Espiazione, tra colpa, memoria e il potere ambivalente della narrazione nel film diretto da Joe Wright uscito nel 2007.
Tratto dall’omonimo romanzo di Ian McEwan e diretto da Joe Wright, Espiazione un’opera che oltrepassa il dramma storico tradizionale. Wright, già apprezzato per Orgoglio e pregiudizio del 2005, perfeziona infatti il suo stile coniugando la sensibilità letteraria con un audace approccio visivo. La sua regia non si limita a raccontare una storia, ma solleva interrogativi sulla stessa natura del racconto, esplorando come la narrazione possa manipolare la realtà e le emozioni.
Girato nell’estate del 2006, in varie suggestive località inglesi, tra cui la sontuosa Stokesay Court nello Shropshire, che ha contribuito a conferire una straordinaria autenticità storica all’atmosfera, Espiazione affronta temi complessi come la moralità, la colpa, l’amore e la guerra, offrendo una riflessione profonda sulle scelte e le loro inevitabili conseguenze.
Il film ha aperto la 64ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, facendo di Wright il regista più giovane di sempre a inaugurare il festival, e segnando così un traguardo significativo per la sua carriera.
Un cast che scolpisce l’ambiguità morale
Il film è interpretato da un cast eccezionale con Keira Knightley dà vita a Cecilia Tallis con una performance glaciale e vulnerabile, mentre James McAvoy veste i panni di Robbie Turner oscillando tra tenerezza, desiderio e conflitto interiore. Entrambi offrono delle performance cariche di pathos, evitando il melodramma in favore di una recitazione intima ed essenziale.
Brenda Blethyn, ricorrente nel cinema di Wright, conferisce profondità emotiva al film, ma è il personaggio di Briony Tallis, dal volto nelle diverse fasi della vita dalle giovani Saoirse Ronan, Romola Garai e la leggendaria Vanessa Redgrave, a incarnare la vera complessità morale della storia. In particolare la Ronan, candidata all’Oscar per questo ruolo, riesce a trasmettere con sorprendente maturità l’ambiguità morale del suo personaggio, tra innocenza e volontà di controllo.
Il peso della colpa, il potere della narrazione
Ambientato nell’Inghilterra degli anni ’30, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, Espiazione esplora un tragico malinteso e il devastante potere della parola. La vicenda ruota attorno a Briony Tallis, una tredicenne dall’immaginazione fervida e dalla visione dualista del mondo. Quando assiste a una serie di eventi ambigui tra sua sorella Cecilia e Robbie, il figlio della domestica, Briony intende ciò che vede secondo i propri sentimenti repressi, dando origine a una falsa accusa che avrà conseguenze irreversibili: Robbie viene incarcerato ingiustamente, separato da Cecilia e travolto dalla guerra.
Il film inoltre si distingue per una struttura narrativa sofisticata con gli eventi che vengono ripresentati da angolazioni diverse rivelando la fragilità e la soggettività della verità. Solo nel finale lo spettatore scopre che gran parte della vicenda è una ricostruzione romanzata fatta da una Briony ormai anziana, che tenta di espiare il suo errore attraverso la scrittura.
In questo modo, Espiazione diventa una riflessione sul potere della letteratura, intesa come tentativo di risarcire ciò che nella realtà è andato perduto: l’amore, il tempo, la verità.
La colpa, la scrittura e la guerra
Briony rappresenta il cuore tematico del film, incarnando la lotta con la colpa originaria che, seppur motivata da una percezione errata dei fatti, scatena conseguenze devastanti. La sua espiazione, pur cercando di riparare il passato attraverso la scrittura, non riesce a cancellare un errore che ha segnato irrimediabilmente le vite dei protagonisti, e il film approfondisce l’impossibilità di annullare l’irreparabile e la difficoltà di fare ammenda per errori che segnano l’esistenza.
La scrittura diventa un atto ambiguo: da un lato, può salvare e ricreare, dall’altro può deformare e manipolare. Il romanzo scritto da Briony rappresenta un tentativo disperato di risarcimento, ma rimane un atto incompleto, forse illusorio, e la sua ricerca di redenzione si confronta con l’impossibilità di fare giustizia in modo definitivo.
Inoltre, la guerra non è solo uno sfondo storico, ma una proiezione visiva dell’annichilimento interiore dei personaggi, con i paesaggi devastati e il trauma collettivo che essa impone metafora del disfacimento della loro moralità e identità. Il piano sequenza sulla spiaggia di Dunkerque, con la sua bellezza formale e brutalità, diventa un momento esemplare: il cinema, attraverso la sua potenza visiva, restituisce una memoria che va oltre la semplice narrazione storica, riflettendo sul senso della colpa, del rimorso e della possibilità di redenzione.
Stile, fotografia e colonna sonora
Joe Wright alterna classicismo e sperimentazione nella regia, costruendo inquadrature simboliche e dettagliate che suggeriscono il non detto. La fotografia di Seamus McGarvey, calda e dorata nell’infanzia, cupa nelle scene di guerra e eterea nella vecchiaia, scandisce i diversi capitoli del film, accompagnando emotivamente lo spettatore.
La colonna sonora, composta da Dario Marianelli (Premio Oscar), è un elemento drammaturgico chiave. L’uso del ticchettio della macchina da scrivere come percussione ritmica è un’idea geniale: ogni battito diventa un atto irreversibile, un segno di una scelta fatta. Musica e montaggio si fondono in un dispositivo narrativo potente, traducendo in suono la tensione tra creazione artistica e verità storica.
La Forza delle Parole, il Peso del Rimorso e l’Impossibilità di Tornare Indietro
Espiazione come detto va oltre il semplice dramma storico diventando una riflessione profonda sul peso delle parole e sulla loro capacità di plasmare la realtà, e la narrazione pone la domanda sulla sottile linea che separa osservazione e giudizio, verità e finzione.
Joe Wright firma un’opera stratificata e complessa, un viaggio lirico che commuove ed emoziona, ma che induce anche a riflettere su tematiche universali. Ogni scelta cinematografica, dalla struttura narrativa alle immagini potenti, sfida la capacità dell’arte di riparare ciò che la realtà ha danneggiato. Al cuore del film c’è una domanda fondamentale: può l’arte restituire ciò che la vita ha sottratto? La risposta, inevitabilmente, è negativa, poichè la realtà una volta alterata non può essere completamente restituita. Tuttavia, attraverso la scrittura, la letteratura e il cinema si può raccontare il rimorso e cercare una redenzione simbolica che, pur non sanando il passato, possa restituire dignità al dolore.
Così facendo, Espiazione non è solo un film sull’amore, la colpa e la guerra, ma una meditazione sull’impossibilità di riparare il tempo perduto. La riflessione sulle parole come strumenti potenti, capaci di creare ma anche di distruggere, si intreccia con l’esplorazione della figura dell’autore, che diventa il tramite attraverso cui si tenta di ricostruire una verità che non può mai essere completamente riacquistata. La vera espiazione del film non sta nel risarcire il passato, ma nel raccontarlo, con tutta la sua tragica incompiutezza.
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Emanuela Giuliani