Frankenstein Junior, il classico senza tempo tra parodia e omaggio diretto da Mel Brooks da un’idea originale di Gene Wilder.
Frankenstein Junior (Young Frankenstein), diretto da Mel Brooks nel 1974, è il quarto lungometraggio del regista americano e nasce da un’idea originale di Gene Wilder, che firma anche la sceneggiatura insieme a Brooks e interpreta il protagonista: il Dottor Frederick Frankenstein (che, con ostinazione, insiste a pronunciare “Fronkenstin”). Il film è unanimemente considerato una delle parodie più riuscite e raffinate della storia del cinema, ispirata con affetto e ironia al romanzo gotico Frankenstein, o il moderno Prometeo di Mary Shelley, e in particolare ai celebri adattamenti cinematografici prodotti dalla Universal Pictures negli anni ’30, primo fra tutti Frankenstein (1931) di James Whale.
Brooks e Wilder non si limitano a ridicolizzare il genere horror: lo omaggiano con rigore e attenzione filologica. Il film è girato interamente in bianco e nero, una scelta audace per l’epoca, che richiama direttamente l’estetica dei classici del cinema dell’orrore. La fotografia di Gerald Hirschfeld, il montaggio, le scenografie e perfino l’utilizzo di alcuni attrezzi originali del film del 1931 (recuperati e riutilizzati negli studi della Universal) contribuiscono a creare un’atmosfera coerente, al servizio di una comicità surreale perfettamente in linea con lo stile di Brooks.
Il cast è uno dei grandi punti di forza dell’opera: accanto a Gene Wilder brillano Peter Boyle nel ruolo della Creatura, Marty Feldman come l’irresistibile Igor, Teri Garr (Inga), Cloris Leachman (la sinistra Frau Blücher) e Madeline Kahn (Elizabeth). La chimica tra gli attori, i tempi comici impeccabili e i dialoghi ricchi di giochi di parole e doppi sensi hanno contribuito a rendere il film un classico intramontabile.
Alla sua uscita, Frankenstein Junior fu un grande successo di pubblico e critica, ricevendo due nomination agli Oscar (per la sceneggiatura e per il sonoro). Con il passare del tempo è diventato un cult assoluto, spesso considerato il capolavoro di Mel Brooks. Ancora oggi è celebrato per la sua capacità di coniugare cultura alta e cultura popolare, rendendo omaggio al mito di Frankenstein con spirito giocoso, ma anche profondamente rispettoso.
I personaggi: archetipi sovvertiti e comicità di carattere
Uno degli aspetti più riusciti del film è la costruzione dei personaggi, che riprendono gli archetipi del gotico horror per sovvertirli in chiave comica, pur mantenendone struttura narrativa e valore simbolico. Il film offre così una doppia lettura: per chi conosce i classici Universal, ogni personaggio è una citazione ironica e colta; per il pubblico generalista, restano figure irresistibili e memorabili.
Frederick Frankenstein (Gene Wilder)
Discendente del celebre Victor, Frederick inizia rinnegando ogni legame con il suo antenato, fino a cambiare la pronuncia del cognome (“It’s Fronkensteen!”). Il suo percorso ricalca e insieme parodia l’arco narrativo dello scienziato ossessionato, ma è anche una satira delle nevrosi moderne: iper-razionale, ipocondriaco, represso, finché non si lascia travolgere dalla follia creativa del proprio retaggio. Gene Wilder lo interpreta magistralmente, alternando momenti di isteria a tocchi di tenera ingenuità.
Igor (Marty Feldman)
Spalla comica per eccellenza, Igor è l’assistente gobbo (con gobba “migrante”) e incarna il servitore grottesco del cinema horror. Lo sguardo strabico, le battute fulminanti e il comportamento assurdo rendono Igor una presenza fuori dal tempo, spesso in dialogo diretto con lo spettatore attraverso la rottura della quarta parete. Feldman costruisce un personaggio anarchico, simbolo dello spirito sovversivo della commedia di Brooks.
La Creatura (Peter Boyle)
Peter Boyle reinterpreta con originalità la figura del mostro, ispirandosi all’iconografia di Boris Karloff ma trasformandolo in un personaggio tragicomico e sorprendentemente umano. Nonostante l’aspetto minaccioso, la Creatura si rivela fragile, infantile e persino elegante — come nella celebre scena di tip tap su Puttin’ on the Ritz. Una rilettura emozionante, che restituisce dignità al “mostro” attraverso la comicità.
Inga (Teri Garr)
Inga, assistente del Dottor Frankenstein, è la tipica bionda ingenua dallo spiccato accento tedesco, ma il personaggio si arricchisce di dolcezza e umanità. È più di un semplice interesse amoroso: rappresenta un supporto emotivo fondamentale per Frederick, incarnando la leggerezza e la tenerezza che bilanciano le follie del laboratorio.
