Il tre volte premio Oscar Daniel Day-Lewis difende il Metodo: “Le critiche arrivano da chi non capisce cosa comporta davvero”.
Durante un incontro molto atteso al BFI London Film Festival, Daniel Day-Lewis, come riportato da Variety, è tornato a parlare del suo approccio alla recitazione, difendendo con forza il Metodo, tecnica che ha caratterizzato gran parte della sua straordinaria carriera. L’attore, vincitore di tre premi Oscar, ha respinto con decisione le critiche sempre più frequenti rivolte al suo stile immersivo, definendole frutto di “poca o nessuna comprensione di ciò che comporta realmente”.
“È quasi come se ci vedessero come parte di una setta, o di una scienza speciosa”, ha dichiarato Day-Lewis in risposta a una domanda del pubblico. “Ma in realtà, il Metodo è solo un modo per liberarsi, per arrivare a un punto in cui, davanti alla macchina da presa, si è totalmente spontanei e liberi di reagire nel momento, in modo autentico.”
Conosciuto per la sua dedizione estrema ai personaggi – che ha interpretato mantenendone l’identità anche fuori dal set – Day-Lewis ha sempre rappresentato il volto più radicale e affascinante del Metodo. La sua trasformazione in Christy Brown ne Il mio piede sinistro (1989), Daniel Plainview ne Il petroliere (2007) e Abraham Lincoln in Lincoln (2012) ha fatto scuola, ma ha anche attirato critiche, soprattutto negli ultimi anni, da parte di chi giudica il Metodo come un approccio eccessivo o addirittura tossico.
L’attore ha voluto chiarire che, contrariamente a quanto si pensa, lavorare secondo il Metodo non significa alienarsi dalla propria realtà: “Non si tratta di essere isolati dall’esperienza della vita reale, ma di vivere un’esperienza autonoma, a sé stante. Se hai fatto davvero il tuo lavoro, allora dovresti essere libero di accettare tutto ciò che arriva, senza filtri”.
Day-Lewis è recentemente tornato sulle scene dopo un ritiro durato otto anni. Il suo nuovo progetto, Anemone, è un dramma psicologico diretto dal figlio Ronan Day-Lewis e segna la sua prima interpretazione dopo Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson (2017), film con cui aveva annunciato il suo ritiro definitivo dalla recitazione.
Nel corso della conversazione, l’attore ha anche riflettuto sul ruolo che ha segnato l’inizio della sua trasformazione artistica: quello di Christy Brown in Il mio piede sinistro. Pur riconoscendo l’importanza di quel film nella sua carriera, Day-Lewis ha ammesso che oggi, in un contesto culturale diverso, quel ruolo sarebbe probabilmente inaccettabile: “Ovviamente, non potrei più interpretarlo oggi. Già all’epoca era una scelta discutibile. Alcuni membri della comunità dei disabili in Irlanda mi fecero capire chiaramente che non pensavano dovessi farlo”.
Ha poi raccontato come quel progetto abbia posto le basi per il suo celebre metodo: “Non avevo soldi, così mi sono trasferito a Dublino, vivevo in una piccola casa, avevo una sedia a rotelle, i miei colori, e tutto il tempo necessario per prepararmi. Ho lavorato con persone meravigliose, immerso completamente in quel mondo. Dopo quell’esperienza, ho capito che non volevo più lavorare in nessun altro modo”.
Riguardo al suo impegno assoluto nella preparazione dei ruoli, Day-Lewis ha concluso: “È facile descrivere quello che faccio come una follia. Molti lo hanno fatto. Ma per me ha sempre avuto senso. Hai l’obbligo di cercare di capire, per quanto umanamente possibile, cosa significhi davvero vivere quell’esperienza”.