C’è qualcosa di necessario in Blue Print, terzo episodio della serie Choose Earth, ideata e diretta dall’artista e regista franco-americana Anne de Carbuccia. È una dichiarazione d’intenti, una lettera al futuro che si rivolge idealmente agli spettatori del 2050: “Solo voi sapete se ci siamo riusciti o meno”, dice la voce dell’autrice, precisando che l’opera è stata girata tra il 2014 e il 2024 senza l’ausilio dell’intelligenza artificiale.
Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Freestyle Serie, Blue Print si propone come una testimonianza autentica e umana di ciò che siamo stati e, forse, di ciò che potremmo ancora tornare a essere o diventare. Un progetto in cui la riflessione ecologica si fonde con un linguaggio visivo denso di significato, realizzato dalla regista insieme al co-sceneggiatore e direttore della fotografia Luigi Montebello, alla montatrice Giulia Baciocchi e al compositore Vittorio Cosma, e prodotto dalla One Planet One Future Foundation, la piattaforma artistica e ambientale che da anni accompagna la sua ricerca.
Le visioni di un mondo possibile
Giocando sul doppio significato del titolo, Blue Print unisce due idee: da un lato il “piano blu”, che richiama il mare come origine della vita, e dall’altro un progetto inteso come visione di un futuro ancora possibile. Un’ambivalenza che rispecchia la filosofia dell’opera e invita a immaginare un nuovo equilibrio tra l’uomo e l’oceano, tra cultura e natura, tra passato e futuro, con un pizzico di nostalgia e di speranza.
Girato tra Italia e Messico, l’episodio alterna paesaggi marini dalla bellezza incontaminata a testimonianze dirette di chi ogni giorno combatte per la sopravvivenza degli ecosistemi marini. Le voci del ricercatore Roberto Ambrosini, della biologa marina Mariasole Bianco, della comunità costiera Jóvenes por Xcalak e dell’attivista Liliana Rodríguez Cortes costruiscono un coro di esperienze che si fondono con il rumore del mare.
La fotografia di Montebello valorizza le tonalità del blu e del turchese, creando un’estetica in cui l’acqua non è mai solo sfondo, ma personaggio a tutti gli effetti: respira, pulsa e soffre. I dettagli — un’onda che si infrange, una medusa che fluttua, una rete da pesca abbandonata — diventano simboli di un equilibrio compromesso ma non perduto.
Il montaggio di Giulia Baciocchi accompagna con delicatezza la narrazione, evitando il ritmo incalzante tipico di molti documentari contemporanei per privilegiare la riflessione e la contemplazione. Le musiche di Vittorio Cosma, mai invadenti, amplificano la dimensione immersiva del film.
Uno dei meriti del progetto è la scelta etica e artistica di rinunciare all’uso dell’intelligenza artificiale, in un momento in cui la tecnologia tende a sostituire la percezione diretta della realtà. La de Carbuccia, invece, rivendica la lentezza, l’osservazione e l’esperienza umana come strumenti di conoscenza. Le immagini raccolte nel corso di dieci anni sono, per questo, intrise di tempo e mostrano un mondo che cambia, e una regista che evolve un linguaggio personale e riconoscibile, affrontando temi urgenti — inquinamento, microplastiche, sfruttamento delle risorse marine, riscaldamento globale — evitando però un tono moralistico o accusatorio.
Blue Print non punta il dito, ma suggerisce, sussurra e ispira, mettendo al centro la connessione tra l’essere umano e l’oceano e ricordandoci che la salute del mare è la nostra stessa sopravvivenza. Lo fa attraverso una narrazione empatica e spirituale. Ogni sequenza, infatti, è una meditazione sulla fragilità e sulla bellezza, e il ritmo — che può richiedere una certa attenzione e sensibilità — racchiude la forza dell’opera, la cui intenzione non è quella di intrattenere, ma di far pensare, restando nella memoria come un archivio emotivo e visivo gli spettatori del futuro. La scelta di rivolgersi a chi verrà nel 2050, tanto poetica quanto inquietante, è un un modo per interrogarci non solo sul pianeta che lasceremo, ma anche sull’immagine di noi stessi che sopravviverà.
Un monito e una promessa
Anne de Carbuccia, con il suo sguardo lucido e appassionato, fonde l’analisi scientifica con un’intima angoscia artistica, dando vita a un racconto che unisce rigore e sensibilità. La sua visione evita ogni forma di retorica, scegliendo invece la via della suggestione e della riflessione silenziosa, e anche nei momenti in cui il ritmo si fa più contemplativo, il film conquista per la sincerità del suo approccio e per l’armonia profonda tra contenuto e forma. Blue Print chiede tempo, attenzione e partecipazione emotiva, ma restituisce allo spettatore un raro senso di riconciliazione, meraviglia e speranza verso il futuro.
Dal 10 dicembre 2025, su Amazon Prime Video, insieme agli altri episodi della serie Choose Earth, Blue Print rappresenta un tassello prezioso di un progetto collettivo che racconta il decennio 2014-2024 come un periodo di transizione e consapevolezza. Un messaggio delicato ma fermo, che risuona come un monito e una promessa: la bellezza del pianeta è fragile, ma la possibilità di salvarla dipende ancora da noi.
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Emanuela Giuliani
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