In concorso all’81esima Mostra del Cinema di Venezia: Campo di Battaglia con Alessandro Borghi e Gianni Amelio.
Tratto dal romanzo storico di Carlo Patriarca, Campo di Battaglia è il nuovo film diretto da Gianni Amelio, presentato in concorso all’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che Il Signore delle Formiche del 2022, torna al Lido con un’opera intensa e drammatica che, pur ambientata durante la Prima Guerra Mondiale, stabilisce connessioni profonde con il presente, toccando temi come la pandemia, la fragilità della condizione umana in tempo di guerra e il lacerante conflitto tra dovere e coscienza.
Due medici, un’amica, una guerra: tra coscienza, dovere e disobbedienza
In uscita nelle sale il 5 settembre, distribuito da 01 Distribution, Campo di Battaglia è scritto dallo stesso Amelio insieme ad Alberto Taraglio. Il film offre uno sguardo crudo e realistico sugli ospedali militari durante l’ultimo anno della Grande Guerra, luoghi in cui il patriottismo imperante si scontrava con l’atroce realtà della cura negata: i soldati feriti, anche in condizioni precarie, venivano spesso rimandati al fronte per sostenere l’offensiva finale contro gli imperi centrali.
La narrazione ruota attorno a due ufficiali medici, amici sin dall’infanzia, impegnati nello stesso ospedale militare. Stefano (Gabriel Montesi), figlio di un influente politico e appartenente all’alta borghesia, è ossessionato dai casi di autolesionismo tra i soldati, che interpreta come atti di codardia da smascherare. Più che un medico, Stefano agisce come un investigatore, convinto che la vittoria sia vicina e che ogni uomo debba fare il proprio dovere per la patria. Al suo opposto si colloca Giulio (Alessandro Borghi), più sensibile e umanamente coinvolto, che avrebbe voluto dedicarsi alla biologia e che cerca, con discrezione e compassione, di evitare che i soldati vengano rispediti al macello della trincea.
Accanto a loro, Anna (Federica Rosellini), compagna d’università e amica di entrambi, affronta le discriminazioni legate al suo genere in un contesto dominato da gerarchie maschili. Laureata in medicina in un’epoca in cui per una donna era quasi un miracolo riuscirci senza l’appoggio di una famiglia influente, Anna presta servizio volontario con la Croce Rossa, incarnando la determinazione e il coraggio femminile.
L’equilibrio del gruppo viene turbato quando si sospetta che qualcuno all’interno dell’ospedale stia deliberatamente aggravando le ferite dei soldati per sottrarli al fronte. Anna finisce al centro dei sospetti, proprio mentre, sul finire del conflitto, un’infezione letale comincia a diffondersi tra i militari e la popolazione civile: è la Febbre Spagnola, anticipatrice delle pandemie moderne.
Un affresco storico preciso, ma non privo di zone d’ombra
Amelio ricostruisce con rigore un periodo storico cupo e lacerante. Le scenografie di Beatrice Scarpato, i costumi di Luca Costigliolo e la fotografia di Luigi Amelio Ujkaj contribuiscono a un impianto visivo autentico, capace di restituire il senso di oppressione e claustrofobia degli ospedali di guerra. Il cuore pulsante del film, tuttavia, sono le interpretazioni di Borghi e Montesi: intensi, calibrati, credibili, anche grazie all’uso misurato del dialetto veneto che arricchisce il realismo del racconto.
Campo di Battaglia affronta alcuni temi centrali con profondità e sensibilità. Primo fra tutti, il contrasto tra dovere e coscienza: Stefano incarna l’Italia della propaganda e della disciplina cieca, mentre Giulio rappresenta il medico che lotta per restare umano in un sistema che tratta i soldati come strumenti sacrificabili. Il film mette anche in luce la condizione psicologica dei militari, vittime di traumi fisici e mentali, ignorati da un sistema che pretende da loro l’estremo sacrificio.
Il tema della sanità in guerra emerge con forza: gli ospedali diventano fabbriche di uomini da riparare in fretta per essere rispediti al fronte, con tutte le implicazioni etiche che ciò comporta. Altrettanto importante è la riflessione sul ruolo delle donne: Anna è una figura simbolica della resistenza femminile, un personaggio che sfida il sistema, portando sullo schermo la lotta per l’affermazione in un mondo rigidamente patriarcale.
Tuttavia, se la prima parte del film è coesa e penetrante, la seconda perde progressivamente intensità. L’introduzione della pandemia da Febbre Spagnola, pur interessante, risulta poco approfondita e non riesce a integrarsi pienamente con il resto della narrazione. Anche lo sviluppo di Anna, inizialmente centrale, tende ad appiattirsi nel finale, lasciando in sospeso la sua evoluzione personale e il suo rapporto con Stefano e Giulio.
Nonostante alcune mancanze strutturali e narrative, Campo di Battaglia è un’opera solida e necessaria, che evita ogni retorica e racconta la guerra con occhi lucidi, ponendo lo spettatore di fronte alle sue conseguenze morali, psicologiche e sociali. È un film che scava nel passato per parlare al presente, ricordando come ogni conflitto, anche quando finisce, lasci dietro di sé cicatrici profonde, spesso invisibili, ma indelebili.
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Emanuela Giuliani
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