Grease, il musical con protagonisti John Travolta e Olivia Nweton-John che ha fatto innamorare il cinema e il mondo.
Tra i film più iconici e amati della storia del cinema: Grease occupa da oltre quarant’anni un posto privilegiato nell’immaginario collettivo, incarnando lo spirito di un’epoca e diventando un simbolo senza tempo della cultura pop. Diretto da Randal Kleiser e uscito nelle sale nel 1978, il film è la trasposizione cinematografica dell’omonimo musical di Broadway creato da Jim Jacobs e Warren Casey, e con il suo mix di musica travolgente, romanticismo adolescenziale, ribellione giovanile e irresistibile nostalgia, ha saputo catturare il cuore di intere generazioni, trasformandosi in un fenomeno globale e in cult.
Ambientato nell’America patinata degli anni Cinquanta, tra giubbotti di pelle, gonne a ruota e rock’n’roll, Grease celebra con leggerezza e ironia il passaggio delicato dall’adolescenza all’età adulta, grazie anche alle straordinarie interpretazioni di John Travolta e Olivia Newton-John, che nei ruoli di Danny Zuko e Sandy Olsson hanno dato vita a una delle coppie cinematografiche più emblematiche di sempre.
Le loro vicende, scandite da canzoni entrate nella storia come You’re the One That I Want, Summer Nights e Hopelessly Devoted to You, raccontano l’amore, l’identità, il conformismo e la libertà, rendendo Grease non solo un musical, ma un vero e proprio rito di passaggio in grado di parlare ancora oggi a chiunque stia cercando il proprio posto nel mondo.
Dietro i sorrisi: un messaggio più profondo
Sotto la velatura scintillante di brillantina, canzoni trascinanti e coreografie vivaci, Grease cela un’anima ben più complessa che affronta temi tutt’altro che leggeri. La tensione tra il desiderio di conformarsi e l’istinto di ribellione, la ricerca spasmodica di accettazione, le incertezze dell’adolescenza e la trasformazione dell’identità personale, sono infatti uno spaccato di una generazione sospesa tra la rassicurante tradizione degli anni Cinquanta e i venti di cambiamento che avrebbero investito l’America negli anni Sessanta, tra rivoluzioni culturali, nuovi modelli giovanili e libertà espressive.
Il messaggio finale, oggetto nel tempo di dibattiti accesi, talvolta criticato per il suo presunto tradizionalismo, talvolta elogiato per la sua ambiguità, lascia spazio a una riflessione sottile: per amare, e per essere amati, è necessario cambiare? O si tratta semplicemente di trovare il coraggio di mostrare ciò che si è davvero, rompendo le maschere imposte dalle aspettative sociali?
Attori adulti per ruoli da adolescenti
Uno degli aspetti più curiosi, e spesso fonte di sorpresa per chi scopre Grease da adulto, riguarda l’età degli interpreti, dal momento che sebbene i protagonisti frequentino il liceo, il cast era composto in gran parte da attori ben lontani dall’adolescenza. John Travolta aveva 23 anni, Olivia Newton-John 28, e Stockard Channing, l’indimenticabile Rizzo, ben 34, ma anche Jeff Conaway (Kenickie), Didi Conn (Frenchy) e gli altri membri dei T-Birds e delle Pink Ladies avevano abbondantemente superato i vent’anni. Paradossalmente però questa scelta contribuì a dare ai personaggi una dimensione più incisiva, ironica, consapevole e affettuosa degli adolescenti anni ’50, visti con lo sguardo di chi, quegli anni, li stava reinterpretando con la nostalgia adulta.
Non tutti sanno inoltre che John Travolta non fu la prima scelta per il ruolo di Danny Zuko, e che inizialmente la parte fu offerta a Henry Winkler, il mitico Fonzie di Happy Days, il quale rifiutò per timore di restare intrappolato in ruoli troppo simili. Anche Patrick Swayze fu preso in considerazione, ma dei problemi alla schiena lo esclusero, così Travolta, già lanciato da La febbre del sabato sera, ottenne la parte imponendo tuttavia due condizioni: tingersi i capelli di nero per evocare l’iconico stile di Elvis Presley e poter interpretare personalmente la canzone Greased Lightnin’, originariamente destinata al personaggio di Kenickie.
