Sette curiosità sul film La Land, il film scritto e diretto da Damien Chazelle, film di apertura della 73esima Mostra del Cinema di Venezia.
Uscito nel 2016, La La Land è un’opera che ha incantato il mondo fin dal suo debutto come film di apertura della 73ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Diretto da Damien Chazelle, già noto per la tensione ritmica e drammatica di Whiplash, questo musical moderno ha saputo trasformarsi in un autentico inno ai sogni, alla musica e alla magia del cinema. Con oltre 446 milioni di dollari incassati a livello globale e una pioggia di riconoscimenti — 14 nomination agli Oscar (record eguagliato solo da Titanic e Eva contro Eva) e sei vittorie, tra cui miglior regia, attrice protagonista (Emma Stone), fotografia e colonna sonora — La La Land è entrato di diritto nella storia della settima arte.
Protagonisti della vicenda sono Mia (Emma Stone), aspirante attrice con il cuore pieno di speranze, e Sebastian (Ryan Gosling), pianista sognatore fedele al jazz delle origini. I due si incontrano a Los Angeles — città che diventa, nel film, più che uno sfondo: una creatura viva, palpitante, fatta di luci al neon, tramonti infuocati, cieli stellati e incroci di destini — e intrecciano un amore che nasce come un’armonia perfetta, ma che dovrà fare i conti con il tempo, le scelte, e il prezzo da pagare per restare fedeli a sé stessi.
La La Land è molto più di un musical: è un sogno a occhi aperti, una dichiarazione d’amore al cinema classico, rievocato con eleganza, nostalgia e malinconia, ma anche un ritratto sincero della fragilità e della forza che abitano chi insegue un ideale. Con la sua regia fluida e le coreografie che danzano tra realtà e fantasia, Chazelle dipinge un universo sospeso, fatto di colori saturi, movimenti sinuosi e inquadrature che sembrano voler fermare il tempo, dove ogni nota suonata e ogni passo di danza diventano un gesto d’amore verso l’arte, verso la bellezza effimera e irripetibile della vita.
La musica, composta da Justin Hurwitz, accompagna lo spettatore come un battito costante, ora delicato, ora travolgente, emozionando e trasportando in una dimensione eterea, dove i sogni — pur sfiorati solo per un istante — brillano più di qualsiasi realtà. In questo spazio incantato tra desiderio e disillusione, tra ciò che poteva essere e ciò che è stato, La La Land ci ricorda che i sogni non sono semplicemente da realizzare, ma da vivere, anche quando il prezzo da pagare è la rinuncia. Perché, in fondo, l’amore più grande che possiamo provare è quello per ciò che ci fa vibrare il cuore — anche se ci costringe a lasciar andare chi amiamo.
Nel finale, struggente e catartico, il film si spoglia della retorica del “vissero felici e contenti” per regalarci qualcosa di più raro: la verità di un amore che, pur non durando, ha lasciato una traccia indelebile, e così, tra le note dolci-amare di Epilogue, La La Land si rivela per ciò che davvero è: una ballata luminosa sul coraggio di sognare, sull’accettazione della perdita, e sulla poesia nascosta nei rimpianti che ci fanno essere chi siamo.
1. Una lunga gestazione: un sogno coltivato per anni
Il progetto di La La Land fu concepito da Damien Chazelle nel 2010, quando era ancora uno sconosciuto regista neolaureato ad Harvard. Inizialmente presentato come un omaggio ai musical classici in chiave moderna, il film fu rifiutato da vari studi perché considerato troppo ambizioso, troppo nostalgico e privo di appeal commerciale, in un’epoca dominata da franchise e cinecomic. I produttori volevano ambientarlo a New York invece che a Los Angeles e suggerirono di cambiare le sequenze cantate con dialoghi tradizionali. Fu solo dopo il successo mondiale di Whiplash (2014), che vinse 3 Oscar, che i finanziatori credettero nella visione originale di Chazelle, permettendogli di girare La La Land come lo aveva immaginato sin dall’inizio.
2. Oscar come Miglior Film… per 8 minuti di caos storico
L’episodio che avvenne agli Oscar 2017 è considerato il più clamoroso errore nella storia dell’Academy. Dopo l’annuncio errato da parte di Warren Beatty e Faye Dunaway, il team di La La Land salì sul palco e iniziò i ringraziamenti. Fu Jordan Horowitz, uno dei produttori, ad accorgersi dell’errore e a prendere il microfono per annunciare pubblicamente che il vero vincitore era Moonlight, mostrando la busta corretta. L’incidente mise in imbarazzo la PwC, società incaricata di gestire i voti, e portò a una revisione delle procedure, e la compostezza dei due cast nel gestire la situazione venne elogiata come esempio di professionalità e sportività.
