Jurassic World – La Rinascita, la recensione di una nuova era che tra natura e ambizione riporta al cinema l’amato franchise.
Nato nel 1993 con l’uscita nelle sale dell’iconico Jurassic Park, tratto dal romanzo di fantascienza di Michael Crichton pubblicato nel 1990, il franchise di Jurassic ha rivoluzionato il genere d’avventura, fondendo scienza, spettacolarità visiva e tensione narrativa. Con effetti speciali all’avanguardia per l’epoca, il film, diretto da Steven Spielberg, è diventato un punto di riferimento della cultura pop contemporanea e un caposaldo della CGI moderna, introducendo un’idea tanto affascinante quanto inquietante: riportare in vita i dinosauri attraverso l’ingegneria genetica.
Ma Jurassic Park è stato molto più di un fenomeno commerciale, dando origine a un vero e proprio universo: prima con Il mondo perduto (1997), poi con Jurassic Park III (2001), e infine con la trilogia di Jurassic World, iniziata nel 2015, in cui i dinosauri convivono con l’umanità in un mondo profondamente cambiato, continuando a esplorare temi come l’etica scientifica, il rapporto tra uomo e natura, e le conseguenze imprevedibili della manipolazione genetica.
Ora, a tre anni dalla conclusione di Jurassic World – Il Dominio, arriva al cinema, il 2 luglio distribuito da Universal Pictures, Jurassic World – La Rinascita, diretto da Gareth Edwards (Rogue One: A Star Wars Story) scritto da David Koepp, autore del film originale del 1993, e un cast stellare guidato da Scarlett Johansson, Jonathan Bailey e Mahershala Ali.
Il fascino della natura, l’ombra della ripetizione
Con un’ambientazione esotica che fonde paesaggi mozzafiato e misteri primordiali, Jurassic World – La Rinascita si presenta come il capitolo più ambizioso dell’intero franchising, forte della promessa di rinnovare un’avventura ormai iconica riportando dinosauri al centro della scena. Giungle equatoriali fitte e umide, canyon scolpiti da millenni di erosione, profondità oceaniche abitate da creature dimenticate e isole vulcaniche sospese nel tempo fanno da cornice a una storia che intreccia meraviglia e minaccia, dove ogni angolo dell’ecosistema, tanto paradisiaco quanto inospitale, cela un incubo preistorico pronto a riemergere.
La dottoressa Zora Bennett (interpretata da Scarlett Johansson), esperta in operazioni segrete, viene incaricata di guidare una squadra altamente specializzata con l’obiettivo di recuperare campioni di DNA da tre creature leggendarie: un colossale predatore marino, un gigantesco rettile alato e un erbivoro terrestre di proporzioni mai viste, il cui patrimonio genetico contiene enzimi e sequenze utili per curare malattie finora incurabili.
Ma quella che sembra una spedizione scientifica d’avanguardia si trasforma ben presto in qualcosa di molto più oscuro dove il confine tra scoperta e ossessione è sottile, e ogni passo avanti ha un prezzo. Quando Zora e il suo team si imbattono in una famiglia sopravvissuta all’attacco di predatori marini preistorici, la missione prende una svolta inaspettata. Costretti a rifugiarsi su un’isola remota, fuori da ogni mappa, i superstiti si troveranno faccia a faccia con una verità sepolta nel tempo — un segreto sconvolgente, nascosto tra le pieghe della scienza, del silenzio e dell’ambizione umana. Ma a quel punto, tornare indietro potrebbe non essere più possibile.
Come da tradizione, Jurassic World: La Rinascita, unendo il grande spettacolo visivo a profonde riflessioni morali e filosofiche in un’epoca in cui ambiente e tecnologia sembrano sempre più in rotta di collisione, non si limita a mostrare creature preistoriche e avventure mozzafiato, ma si spinge oltre ed esplora il confine sottile tra la sete di controllo dell’essere umano e la forza indomabile della Terra.
Un dualismo che alimenta una tensione narrativa che non si sviluppa solo attorno ai pericoli esterni — le creature ricostruite geneticamente che sfuggono al controllo — ma anche attorno alle domande interiori che tormentano i personaggi principali. Fino a che punto è lecito spingersi in nome del progresso? Qual è il prezzo da pagare quando l’ambizione dell’individuo travalica i limiti naturali? E, soprattutto, cosa resta dell’essere umano quando si mette in gioco la stessa essenza della vita?
L’evoluzione così non riguarda soltanto le specie animali riportate in vita, ma si estende all’essere umano stesso: alla sua coscienza, alla sua capacità di introspezione, al rapporto complesso con l’ignoto e alla sua capacità e incapacità di imparare dai propri errori. L’opera cinematografica sottolinea come l’illusione di poter dominare la natura attraverso la manipolazione genetica sia solo un fragile castello di carte, e mostra come, ogni qualvolta l’uomo oltrepassa il limite — sfidando i confini biologici e morali — la Terra reagisca scrollandosi di dosso la nostra arroganza con la leggerezza di un soffio, come se fossimo polvere o un semplice raffreddore.
In questo senso, Jurassic World – La Rinascita si trasforma in un monito travestito da divertimento, un invito a guardarci dentro e a interrogarci profondamente su quanto possiamo ancora spingerci avanti senza oltrepassare il punto di non ritorno. Un richiamo attualissimo, che intreccia argomenti, considerazioni e responsabilità collettive, anche se questa ambizione filosofica si scontra con alcune debolezze narrative, con la prevedibilità degli eventi e la mancanza di autentica originalità.
La narrazione, infatti, si muove su binari già ampiamente battuti, riproponendo schemi e dinamiche già viste nei precedenti capitoli, e frenando così un potenziale che avrebbe potuto davvero sorprendere e innovare, dando la sensazione che la serie, giunta a questo punto, abbia ormai esaurito i propri messaggi e si limiti a replicare formule collaudate invece di rinnovarsi con coraggio e freschezza.
Il risultato è un film visivamente impeccabile ricca di sequenze suggestive — in particolare nelle scene che mettono i personaggi principali a diretto confronto con i titani del Mesozoico, con effetti speciali di altissimo livello e scene di grande impatto — ma che fatica a lasciare un’impronta duratura. A prevalere è così un senso di già visto che, pur non intaccando il piacere dell’intrattenimento, smorza l’impatto emotivo complessivo.
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Emanuela Giuliani
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