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