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La Grande Guerra: il capolavoro di Monicelli che raccontò la Prima Guerra Mondiale con ironia e umanità

La Grande Guerra: il capolavoro diretto da Monicelli che raccontò la Prima Guerra Mondiale con ironia e umanità.

Tra le opere più significative del cinema italiano del Novecento, La Grande Guerra di Mario Monicelli si impone come un film unico, capace di raccontare l’orrore della Prima Guerra Mondiale attraverso lo sguardo disilluso, ironico e profondamente umano di due uomini comuni.

Uscito nel 1959, in un’Italia ancora segnata dalle ferite della Seconda Guerra Mondiale e in pieno fermento sociale e culturale, il film rappresenta una svolta radicale nella rappresentazione del conflitto bellico sul grande schermo. Monicelli, maestro della commedia all’italiana, affronta per la prima volta un tema tragico con gli strumenti della satira e del realismo, mettendo in scena una narrazione che mescola umorismo, pathos e critica sociale.

Prodotto da Dino De Laurentiis, uno dei più importanti produttori del cinema italiano e internazionale, il film si avvale dell’incredibile talento di due giganti della recitazione, Alberto Sordi e Vittorio Gassman, che danno vita ai personaggi di Oreste Jacovacci e Giovanni Busacca: due antieroi pavidi e opportunisti, che si ritrovano loro malgrado coinvolti nella carneficina delle trincee del fronte austro-italiano. Lontano dalle figure eroiche e retoriche del cinema bellico tradizionale, La Grande Guerra mette al centro dell’azione l’uomo comune, con le sue debolezze, le sue paure e il suo desiderio di sopravvivere.

Ma il film non è solo una denuncia contro l’insensatezza della guerra: è anche un racconto sulla solidarietà, sul riscatto morale, sulla possibilità di ritrovare la propria dignità anche nei momenti più bui, con una regia precisa, una sceneggiatura brillante e una direzione degli attori impeccabile, Monicelli costruisce un’opera che commuove, fa riflettere e resta impressa nella memoria dello spettatore. La Grande guerra non è solo uno dei più grandi film italiani mai realizzati: è un monumento alla coscienza critica, un’opera che ha saputo dare voce a chi la storia spesso dimentica.

Un capolavoro del cinema italiano e mondiale

La Grande Guerra di Mario Monicelli non è soltanto un film di straordinario valore artistico, ma rappresenta una delle opere più significative della cinematografia italiana del dopoguerra e, allo stesso tempo, un momento di svolta nella rappresentazione della guerra sul grande schermo.

Al suo debutto, fu accolto con entusiasmo da critica e pubblico: vinse il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, ex aequo con Il generale Della Rovere di Rossellini, a testimonianza del fermento artistico e civile che attraversava il cinema italiano in quegli anni. Il film fu inoltre candidato all’Oscar come miglior film straniero, rafforzando la sua fama internazionale.

Tra i riconoscimenti nazionali, si aggiudicò tre David di Donatello (miglior film, regia e attore protagonista ad Alberto Sordi) e due Nastri d’argento, consolidando la reputazione di Monicelli come autore capace di coniugare impegno civile, maestria registica e straordinaria direzione degli attori. Grazie a questo successo, La Grande Guerra entrò a pieno titolo nel canone del grande cinema europeo del dopoguerra, simbolo di una nuova maturità artistica e narrativa del nostro cinema.

Ironia e tragedia: un equilibrio perfetto

Uno degli aspetti più rivoluzionari e al tempo stesso delicati del film è il suo uso sapiente dell’ironia in un contesto drammatico, Mario Monicelli infrange consapevolmente la retorica patriottica e trionfalistica che fino ad allora aveva dominato la narrazione bellica, per sostituirla con un tono grottesco, realistico e profondamente umano. I protagonisti, interpretati magistralmente da Alberto Sordi e Vittorio Gassman, sono tutt’altro che eroi: incarnano l’italiano medio, spesso svogliato, disilluso, cinico, ma al contempo capace di slanci imprevedibili di solidarietà e coraggio.

Il film costruisce una narrazione che fa ridere e riflettere, in cui il comico non attenua la tragedia ma la rende più potente, più vera, l’epilogo, in cui i due antieroi Jacovacci e Busacca scelgono il sacrificio piuttosto che il tradimento, assume un valore catartico: non si tratta di un gesto celebrativo, ma di una scelta intima, silenziosa, che restituisce dignità alla figura del soldato comune, il loro destino lascia un segno profondo nello spettatore, generando una commozione sincera che travalica ogni retorica.

