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Io sono Rosa Ricci, la recensione: un potenziale sprecato in un film senza anima

Io sono Rosa Ricci: uno spin-off di Mare Fuori senza mordente, con una regia debole e una sceneggiatura poco ispirata.

Dopo il successo travolgente di Mare Fuori, era quasi inevitabile che nascesse un progetto capace di espandere il suo universo narrativo. Io sono Rosa Ricci, diretto da Lyda Patitucci e presentato alla Festa del Cinema di Roma, è il primo spin-off cinematografico tratto dalla serie.

L’obiettivo è chiaro: dare volto e passato a uno dei personaggi più amati, la ribelle e tormentata Rosa Ricci, interpretata da Maria Esposito, che nella serie aveva conquistato il pubblico con rabbia e vulnerabilità. Un’idea affascinante e ricca di potenzialità, visto che Rosa è una giovane cresciuta in un ambiente criminale ma desiderosa di libertà.

Il film però non mantiene le promesse: l’ambizione di un racconto profondo si scontra con una sceneggiatura debole e una regia senza energia. Il risultato è un opera che cerca di seguire le orme della serie originale, ma si perde in una narrazione piatta e poco ispirata.

Un film senza anima per una protagonista nata dal dolore

Io sono Rosa Ricci ci porta nella Napoli del 2020, dove la giovane Rosa vive all’ombra del padre, un boss temuto e rispettato, prigioniera del suo stesso cognome e di un destino che non ha scelto. La vicenda potrebbe evolversi in una sorta di rito di passaggio che le permetterà di scoprire la propria forza, quando viene rapita da un narcotrafficante rivale e condotta su un’isola deserta.

Chi ha seguito Mare Fuori sa che Rosa Ricci è uno dei personaggi più complessi e magnetici della serie. Dietro la sua rabbia si nasconde una profonda fragilità e un bisogno disperato di amore, e il suo legame con Carmine Di Salvo, figlio del clan rivale, ha rappresentato uno dei momenti più intensi e simbolici della serie, rendendo Rosa un’icona per il pubblico giovane.

Tuttavia, nel prequel rimane ben poco di quella complessità: il personaggio viene ridotto a una figura dominata dalla rabbia, priva delle sfumature che in passato la rendevano così convincente. La sceneggiatura non riesce a esplorarne la profondità: paura, fame d’amore e desiderio di libertà vengono solo accennati, mai realmente vissuti o approfonditi. La crescita che dovrebbe segnare la nascita della Rosa, che conosceremo poi nella serie, è più dichiarata che mostrata, così come il conflitto tra famiglia e libertà, il peso dell’eredità criminale e la ricerca di sé in un contesto di violenza: tutti temi trattati con una certa superficialità.

In Io sono Rosa Ricci ogni concetto viene reso esplicito nei dialoghi, che spesso sembrano scritti per ribadire un messaggio piuttosto che per costruire emozioni autentiche, mancando di quella sottigliezza che permetteva alla serie di parlare di dolore e rinascita senza cadere nella retorica.

Anche Maria Esposito non riesce a rendere con credibilità la fragilità e la rabbia del suo personaggio: i dialoghi sono forzati e le battute soffocano la naturalezza e il non detto, con gli altri personaggi, come quello interpretato da Andrea Arcangeli, poco approfonditi e non utili al percorso della protagonista. Il rapporto tra Rosa e il suo compagno di prigionia — che avrebbe potuto rappresentare il cuore emotivo della storia — non raggiunge mai la giusta intensità, e il legame che si crea tra i due scorre troppo in fretta, in modo meccanico e privo di spontaneità.

La regia di Lyda Patitucci, solitamente attenta al dettaglio visivo, qui manca di coraggio. L’isola, potenziale simbolo di isolamento e rinascita, resta anonima, senza un’identità definita: inquadrature e fotografia non valorizzano né la luce né il paesaggio, mentre il montaggio disperde la tensione con passaggi discontinui.

Il film non trova un linguaggio personale: la fotografia alterna toni freddi e spenti senza una direzione chiara, i suoni ambientali si dissolvono e la colonna sonora di Raiz, pur ben intenzionata, risulta invadente, enfatizzando momenti che avrebbero richiesto silenzio. La musica appiattisce il dolore e la solitudine di Rosa invece di accompagnarli.

Il limite più grande è però la mancanza di visione. Mare Fuori univa realismo e poesia, crudeltà e speranza; invece, Io sono Rosa Ricci resta sul sicuro, imitando l’estetica senza catturarne l’anima. La sceneggiatura non approfondisce i conflitti interiori di Rosa né offre nuove prospettive, risultando un racconto prevedibile e incapace di restituire la forza emotiva che rese Mare Fuori un fenomeno.

Un film senza cuore per una protagonista nata dall’emozione

Io sono Rosa Ricci aveva il potenziale per approfondire uno dei personaggi più amati di Mare Fuori, ma finisce per essere un racconto scontato e privo di energia. La complessità e la vulnerabilità di Rosa si perdono in una sceneggiatura debole e una regia poco incisiva, che limitano il personaggio a una rabbia superficiale.

Per i fan della serie, la delusione è evidente: lo spin-off non aggiunge nulla di nuovo, anzi smorza il fascino della protagonista trasformandola in una copia sbiadita. Manca una visione chiara e coraggiosa che, invece, aveva reso Mare Fuori un mix potente di realismo, poesia e speranza.

In definitiva, Io sono Rosa Ricci è un’occasione sprecata, incapace di restituire quella profondità e umanità che avrebbero potuto rendere il progetto un vero racconto di crescita e liberazione.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

4


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