Quanto alla figura di Sandy, ci furono altre ipotesi in fase di casting. George Lucas suggerì Carrie Fisher, la principessa Leia di Star Wars, ma il regista Randal Kleiser non la ritenne adatta né per l’immagine né per le capacità vocale. Fu proprio Travolta a proporre Olivia Newton-John, già celebre cantante in Australia e negli Stati Uniti, e nonostante i dubbi legati all’età e alla scarsa esperienza cinematografica, lei accettò contribuendo con grazia e voce cristallina a trasformare Sandy in un’icona intramontabile.
Sandy Olsson: un personaggio nato su misura
Nel musical originale di Broadway, Sandy era una ragazza americana dal cognome comune, Dumbrowski, ma l’ingresso di Olivia Newton-John nel cast del film spinse la produzione ad apportare una modifica significativa: per adattare il personaggio al marcato accento australiano dell’attrice, Sandy venne così trasformata in Sandy Olsson, una studentessa appena emigrata con la famiglia dall’Australia. Un cambiamento che si rivelò un colpo di genio: la nuova Sandy di fatto appariva ancora più affascinante e misteriosa, con un’aura esotica che ne aumentava il contrasto con il mondo vivace e a tratti rozzo dei T-Birds e delle Pink Ladies.
Indimenticabile, poi, il suo look finale: pantaloni di pelle nera attillatissimi, top corto e giacca da biker, simbolo della rottura definitiva con l’immagine della “brava ragazza” e del passaggio a una Sandy più conscia e determinata. I pantaloni, entrati nella leggenda del costume cinematografico, erano talmente stretti che dovettero essere letteralmente cuciti addosso a Newton-John prima di ogni ripresa, e l’attrice ha spesso ricordato le difficoltà di quelle giornate di riprese, girate sotto un sole implacabile con temperature ben oltre i 40 gradi: “Dovevo stare attenta perfino a cosa mangiavo o bevevo, per non rischiare di non entrare più nei pantaloni”.
Il cuore pulsante: la musica
Se Grease è diventato un fenomeno globale, lo si deve in gran parte alla sua colonna sonora esplosiva, un perfetto equilibrio tra nostalgia anni Cinquanta e brillantezza pop anni Settanta. Il film mescola brani già presenti nel musical teatrale con hit originali composte appositamente per il grande schermo. Tra queste, vere e proprie pietre miliari della cultura pop: You’re the One That I Want, Summer Nights, Hopelessly Devoted to You e Grease, cantata da Frankie Valli e scritta da Barry Gibb dei Bee Gees. Tranne Summer Nights, tutti questi brani furono creati ex novo per il film e divennero immediatamente successi mondiali, contribuendo in modo determinante alla diffusione del mito di Grease.
L’album della colonna sonora fu un successo clamoroso: vendette milioni di copie in tutto il mondo e rimane ancora oggi uno dei dischi più venduti della storia del cinema musicale.
Un altro aneddoto musicale curioso riguarda Greased Lightnin’. In origine, la canzone doveva essere interpretata da Kenickie (Jeff Conaway), ma John Travolta, consapevole del suo carisma e del potenziale della scena, chiese e ottenne di poterla cantare lui. Una mossa audace che trasformò quel numero musicale in uno dei momenti più amati dell’intero film.
Una favola rock che non invecchia mai
Grease non è semplicemente un musical di successo: è un fenomeno culturale senza tempo, capace di attraversare generazioni e confini geografici. È una favola pop ambientata tra jukebox, giubbotti di pelle e amori estivi, ma i suoi temi, la crescita, la ricerca dell’identità, l’importanza dell’amicizia e dell’accettazione, sono universali e sempre attuali.
Con il suo stile visivo inconfondibile, personaggi diventati archetipi e una colonna sonora che continua a far cantare milioni di persone, Grease è più di un film: è un rito di passaggio, una dichiarazione d’amore all’adolescenza e ai sogni di libertà.
Perché, come ci insegna la storia di Danny e Sandy, alcune estati e certi amori, non finiscono mai davvero. Si trasformano in memoria collettiva, da rivivere ogni volta che parte una nota di Summer Nights o un passo di danza ci riporta a Rydell High.
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Emanuela Giuliani