La sceneggiatura completa di Beetleejuice – Spiritello Porcello, il cult cinematografico del 1988 diretto da Tim Burton.
Diretto da Tim Burton nel 1988, Beetlejuice – Spiritello Porcello è diventato un cult intramontabile del cinema fantastico, grazie al suo stile visionario e all’irriverente fusione di horror gotico e commedia surreale. Il film fu un successo sia di pubblico che di critica, incassando circa 84,5 milioni di dollari a fronte di un budget di soli 15 milioni, e si aggiudicò l’Oscar per il Miglior trucco nel 1989, grazie al geniale lavoro di Ve Neill, Steve LaPorte e Robert Short.
Uno degli aspetti più significativi alla base di questo successo è la sceneggiatura, che potete leggere qui: BEETLEJUICE – SPIRETELLO PORCELLO, la cui evoluzione ha avuto un impatto determinante sull’identità del film. La prima stesura, scritta da Michael McDowell, si caratterizzava per un tono cupo e inquietante, con accenti macabri che spingevano il racconto verso l’horror puro. In questa versione iniziale, il mondo dei morti era dipinto con un realismo sinistro e un’atmosfera decisamente più tetra.
La svolta arrivò con l’intervento di Warren Skaaren, che riscrisse la sceneggiatura alleggerendone i toni e introducendo una vena di commedia nera intuendone il potenziale satirico, accentuò così l’assurdità del mondo ultraterreno trasformandolo in una sorta di grottesca parodia della burocrazia dei vivi. Rielaborazione questa che si rivelò fondamentale per creare l’equilibrio perfetto tra l’umorismo dissacrante e l’inquietudine gotica che sarebbe poi diventato il marchio distintivo del cinema di Burton.
La trama ruota attorno a Barbara e Adam Maitland, una giovane coppia che, dopo essere morta in un tragico incidente d’auto, scopre di essere intrappolata come spiriti all’interno della propria casa di campagna. Quando una famiglia di eccentrici newyorkesi, i Deetz, si trasferisce nella loro abitazione, i Maitland tentano goffamente di spaventarli per riappropriarsi del loro spazio. Falliti tutti i tentativi, si rivolgono a Beetlejuice (pronunciato “Betelgeuse”), un “bio-esorcista” imprevedibile e sopra le righe, la cui presenza finirà per generare un caos ancora più grande.
Il personaggio di Beetlejuice, interpretato da un Michael Keaton in stato di grazia, domina la scena nonostante compaia per meno di venti minuti. Con un’energia esplosiva, battute taglienti e un look che fonde estetica punk, suggestioni vittoriane e dettagli circensi, Beetlejuice è il simbolo del disordine assoluto, un agente di caos che infrange ogni regola e ridicolizza ogni autorità, sia tra i vivi che tra i morti.
Pur mantenendo un tono leggero e grottesco, Beetlejuice affronta con intelligenza temi profondi come la paura dell’oblio, la ricerca di identità dopo la morte e il contrasto tra tradizione e modernità. I Maitland rappresentano una visione nostalgica e rassicurante dell’esistenza, mentre i Deetz incarnano la superficialità kitsch della cultura contemporanea, ossessionata dal design e dall’occulto di facciata. Su questa tensione si innestano elementi satirici che prendono di mira la società dei consumi, l’arte commerciale e le mode new age.
Considerato uno dei film più rappresentativi della poetica di Tim Burton, Beetlejuice – Spiritello Porcello riesce a coniugare l’immaginario eccentrico dell’autore con una narrazione accessibile e coinvolgente. La sceneggiatura, nella sua versione definitiva, è riuscita a creare un mondo coerente e ricco di invenzioni, dove la morte è solo un’altra dimensione della quotidianità, trattata con ironia, creatività e un pizzico di anarchia. Ancora oggi, il film resta un punto di riferimento imprescindibile del cinema fantastico, amato e citato per la sua originalità senza tempo e per l’inesauribile capacità di sorprendere a ogni nuova visione.