Indovina chi viene a cena? esplora amore interrazziale, pregiudizi e coraggio sociale in un classico del cinema americano.
Indovina chi viene a cena? (Guess Who’s Coming to Dinner, 1967) è uno dei film più influenti del cinema americano perché affronta con sorprendente coraggio un tema allora esplosivo: l’amore interrazziale in un paese dove la discriminazione era ancora una realtà quotidiana. Il film esce in un anno cruciale, quando gli Stati Uniti vivono una trasformazione sociale profonda: marce per i diritti civili, proteste studentesche, tensioni politiche e, soprattutto, la rivoluzionaria sentenza Loving v. Virginia, che abolisce il divieto di matrimonio tra persone di razze diverse.
In questo scenario complesso, Stanley Kramer propone una storia che va oltre il romanticismo, un racconto che vuole far riflettere e scuotere lo spettatore. Hollywood, all’epoca, iniziava a prendere coscienza della propria responsabilità nel raccontare temi sociali, e Kramer, già famoso per i suoi film impegnati, coglie il momento giusto. A dare ulteriore forza all’opera è Sidney Poitier, una delle figure più iconiche e rispettate della cultura afroamericana, il cui semplice ingresso in scena comunica autorevolezza, dignità e un nuovo modo di rappresentare le persone nere sullo schermo.
Dialoghi, emozioni e conflitti familiari
La storia si concentra su una sola giornata, una scelta narrativa che dona immediatezza e tensione. Joanna Drayton, giovane donna bianca cresciuta in un ambiente liberale e colto, torna a casa con il suo fidanzato, il dottor John Prentice, un uomo afroamericano brillante, educato, stimato in tutto il mondo per il suo impegno medico e umanitario. Ciò che doveva essere un semplice pranzo di famiglia si trasforma rapidamente in una tempesta emotiva che coinvolge tutti, e i genitori di Joanna, convinti di essere aperti e moderni, si trovano improvvisamente di fronte alla prova più difficile delle loro convinzioni progressiste.
Il film si svolge quasi interamente nella loro casa, in un ambiente che ricorda un palcoscenico teatrale: le stanze diventano spazi di confronto, mentre i personaggi entrano ed escono come in un dramma da camera. I dialoghi, accurati e incalzanti, scandiscono il crescendo emotivo del racconto. Le conversazioni, a volte tenere e altre tese, fanno emergere paure nascoste, speranze, pregiudizi e desideri. Il climax arriva con il celebre discorso finale di Spencer Tracy, uno dei momenti più intensi e commoventi del cinema americano, che racchiude in poche parole tutto il senso morale dell’opera.
Pregiudizi, generazioni e il coraggio di amare oltre il colore della pelle
Il tema centrale del film è l’enorme distanza tra ciò che le persone dichiarano di credere e ciò che, nella pratica, sono davvero capaci di accettare. I genitori di Joanna incarnano perfettamente questa contraddizione: da sempre difendono l’uguaglianza e il rispetto per tutti, ma quando si trovano davanti alla possibilità che la loro unica figlia sposi un uomo nero, scoprono che i loro ideali sono più fragili di quanto pensassero. Il film mostra con grande sensibilità come il razzismo non si presenti solo in forme apertamente ostili o violente, ma anche in quelle più sottili, educate e quasi impercettibili, che vivono nelle abitudini e nelle paure delle persone “benintenzionate”.
Il contrasto generazionale è un altro elemento centrale. Joanna e John rappresentano una nuova visione del mondo, più libera e aperta, in cui ciò che conta non è il colore della pelle ma la profondità dei sentimenti. John, con la sua intelligenza, la sua calma e il suo comportamento impeccabile, diventa un simbolo di speranza e di cambiamento. La sua figura, tanto perfetta da sembrare quasi idealizzata, non è però casuale: serve a eliminare qualsiasi possibile giustificazione logica all’opposizione familiare, lasciando scoperto che l’unico vero ostacolo è il pregiudizio razziale.
Tracy, Hepburn e Poitier: dignità e rivoluzione sullo schermo
L’interpretazione degli attori è uno dei grandi punti di forza del film. Spencer Tracy offre una delle sue prove più emozionanti, forse anche perché era molto malato durante le riprese e sapeva che quello sarebbe stato il suo ultimo ruolo. Ogni battuta che pronuncia, ogni sguardo, è carico di una sincerità rara. Katharine Hepburn, sua compagna sullo schermo e nella vita reale, accompagna questa intensità con una recitazione raffinata e profonda, che esplode nella commovente scena finale, dove le sue lacrime non sono finzione ma emozione genuina.