Un tono inedito per l’epoca

Nel panorama cinematografico degli anni ’50, ancora fortemente segnato dalle convenzioni dell’epica bellica e del dramma morale, La Grande Guerra rappresenta una rottura coraggiosa. Monicelli, influenzato dal neorealismo ma anche capace di superarlo, rifiuta la rappresentazione manichea della guerra come terreno di prova per l’eroismo, preferendo soffermarsi sulla quotidianità grama, sulle paure, sulle furbizie e sulle contraddizioni dei suoi protagonisti. Il film racconta la guerra da dentro, dal fango delle trincee, dallo sguardo di chi non capisce bene perché combatta, ma si trova comunque costretto a farlo.

Questa prospettiva anticonvenzionale suscitò reazioni contrastanti: mentre una parte della critica lodava la modernità dell’approccio, ambienti conservatori e militari lo accusavano di disfattismo e di mancanza di rispetto per la memoria dei caduti. Tuttavia, fu proprio questa onestà narrativa, libera da condizionamenti ideologici, a rendere il film un punto di riferimento per una nuova coscienza civile, e col tempo è stato rivalutato come una delle più lucide e autentiche rappresentazioni della follia del conflitto e della dignità nascosta nelle pieghe dell’umanità più umile.

Un successo anche oltre i confini nazionali

La Grande Guerra non fu un successo confinato all’Italia, ma ebbe una risonanza significativa in molti paesi europei e non solo. In Francia, fu accolto con entusiasmo per il suo equilibrio tra dramma e commedia, lodato anche per la raffinata regia e le interpretazioni intense. In Germania e in Unione Sovietica, venne apprezzato per il suo sguardo critico e partecipe sulla guerra, incentrato sulla figura del soldato semplice, spesso dimenticata nelle narrazioni ufficiali.

Il film contribuì inoltre a ridefinire la reputazione internazionale della commedia all’italiana, dimostrando come questo genere potesse affrontare, con leggerezza e intelligenza, temi profondamente drammatici e universali, in tal modo, Monicelli offrì al mondo un esempio di cinema capace di parlare a tutte le culture, attraverso la lente dell’ironia, dell’empatia e della denuncia sociale.

Un’eredità che continua

A più di mezzo secolo dalla sua uscita, La Grande Guerra continua a essere un punto di riferimento per il cinema italiano e un’opera imprescindibile per chi voglia comprendere la storia culturale del nostro paese. Nel 2009, in occasione del suo cinquantenario, il film è stato restaurato e proiettato come evento speciale alla pre-apertura della 66ª Mostra del Cinema di Venezia, a testimonianza della sua permanenza nel cuore degli spettatori e della critica.

Dopo la scomparsa di Monicelli, nel 2010, la Cineteca di Bologna gli ha dedicato una retrospettiva di grande successo, culminata con la proiezione de La Grande Guerra al Cinema Lumière. Il film è stato inoltre incluso nel progetto “100 film italiani da salvare”, promosso dal Ministero della Cultura, riconoscimento riservato alle opere che hanno plasmato l’immaginario collettivo italiano. È un lascito che non smette di interrogare e ispirare, ancora oggi.

Un film da tramandare, per non dimenticare

Oggi, a più di sessant’anni dalla sua realizzazione, La Grande Guerra conserva intatta la sua potenza narrativa ed emotiva. È un film che parla con straordinaria lucidità alle coscienze, mettendo in scena non solo l’assurdità della guerra, ma anche la resilienza, la fragilità e il coraggio quotidiano degli uomini comuni. Più che un semplice racconto cinematografico, è un’opera di memoria civile, un atto d’accusa contro ogni retorica bellicista e una riflessione sulla necessità di ricordare.

In un mondo nuovamente attraversato da conflitti, tensioni e nazionalismi, il messaggio di Monicelli appare quanto mai attuale: la vera grandezza non si misura con le medaglie, ma con i piccoli gesti di dignità, con la scelta di restare umani anche nell’orrore. La Grande Guerra è un film che va tramandato, discusso, studiato, un’opera che continua a insegnarci cosa significa essere uomini, nel senso più profondo e universale del termine.

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Emanuela Giuliani


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