“LA CASA DI JACK” – Incontro Stampa

“LA CASA DI JACK” – Incontro Stampa

Il regista danese Lars Von Trier, tra i fondatori del movimento Dogma 95, e autore di opere quali: “Dancer in the Dark”, “Nymphomaniac”, “Melancholia” e “Antichrist”, solo per citarne alcune, torna dietro la macchina da presa per dirigere l’alquanto inquietante e discutibile thriller/horror: “LA CASA DI JACK”, in cui scava ed analizza le perversioni dell’animo umano, e la conseguente visione distorta della realtà che queste causano.

Un macabro sviluppo interiore definito e mostrato attraverso la rappresentazione nuda e cruda, di cinque “incidenti”, delitti, ambientati nell’America degli anni ’70, il cui intento è quello di trasmettere e far percepire il profondo stato di apatia che pervade, domina e conduce il protagonista, desideroso in cuor suo, per quanto paradossale, di essere fermato e catturato, a ricercare in modo ossessivo e compulsivo, nei feroci omicidi, quel brivido, se così si può definire, necessario a farlo sentire vivo.

“Questo film, racconta la storia di un serial killer, un artista fallito completamente privo di empatia, psicopatico e misantropo” – afferma Matt Dillon volto di Jack“Una mancanza che rappresenta la causa del suo drammatico, cruento disagio, e che ha permesso a Lars, con il quale ho discusso tanto prima di iniziare le riprese, di creare una figura in grado di trasformarsi e forgiare altre persone. Io ero molto curioso di capire come un argomento del genere potesse essere affrontato e trattato. Ho dovuto annullare una parte di me per entrare in contatto con Jack, ed è stato molto stimolando il fatto di aver fatto nessuna prova, perché mi ha spinto a vivere il momento senza riflettere.”

“Mi sono preparato documentandomi su internet, ho scoperto tantissimi volumi inerenti alla tematica, e dato l’enorme interesse da parte della gente, ho capito che questo è una parte integrante della natura umana” – prosegue spiegando il suo approccio al personaggio – “Inizialmente ho avuto molti dubbi se accettare o meno il ruolo, ero spaventato dal suo orrore e dall’immagine di me stesso nell’interpretare tale figura, avevo paura di non farcela. Sapere di lavorare con Lars, un regista che ammiro da sempre, il quale si assume sempre le responsabilità dei propri lavori, come da lui confermato quando ci siamo incontrati e conosciuti, mi ha dato la sicurezza per poter dire di sì. Sapevo che sarebbe stata un’esperienza unica, da cui avrei imparato molto, e quando ho letto la sceneggiatura, mi sono reso conto di non aver mai letto qualcosa di così interessante, ed il film è stato realizzato proprio come voleva Lars. Lavorare con lui, inoltre, è stato una continua sperimentazione, veramente sorprendente.”

Episodi dalla radicale brutalità, considerati opere d’arte da migliorare e perfezionare, e che la pressione dell’avvicinarsi della polizia tendono a superare ogni limite e confine, spingendo Jack a rischiare sempre di più, con al fianco la costante presenza del misterioso interlocutore/espiatore, Virgilio, ultima intensa interpretazione di Bruno Ganz, scomparso recentemente all’età di 74 anni.

“Sono molto triste per la sua scomparsa, è stata una fortuna ed un onore lavorare con lui. Un attore fantastico che ammiravo da quando avevo 17 anni, quando lo vidi per la prima volta nel film in cui interpretava il giocatore di scacchi che impazzisce. Sono entrato a far parte del cast prima di lui, e Lars mi comunicò la sua presenza, inviandomi un semplice sms con la foto di Bruno e la scritta “Verge!”. Sono stato felicissimo! Ed è stato ancor più bello quando Bruno, dopo aver visto il film completo, mi disse che gli era piaciuto tantissimo e che sarei stato orgoglioso della mia performance.”

Dialoghi ricorrenti che ne esplorano la coscienza con un tortuoso viaggio dantesco, completo di traghettamento nelle viscere degli inferi, in cui emergerà la lucida razionalità della grottesca miscela di capziosità e auto pietà quasi infantile, dell’imperturbabile ed impassibile Jack, scosso solo dalla vista dei campi Elisi e dalla loro irraggiungibilità.

Una complessa sensazione, visivamente monotona e stancante, la cui carica si insinua incisivamente sottopelle, e con passo lento intorpidisce ogni emozione e sentimento, permettendo di immergersi, comprendere ed assaporare il disturbante, controverso vortice vizioso psicologico dell’uomo, il quale nonostante l’assoluta consapevolezza di non avere possibilità di redenzione e salvezza, sfida il luogo funesto, così come Trier con le proprie alterazioni, il pubblico, e per alcuni versi se stesso.

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