La recensione di: Il Colibrì, il film diretto da Francesca Archibugi apertura della Festa del Cinema di Roma 2022.
La regista Francesca Archibugi, con Il Colibrì, ha dato il via ufficialmente il 13 ottobre alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma, che proseguirà fino al 23 ottobre. Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, vincitore del Premio Strega 2020, racconta la vita di Marco Carrera, il protagonista, soprannominato “Il Colibrì”. Un’esistenza segnata da coincidenze fatali, perdite devastanti e amori che sfiorano l’eternità, senza mai giungere a compimento.
Scritto da Laura Paolucci, Francesco Piccolo e Francesca Archibugi, il film costruisce la sua narrazione attorno alla forza dei ricordi e alla capacità di saltare da un’epoca all’altra, ricreando un tempo liquido che abbraccia la fine degli anni ‘70 fino a un futuro prossimo. La vita di Marco si intreccia con quella di Luisa Lattes, un amore non consumato che durerà per tutta la sua esistenza, e con quella di Marina, con cui condividerà la sua vita a Roma. La storia si dipana attraverso gli eventi che segneranno il destino di Marco, affrontando perdite devastanti e il bisogno di trovare una via per accettare la vita e il dolore.
La stessa Archibugi, nel corso della press conference, ha raccontato come il romanzo di Veronesi l’abbia profondamente turbata, ma anche come la proposta di adattarlo in un film sia stata una sfida a cui non ha potuto sottrarsi. “Il libro di Sandro mi ha toccato, racchiude tutti quei temi a me cari, era come scritto da me, ma meglio”, ha dichiarato la regista, sottolineando come il film non fosse solo un adattamento del romanzo, ma anche una sua visione personale della storia, unendo la scrittura di Veronesi con il suo tocco cinematografico.
L’autore Sandro Veronesi ha poi elogiato la regia di Archibugi, affermando che la sua capacità di raccontare la borghesia con tenerezza e pietà fosse perfetta per il film, evitando i luoghi comuni o la facile critica sociale. Ha lodato la scelta della regista di rompere la cronologia narrativa, un gesto che ha reso il film più audace, ma anche liberatorio, conferendo alla storia una nuova prospettiva che invita lo spettatore a vivere l’esperienza cinematografica senza preconcetti.
La sceneggiatrice Laura Paolucci ha descritto il processo di adattamento come complesso e meticoloso, durante il quale la squadra si è dovuta confrontare con la difficile ricostruzione della timeline del romanzo e la sfida di non rispettare la cronologia, ma di farne uno strumento emotivo per raccontare la lotta del protagonista. La sua interpretazione del dolore e della resilienza umana, in particolare riguardo alla morte di un figlio, è diventata uno degli aspetti centrali della sceneggiatura, in un lavoro che ha richiesto coraggio e dedizione.
Il cast, guidato da Pierfrancesco Favino nei panni di Marco Carrera, ha contribuito a rendere il film un’esperienza emotivamente coinvolgente. Favino, parlando del suo personaggio, ha sottolineato come Marco rappresenti una figura di mascolinità atipica, legata più alla capacità di mettersi in secondo piano e alla tenerezza nei confronti degli altri che alla ricerca di affermazioni egoistiche. Un uomo che, come il colibrì, lotta per mantenersi fermo, nonostante tutte le difficoltà della vita.
Il film vede anche la partecipazione di Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Nanni Moretti, Laura Morante, Sergio Albelli e molti altri, ciascuno dando vita a personaggi che arricchiscono la storia e ne amplificano il significato. In particolare, Smutniak, che interpreta Marina, ha rivelato di essersi ispirata a donne della sua vita per dare forma al suo personaggio, esplorando il conflitto interno tra il desiderio di felicità e le imposizioni sociali che la vita familiare e l’amore impongono alle donne.
La colonna sonora, curata da Battista Lena, culmina con un brano inedito di Sergio Endrigo, “Caro amore lontanissimo”, interpretato da Marco Mengoni, che aggiunge una dimensione emozionale unica al film. Mengoni stesso ha dichiarato di essersi sentito onorato di far parte del progetto, contribuendo con la sua interpretazione a chiudere il film con una nota di grande bellezza e intensità emotiva.
In conclusione, Il Colibrì è una pellicola che affronta la vita con una straordinaria delicatezza, raccontando con onestà e profondità la resilienza umana di fronte a un destino che spesso sembra implacabile. È un film che, come il suo protagonista, lotta per mantenere il proprio equilibrio e il proprio senso, facendoci riflettere sulla fragilità della vita e sull’importanza di non arrendersi mai.
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Emanuela Giuliani
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