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Jafar Panhai commenta la nuova condanna in Iran

Jafar Panahi commenta la nuova condanna in Iran: “So che i miei film non piacciono al governo, ma tornerò”.

Il regista iraniano Jafar Panahi, figura simbolo del cinema dissidente e già premiato a Cannes, ha commentato pubblicamente – come riportato da Variety la nuova condanna a un anno di carcere ricevuta in Iran. Durante un intervento al Marrakech Film Festival ha ribadito l’intenzione di tornare nel suo Paese dopo aver concluso la campagna Oscar per It Was Just an Accident, scelto dalla Francia come candidato agli Academy Awards.

“Ho un solo passaporto, quello del mio Paese, e voglio tenerlo”, ha dichiarato in persiano, seduto accanto a un traduttore. La condanna, pronunciata in contumacia, prevede anche un divieto di viaggio di due anni e la proibizione di aderire a qualsiasi gruppo politico o sociale. Il suo avvocato, Mostafa Nili, ha già annunciato ricorso.

Panahi, che continua a vivere in Iran pur trascorrendo una parte dell’anno in Francia, ha spiegato di non aver mai considerato l’idea di abbandonare definitivamente la propria patria: “Il proprio Paese è il posto migliore in cui vivere, nonostante problemi e difficoltà. È dove posso respirare e creare. I problemi dell’Iran sono temporanei, come quelli che ogni società si trova ad affrontare.”

Non è la prima volta che il regista entra in conflitto con la Repubblica Islamica. Nel 2010 venne condannato a sei anni di carcere e a un divieto ventennale di girare film, rilasciare interviste o lasciare il Paese. Pur avendo trascorso solo alcuni mesi dietro le sbarre prima della scarcerazione su cauzione, Panahi non rispettò mai quel divieto e continuò a realizzare film in clandestinità, facendoli poi uscire illegalmente dall’

. Nel 2022 fu di nuovo arrestato e rimase in prigione per sette mesi, finché uno sciopero della fame annunciato con parole durissime — aveva dichiarato che avrebbe rifiutato cibo, acqua e medicine fino all’eventuale liberazione del suo “corpo senza vita” — portò alla sua scarcerazione dopo 48 ore.

Nonostante questa lunga storia di pressioni e limitazioni, Panahi ha espresso chiaramente la sua intenzione di tornare in Iran subito dopo la conclusione della promozione del suo nuovo film. “Ho lavorato giorno e notte a questa campagna per oltre tre mesi. Questa sentenza è arrivata in pieno percorso, ma lo porterò a termine e tornerò il prima possibile”, ha detto. It Was Just an Accident racconta la vicenda di un gruppo di ex prigionieri politici che tengono in ostaggio un uomo che credono sia stato il loro torturatore, una storia che secondo il regista affonda le radici nella propria esperienza di detenzione e interrogimento.

Concludendo la sua masterclass a Marrakech, Panahi si è rivolto agli studenti di cinema presenti in sala, riflettendo sul ruolo dell’autore e sulla libertà artistica. Ha spiegato che esistono registi che inseguono il pubblico e altri che seguono esclusivamente la propria visione. Chi sceglie questa seconda strada, ha detto, deve sapere che c’è sempre un prezzo da pagare: economico in un Paese occidentale, politico in un Paese come il suo. Lui quel prezzo lo ha accettato. “So che i miei film non piacciono al governo. Ma non è un motivo per non tornare nel mio Paese. Ci tornerò.”

Il pubblico gli ha riservato una lunga standing ovation. It Was Just an Accident verrà presentato al Marrakech Film Festival giovedì.


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