Sidney Poitier completa il trio con una presenza magnetica: controllato, elegante, umano. La sua interpretazione segna una svolta nella storia del cinema, perché offre al pubblico un protagonista afroamericano forte, integro e rispettato, lontanissimo dagli stereotipi che per decenni avevano popolato Hollywood. La sua figura è una finestra su un nuovo modo di rappresentare la comunità nera, più giusto, più vero e più potente.
Il ruolo del film nella lotta contro i pregiudizi
Al momento dell’uscita, il film fu un vero e proprio caso culturale, il pubblico lo accolse con entusiasmo, la critica lo considerò un’opera necessaria e coraggiosa, e l’Academy lo premiò con dieci nomination e due Oscar. Ma il successo non fu importante solo dal punto di vista cinematografico: il film contribuì in modo decisivo a rendere più comprensibile e accettabile il tema delle relazioni interrazziali, in un periodo in cui molte famiglie americane affrontavano questi argomenti con paura o imbarazzo. Molti spettatori videro nel film un modo per discutere un tema difficile senza aggressività, attraverso il linguaggio dell’emozione e dell’ironia.
Col tempo, alcuni critici hanno evidenziato limiti che oggi appaiono più evidenti, come la rappresentazione idealizzata di John Prentice o la centralità emotiva data ai genitori bianchi. Tuttavia, queste osservazioni non diminuiscono il valore storico dell’opera, che resta un tassello fondamentale nella lotta contro i pregiudizi e nella rappresentazione delle minoranze al cinema.
Il monologo finale: coraggio, amore e riflessione sociale
Il culmine emotivo del film arriva con il monologo finale di Spencer Tracy, nel ruolo del dottor Matt Drayton, il padre di Joanna. Seduto accanto alla figlia e al futuro genero, Tracy pronuncia parole semplici ma cariche di profondità, un discorso che riesce a condensare in pochi minuti anni di riflessione sociale, conflitti interiori e tensioni razziali. Il monologo affronta senza retorica i pregiudizi impliciti e le paure legate al matrimonio interrazziale, invitando a guardare oltre il colore della pelle e a riconoscere l’umanità e il merito delle persone.
Questa scena è potente perché mostra il coraggio di un padre nel mettere da parte i propri timori e accettare l’amore della figlia, incarnando il messaggio centrale del film: il vero progresso sociale richiede un impegno personale, la capacità di sfidare convenzioni radicate e il rispetto per le scelte altrui. L’eloquio di Tracy, accompagnato da un tono calmo ma fermo, trasmette dignità e autenticità, riflettendo allo stesso tempo la gravità storica del momento e l’intimità del dramma familiare.
Il monologo non è solo un momento cinematografico memorabile, ma anche un invito universale: la lotta contro il pregiudizio passa attraverso la consapevolezza individuale, la riflessione e la volontà di agire secondo principi di equità e amore. In un film costruito sul dialogo, questa sequenza finale funziona come sintesi morale dell’opera, lasciando agli spettatori un’impressione duratura e una riflessione che va oltre la storia raccontata.
Una riflessione senza tempo
Oggi Indovina chi viene a cena? è considerato un classico assoluto del cinema impegnato, un film che non solo racconta un cambiamento sociale ma che ha contribuito a plasmarlo. La sua forza sta nella capacità di rimanere attuale anche dopo oltre cinquant’anni: invita ancora a riflettere sui pregiudizi nascosti, sulle paure che influenzano le scelte familiari e su quanto sia difficile superare ciò che si è sempre dato per scontato. Nonostante alcune parti risultino datate, il film continua a emozionare grazie alle sue interpretazioni intense e alla sincerità del messaggio, che parla di rispetto, coraggio e capacità di mettersi in discussione.
È un’opera che non smette di far riflettere, perché racconta non solo una storia d’amore, ma soprattutto una storia di umanità: quella di persone che devono imparare a guardarsi dentro e a capire che il vero cambiamento comincia dal modo in cui scegliamo di vedere gli altri.
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Emanuela Giuliani