3. Ryan Gosling ha imparato a suonare il piano… e non ha usato controfigure
La dedizione di Ryan Gosling al suo ruolo fu totale, oltre a imparare a suonare i brani jazz del film (in particolare quelli composti da Justin Hurwitz) in pochi mesi, l’attore si rifiutò di usare controfigure o mani di un pianista nelle riprese, come spesso accade nei film. Tutti i primi piani delle mani al piano sono realmente i suoi, il che conferisce un’autenticità unica alle performance musicali, Gosling inoltre si è anche immerso nella cultura jazz, studiando i grandi come Thelonious Monk, Bill Evans e soprattutto Hoagy Carmichael, su cui è basato parzialmente il suo personaggio.
4. Eva Mendes: l’influenza invisibile ma determinante
Eva Mendes, oltre ad essere la compagna di Ryan Gosling, ha contribuito con idee che hanno lasciato il segno nel film. La frase “Questa è Los Angeles. Adorano tutto e non apprezzano nulla” deriva da un commento sarcastico fatto durante una conversazione sul mondo dello spettacolo, ed è diventata una delle battute più citate. “Pishy Caca”, invece, è un termine affettuoso e nonsense usato in famiglia con le figlie, inserito da Gosling come easter egg personale, anche se non accreditata ufficialmente, Mendes ha avuto un impatto creativo nel tono ironico e intimo di alcune scene.
5. Emma Stone non era la prima scelta… ma era la destinata
Emma Watson fu inizialmente legata al progetto, ma chiese una preparazione troppo rigida per le sequenze di danza, che non si conciliava con le esigenze di produzione. Miles Teller, invece, era stato considerato per il ruolo di Sebastian, alla fine, Damien Chazelle scelse Emma Stone dopo averla vista a Broadway in Cabaret, dove dimostrava un’eccezionale capacità interpretativa, sia nei momenti drammatici che musicali. L’alchimia tra lei e Gosling, già provata in due film precedenti, contribuì a creare una coppia cinematografica iconica, degna dei grandi musical classici come Fred Astaire e Ginger Rogers.
6. J.K. Simmons: un ruolo piccolo ma brillante
J.K. Simmons, già vincitore di un Oscar per Whiplash, avrebbe potuto interpretare il padre di Mia, un ruolo più convenzionale, invece, scelse con entusiasmo il più scontroso e cinico proprietario del ristorante, Bill, dove Sebastian viene licenziato. Nonostante il minutaggio ridotto, Simmons offre una performance memorabile, riuscendo a caratterizzare il personaggio in poche battute. La scelta riflette la volontà dell’attore di sfidare se stesso anche in ruoli brevi ma intensi, e curiosamente, Chazelle ha dichiarato che scrivere battute taglienti per Simmons è uno dei suoi passatempi preferiti.
7. Costumi sorprendenti: tra semplicità e glamour
I costumi di La La Land, curati da Mary Zophres, giocano un ruolo fondamentale nel definire l’estetica visiva del film. Il vestito corallo di H&M, indossato da Mia durante una serata con le amiche, è stato scelto nonostante il suo prezzo simbolico: era perfetto per rappresentare la vivacità e la spontaneità del personaggio, in contrasto, il vestito blu navy firmato Jason Wu, indossato nella scena del planetario, evoca eleganza e sogno, e sottolinea l’evoluzione di Mia. ogni colore, ogni taglio, è pensato per riflettere lo stato d’animo dei personaggi, ispirandosi ai film di Jacques Demy e ai musical anni ’50.
8. Una scena d’apertura memorabile… e tecnicamente epica
La scena d’apertura su Another Day of Sun è un omaggio diretto ai musical francesi e americani del passato, come Les Parapluies de Cherbourg e Un Americano a Parigi. Girata in pieno sole, con temperature superiori ai 40°C, coinvolse oltre 100 ballerini, stunt driver e comparse, e fu realizzata in un’unica lunga ripresa simulata (montata con tecniche da piano sequenza). Per prepararla, la troupe dovette simulare ogni passaggio in un parcheggio prima del vero ciak. Le riprese furono così complesse che il coreografo Mandy Moore (non la cantante, ma l’omonima coreografa) dichiarò che quella scena fu una delle sfide più grandi della sua carriera.
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Emanuela Giuliani