Elizabeth (Madeline Kahn)
Promessa sposa di Frederick, Elizabeth è una diva nevrotica, ossessionata dall’apparenza e ostile a ogni contatto fisico. La sua trasformazione — dopo essere rapita dalla Creatura — è una parodia esilarante del cliché della donna frigida “redenta” dalla passione. Una figura volutamente eccessiva, ma gestita con intelligenza e umorismo.
Frau Blücher (Cloris Leachman)
Parodia perfetta della governante gotica: sinistra, ambigua, legata da un passato oscuro a Victor Frankenstein. Il suo nome è seguito ogni volta dai nitriti terrorizzati dei cavalli — tormentone memorabile che evidenzia la vena nonsense del film. Il suo volto severo e le battute ambigue aggiungono una nota di dark comedy che amplifica l’atmosfera grottesca.
Comicità e parodia: tra slapstick, citazione e metacinema
Frankenstein Junior è molto più di una semplice commedia: è una lezione di comicità cinematografica. Dimostra come la parodia possa essere intelligente, affettuosa e profondamente consapevole del materiale originale. Brooks non si limita a deridere i classici dell’horror: li rilegge attraverso l’umorismo, ricreando costumi, scenografie, inquadrature e persino tecniche di montaggio con precisione maniacale. Un lavoro che premia lo spettatore cinefilo, senza però escludere quello occasionale.
Il film attinge anche alla tradizione slapstick dei fratelli Marx e di Buster Keaton: comicità fisica, gesti esagerati, reazioni grottesche e gag visive. Celebri sono gli sketch sulla gobba di Igor, le sequenze nel laboratorio e le movenze impacciate della Creatura, è un umorismo universale e immediato, capace di coinvolgere ogni tipo di pubblico.
I dialoghi brillano per arguzia: sono ricchi di giochi di parole, nonsense e scambi surreali, come nel celebre confronto sul nome (“Frankenstein!” – “No, Fronkensteen!”) o nella presentazione di Igor come “Eye-gor”. Gli accenti marcati e gli equivoci linguistici moltiplicano gli effetti comici. Importante anche l’elemento metacinematografico: Igor rompe più volte la quarta parete, commentando direttamente ciò che accade, questo espediente crea una complicità con lo spettatore, che diventa parte attiva del gioco comico.
Infine, il film gioca con leggerezza con la sessualità repressa e i tabù borghesi, senza mai scadere nella volgarità. La Creatura diventa oggetto del desiderio, Elizabeth si trasforma da frigida a passionale, Frederick si scopre vulnerabile, il desiderio, filtrato dal comico, diventa occasione per riflettere con ironia e intelligenza su cliché e stereotipi.
Un’eredità che dura nel tempo
A cinquant’anni dalla sua uscita, Frankenstein Junior è ancora considerato uno dei più grandi esempi di parodia cinematografica, non è solo un cult, ma un caposaldo della commedia americana, capace di influenzare generazioni di spettatori, attori e autori.
Fin dal debutto nel 1974, il film fu un trionfo al botteghino, con due nomination agli Oscar e numerosi altri riconoscimenti, ma è col tempo che ha conquistato lo status di capolavoro, entrando stabilmente nelle classifiche dei migliori film comici di sempre, battute come “Si-può-fare!” o “Blücher!” (accompagnato dai nitriti dei cavalli) sono entrate nell’immaginario collettivo.
Il film è stato citato e parodiato in serie TV, cartoni animati (I Simpson, Family Guy), sketch comici e videoclip musicali, la sua influenza è evidente anche nella comicità contemporanea, che spesso gioca con il metacinema e la parodia intertestuale.
Nel 2007, Brooks ha trasformato il film in un musical per Broadway (Young Frankenstein: The Musical), confermando l’affetto del pubblico per i personaggi e la storia. Pur non eguagliando il successo di The Producers, il musical ha riscosso buon successo, con tournée negli USA e nel Regno Unito.
L’approccio di Brooks e Wilder alla parodia è diventato un modello: non ridicolizzazione fine a sé stessa, ma omaggio affettuoso e intelligente. Hanno insegnato che si può smontare con ironia ciò che si ama profondamente — una lezione raccolta da film come Scary Movie, Shaun of the Dead, Galaxy Quest, e persino da produzioni Pixar e DreamWorks.
Frankenstein Junior è oggi un film transgenerazionale: diverte chi conosce i classici e affascina i più giovani con la sua comicità surreale. La semplicità della trama, unita alla ricchezza di riferimenti e varietà di registri comici, lo rende sempre attuale, più che una commedia, è un capolavoro d’equilibrio: tra forma e contenuto, omaggio e parodia, ironia e amore per il cinema. Con questo film, Mel Brooks e Gene Wilder hanno realizzato un’opera unica: una celebrazione del mito di Frankenstein, ma anche una dichiarazione d’amore per l’arte di far ridere — e, in fondo, per la nostra capacità tutta umana di sorridere delle nostre paure. Un film che si può — e si deve — continuare a (ri)scoprire.
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Emanuela Giuliani