Nel nuovo capitolo della saga Creed, Sylvester Stallone e Michael B. Jordan tornano a vestire i panni iconici di Rocky Balboa e Adonis Creed, simboli immortali di una storia che intreccia boxe, destino e legami di sangue. Creed II non è soltanto la continuazione di una saga sportiva di successo, ma un’opera che scava con sorprendente profondità nell’animo dei suoi protagonisti, raccontando la complessità del diventare uomini sotto l’ombra ingombrante dei padri.
Adonis Creed si trova a un bivio cruciale. Dopo aver conquistato la gloria sul ring, è chiamato ad affrontare la sfida più dura: trovare un equilibrio tra il successo professionale, l’amore per Bianca e il desiderio ardente di onorare la memoria di un padre mitizzato, ma mai conosciuto davvero. La sua ascesa nel mondo del pugilato si carica di interrogativi esistenziali: merita davvero ciò che ha ottenuto? È all’altezza del nome che porta? Le sue vittorie sono frutto del talento o di un’eredità che gli è stata imposta?
Il passato ritorna con la forza di un pugno nello stomaco quando Adonis si trova a dover affrontare Viktor Drago, figlio di Ivan Drago, l’uomo che uccise Apollo Creed nel leggendario match di Rocky IV. Viktor è cresciuto in un ambiente ostile, alimentato dal rancore e dall’ossessione per il riscatto. Anche lui è figlio di un peso: quello dell’umiliazione pubblica subita da suo padre, che ha segnato il declino della sua famiglia. La sfida tra Adonis e Viktor diventa così il cuore pulsante del film, uno scontro tra due eredità, tra due giovani uomini che cercano disperatamente di riscrivere il proprio destino.
Affiancato ancora una volta dal mentore Rocky Balboa – che continua a brillare come figura paterna silenziosa e dolente – Adonis è un personaggio complesso, sfaccettato, che si muove tra fragilità e determinazione. Nonostante il sostegno di Bianca e la nascita di una nuova famiglia, le sue inquietudini non si placano, la sua battaglia è tanto interiore quanto fisica: è il conflitto tra ciò che è stato e ciò che desidera essere, tra la rabbia e la redenzione, tra la forza e la vulnerabilità.
La regia di Steven Caple Jr. si distingue per sensibilità e misura, evita i toni enfatici e le trappole del melodramma, restituendo una narrazione equilibrata, intensa e profondamente umana. Il regista riesce a bilanciare con eleganza le scene di combattimento, spettacolari e cariche di tensione, con momenti di grande intimità emotiva, è soprattutto nel rapporto padre-figlio che il film trova la sua verità più toccante: da un lato Rocky e Adonis, legati da un affetto mai apertamente dichiarato ma intensamente vissuto; dall’altro Ivan e Viktor, uniti da un legame severo, quasi brutale, ma non privo di struggente umanità.
Le interpretazioni sono il vero motore emotivo di Creed II. Michael B. Jordan offre una prova intensa e sfumata, riuscendo a esprimere con naturalezza sia la forza fisica che la fragilità emotiva del suo personaggio. Sylvester Stallone, sempre misurato e autentico, conferma ancora una volta la grandezza del suo Rocky, ormai figura leggendaria ma ancora capace di sorprendere per profondità e umanità. Florian Munteanu, nel ruolo di Viktor Drago, convince per presenza scenica e per una fisicità che nasconde un dolore silenzioso, un bisogno disperato di riconoscimento.
Pur riprendendo alcune dinamiche narrative già viste nel passato, Creed II non cade mai nella trappola del déjà-vu. Al contrario, riesce a costruire un percorso evolutivo coerente e significativo, rinnovando la saga con uno sguardo più maturo e consapevole. La boxe diventa il simbolo di una lotta interiore più grande, quella per affermare la propria identità, per liberarsi dal peso di ciò che è stato e costruire un futuro autentico.
Creed II è molto più di un film sportivo: è una riflessione potente e appassionata sull’identità, la memoria, il perdono e la possibilità di rinascere. Con una regia curata, una colonna sonora evocativa e interpretazioni di altissimo livello, il film conquista sia sul piano dell’azione che su quello emotivo, regalando allo spettatore una storia intensa, commovente e universale. Un’opera che, pur affondando le radici nel mito di Rocky, ha ormai trovato una sua voce autonoma e vibrante, capace di emozionare una nuova generazione.
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Emanuela Giuliani
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