immagine film cinque secondi

Cinque secondi di Paolo Virzì, la recensione: il tempo di cambiare

Cinque Secondi di Paolo Virzì è un film intimo e malinconico che racconta rinascita e solitudine nella campagna toscana.

Presentato in anteprima alla ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Grand Public, Cinque Secondi segna il ritorno di Paolo Virzì a un racconto intimo e generazionale, ambientato nella campagna toscana. Il regista mescola malinconia, tenerezza, uno sguardo disilluso e una speranza sommessa per raccontare, ancora una volta, l’Italia dei contrasti umani e sociali.

Radici, solitudini e rinascite

Dopo un inizio incerto, con una narrazione quasi sospesa tra silenzi e sguardi sfuggenti, Cinque Secondi nelle sale dal 30 ottobre 2025 con Vision Distribution — prende progressivamente forma, rivelando la sua sostanza emotiva e tematica.

È una storia dal profilo discreto ma intrisa di simbolismo, in cui la riflessione esistenziale si intreccia con un’osservazione sensibile del presente. Il film, pur scegliendo un ritmo dilatato e contemplativo, riesce a costruire un’atmosfera autentica, densa di emozioni trattenute e tensioni silenziose, grazie soprattutto alla forza del suo protagonista.

Al centro del racconto troviamo Adriano, interpretato con intensa umanità da Valerio Mastandrea. Scontroso, trasandato, solitario, vive da anni isolato nelle stalle ristrutturate di Villa Guelfi, un’antica dimora in rovina nel cuore della campagna. Passa le giornate fumando il suo mezzo toscano, evitando chiunque, immerso in un’esistenza immobile che ha il sapore dell’attesa e della rassegnazione. Ma cosa nasconde davvero questo misantropo? Quale dolore lo ha spinto a chiudersi al mondo?

Il suo equilibrio statico viene incrinato dall’arrivo inaspettato di una comunità giovanile che si insedia abusivamente nella villa. Sono ragazze e ragazzi – studenti, agronomi, neolaureati – che decidono di ridare vita a quei terreni abbandonati, recuperando i filari e coltivando la terra con passione e competenza. Tra loro c’è Matilde (Galatea Bellugi), incinta, determinata, con un legame profondo e personale con quel luogo: è la nipote del defunto Conte Guelfo Guelfi, e da bambina lavorava quelle vigne col nonno. Per lei, quel ritorno è anche un modo per ricostruire la memoria e restituire senso a una terra che parla di radici e affetti.

Inizialmente infastidito, Adriano cerca di cacciarli, percependo la loro presenza come un’invasione. Ma il confronto — talvolta ruvido, altre volte teneramente ironico — si trasforma lentamente in una convivenza forzata ma trasformativa. Il tempo che passa, il ciclo delle stagioni, i grappoli che maturano: tutto sembra muoversi attorno ad Adriano, che resta fermo, ancorato al suo dolore. Eppure, qualcosa cambia.

Il film racconta così, con pudore e profondità, un percorso di riavvicinamento alla vita. Il dolore di Adriano per la perdita della figlia, il senso di colpa e la solitudine non vengono mai esibiti, ma emergono nei dettagli, nei silenzi, nei gesti trattenuti, e Matilde diventa progressivamente lo stimolo di un cambiamento inatteso: una contessina incinta che non chiede aiuto ma lo ottiene, semplicemente restando. Adriano, suo malgrado, si troverà ad accudirla, a modo suo, offrendo protezione e presenza, e forse, in questo gesto, si nasconde un primo tentativo di riparare.

Tra i filari che tornano a vivere e le stanze della villa che riprendono colore, Cinque Secondi interroga con delicatezza temi universali: cosa ci tiene davvero ancorati a un luogo? Possiamo rinascere dopo aver perso tutto? E fino a che punto è possibile prendersi cura di qualcun altro, quando non si è ancora riusciti a guarire da sé stessi?

La regia di Paolo Virzì è essenziale, la fotografia calda e materica, i movimenti minimi della macchina da presa e i dialoghi scarni lasciano spazio al paesaggio e ai volti, veri protagonisti emotivi del racconto. I tempi distesi e l’attenzione ai silenzi offrono al pubblico lo spazio per sentire, osservare e immaginare oltre ciò che viene detto.

In questa cornice, Cinque Secondi non racconta solo una storia di lutto e guarigione, ma diventa una meditazione sul tempo, sulla terra e sulla possibilità di ritrovare un legame proprio dove si pensava di aver perso tutto.

Cinque secondi per ricominciare

Cinque Secondi rinuncia al dramma urlato per abbracciare una narrazione lenta, incentrata su relazioni, ferite e possibilità di rinnovamento. Si prende il suo tempo, forse troppo, in alcuni passaggi, e non sempre sviluppa pienamente i suoi spunti, ma quando arriva al cuore del racconto lo fa con sincerità, evitando ogni forzatura emotiva.

Affidandosi a silenzi, gesti minimi e paesaggi che parlano per i personaggi, Virzì rafforza la veridicità del film e restituisce dignità a figure ferite ma ancora capaci di cambiamento. Non c’è redenzione rapida, né colpi di scena, ma un lento riavvicinamento alla vita, alla comunità e a sé stessi.

Il film riflette sul confronto tra mondi diversi: tra generazioni, tra chi ha perso fiducia e chi prova ancora a immaginare un futuro. L’incontro tra Adriano e la giovane comunità agricola rappresenta una frattura profonda, ma non definitiva, tra un’Italia disillusa e una che ancora cerca di reinventarsi, trovando fondamenti nella terra e nei legami umani.

Cinque Secondi senza alcun dubbio non è tra i film più incisivi di Paolo Virzì, ma è coerente e curato. Un racconto di trasformazioni interiori e riconciliazioni sincere, che ricorda come, a volte, pochi secondi possano essere sufficienti per perdere o distruggere una vita, ma anche per riprenderla in mano. Da un incontro, una decisione o un dolore improvviso può nascere una nuova consapevolezza, e a volte, bastano davvero cinque secondi per farlo.

©Riproduzione Riservata

Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

6


Pubblicato

in

da

Tag: