E.T. l’extra-terrestre, il classico che ha segnato un’epoca ideato, diretto e co-prodotto da Steven Spielberg.
Uscito nel 1982, E.T. l’extra-terrestre, ideato, diretto e co-prodotto da Steven Spielberg, rappresenta una svolta nel cinema di fantascienza e, più in generale, nella narrazione cinematografica degli anni ’80, capace di coniugare l’immaginario fantastico con una profonda dimensione emotiva e universale incentrata sull’empatia, sull’infanzia e sul desiderio di appartenenza.
E.T. è un capolavoro senza tempo che, privilegiando un approccio intimo e poetico piuttosto che spettacolare, e instaurando un dialogo con lo spettatore attraverso temi semplici ma fortemente evocativi, ha ridefinito i confini del genere in un periodo in cui il cinema hollywoodiano tornava a concentrarsi su temi familiari e quotidiani, filtrati attraverso il linguaggio del fantastico.
Infanzia, famiglia e desiderio di casa
Ambientato in un sobborgo americano apparentemente ordinario, E.T. si svolge nei primi anni ’80, nell’era Reagan, un periodo in cui l’America è caratterizzata da un clima politico conservatore che valorizza i tradizionali valori familiari e l’identità nazionale. È uno scenario in cui il cinema mainstream, pur offrendo una forma di evasione, riflette le ansie e i desideri di una società in trasformazione, divisa tra la nostalgia di un passato idealizzato e l’irrompere di nuove tecnologie e dinamiche sociali, con Spielberg che ne cattura pienamente lo spirito attraverso il racconto profondamente umano, centrato sull’infanzia, sulla fragilità dei legami familiari e sul bisogno di accettazione di E.T. l’extra-terrestre.
La scelta di ambientare la storia in un quartiere suburbano accentua l’identificazione dello spettatore, rendendo l’elemento straordinario — l’arrivo dell’alieno — ancora più potente nel contrasto con la quotidianità, e intrecciando con armonia molteplici tematiche.
L’amicizia tra Elliott e l’extra terrestre diventa un rifugio emotivo contro la solitudine, l’incomprensione e l’instabilità familiare: il padre è assente, la madre fatica a mantenere un equilibrio e i bambini cercano un senso nel caos domestico.
Il motivo dell’abbandono suggerisce la possibilità di guarigione grazie alla connessione con l’altro, mentre quello della comunicazione — E.T. non parla la lingua umana, ma instaura un legame autentico fatto di gesti, emozioni e persino esperienze condivise a livello empatico — contribuisce a delineare una visione dell’empatia come forma superiore di comprensione.
Emblematico è il momento in cui Elliott e l’alieno percepiscono insieme dolore o ebbrezza, con il celebre richiamo “E.T. telefono casa” che racchiude uno dei messaggi più potenti del film: la ricerca di un luogo a cui appartenere, inteso non solo in senso geografico, ma soprattutto affettivo. “Casa” diventa così il simbolo dell’accoglienza, dell’identità e di un’umanità possibile, fondata non sulla somiglianza, ma sull’incontro.
L’arte di emozionare
Uno degli aspetti più innovativi di E.T. è la rappresentazione dell’alieno, realizzata attraverso effetti speciali pratici e l’animatronica progettata dal maestro italiano Carlo Rambaldi, già noto per i suoi lavori in Incontri ravvicinati del terzo tipo e King Kong (1976). Rambaldi riuscì infatti a conferire a E.T. una sorprendente gamma di espressioni facciali ed emotive con un sofisticato sistema di meccanismi interni e una cura artigianale quasi maniacale. Il risultato è una creatura che, pur visivamente lontana dall’umano, suscita immediata empatia, con i suoi occhi grandi, il corpo goffo e i movimenti delicati.
Lontano dalla classica iconografia dell’alieno come minaccia o essere iperintelligente e distaccato, Spielberg sceglie una figura vulnerabile, infantile e bisognosa d’aiuto, capovolgendo gli stereotipi e sovvertendo i ruoli tradizionali del genere, ed evitando un uso eccessivo degli effetti speciali, che sono al servizio dell’emozione e non dello spettacolo
Fondamentale è la regia di Spielberg, il quale, adottando una prospettiva essenzialmente infantile – sia letteralmente, con inquadrature basse che seguono lo sguardo dei bambini, sia metaforicamente, costruendo una narrazione che restituisce il senso della scoperta, dello stupore e della paura attraverso gli occhi dell’infanzia – consente allo spettatore di immedesimarsi nel mondo di Elliott e dei suoi fratelli, riscoprendo emozioni primarie spesso dimenticate.
Sentimenti scanditi da un ritmo che alterna momenti di tensione a scene di pura poesia visiva, come il celebre volo in bicicletta davanti alla luna piena, divenuto uno dei simboli più riconoscibili della storia del cinema, accompagnato con sensibilità dalla colonna sonora di John Williams. Melodie dolci e malinconiche che, come l’alieno stesso, parlano direttamente al cuore dello spettatore, fondendosi perfettamente con le immagini e sottolineando i passaggi emotivi senza mai sovrastarli.
Un classico universale e senza tempo
A oltre quarant’anni dalla sua uscita, E.T. l’extra-terrestre continua a essere un punto di riferimento imprescindibile nel panorama cinematografico mondiale, non solo per la sua maestria tecnica e narrativa, ma soprattutto per la sua capacità di suscitare emozioni autentiche e durature. Spielberg ha realizzato un’opera che, pur appartenendo al genere fantastico, riesce a raccontare la realtà con una delicatezza rara, attraverso lo sguardo puro dell’infanzia e l’incontro con l’altro come momento di trasformazione.
Il film conserva intatta la sua potenza evocativa, grazie a un perfetto equilibrio tra racconto intimo e immaginario collettivo, tra dimensione domestica e aspirazione all’infinito. L’extra-terrestre non è più simbolo di minaccia, ma di speranza, legame e fiducia nell’umanità. In un’epoca in cui il cinema sembra spesso dominato da franchise, sequel e spettacolari effetti digitali, E.T. rappresenta un esempio ancora attuale di come una storia semplice, costruita su personaggi credibili e sentimenti genuini, possa parlare a generazioni diverse e superare le barriere del tempo e della tecnologia.
E.T. l’extra-terrestre ha lasciato un’impronta profonda anche nella cultura popolare: citazioni, omaggi e riferimenti a E.T. si ritrovano in numerose opere successive, dalla televisione (come Stranger Things) al cinema d’autore e commerciale. Il celebre volo in bicicletta, il dito luminoso di E.T. e la frase “E.T. telefono casa” sono simboli entrati a far parte dell’immaginario collettivo non solo per la loro forza visiva, ma per il significato emotivo che trasmettono.
Una riflessione senza tempo sul concetto di diversità e accoglienza, che propone un modello di relazione basato sull’empatia e sulla cura reciproca, ancora oggi estremamente rilevante in un’epoca segnata da divisioni e paure. Spielberg non ha solo ridefinito i canoni del cinema di fantascienza, ma ha dato voce a un bisogno profondo e universale: quello di essere visti, ascoltati e accolti, indipendentemente da quanto si sia “diversi”.
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Emanuela Giuliani