Wes Anderson guarda oltre, e con La Trama Fenicia segna un nuovo capitolo del suo cinema tra fede, estetica e redenzione.
Wes Anderson si è sempre distinto per la sua inconfondibile eccentricità e per una cifra stilistica personale, in cui l’equilibrio visivo e la simmetria perfetta hanno catalizzato l’attenzione di pubblico e critica. I suoi set sono autentici quadri viventi, dipinti con tonalità pastello e costruiti come progetti architettonici dai dettagli meticolosamente calibrati.
Un mondo cinematografico quello di Anderson, che si riconosce immediatamente, grazie ad uno stile coerente, un’estetica raffinata e una narrazione dai tratti fiabeschi e surreali, eppure, nonostante negli ultimi anni si sia spesso avuto l’impressione che non avesse più nulla di veramente nuovo da raccontare, il regista texano, restando fedele a sé stesso e senza tradire la propria poetica, con la sua ultima opera, presentata in anteprima mondiale in concorso al 78º Festival di Cannes, esplorare territori più malinconici e inediti.
Se con Asteroid City infatti, si era confrontato, ovviamente sempre a suo modo, con la solitudine, il lutto, l’invasione aliena e persino la pandemia, ecco che con La Trama Fenicia Anderson si misura con un registro più intimo e simbolico.
Una nuova sfida narrativa
In uscita nelle sale italiane il 28 maggio 2025, distribuito da Universal Pictures, La Trama Fenicia, interpretato, come da consuetudine per Anderson, da un cast stellare, si distingue per una narrazione dalla forte identità emotiva, che ruota attorno alla religione, alla famiglia e alla redenzione.
Al centro della vicenda troviamo Zsa-zsa Korda (Benicio del Toro), un ricco uomo d’affari e spregiudicato speculatore finanziario, la cui vita è costantemente minacciata da una lunga lista di nemici. Banchieri, industriali, affaristi nonché il suo fratellastro Nubar (Benedict Cumberbatch), tutti vittime delle sue truffe e manipolazioni, lo vogliono morto. Ciò nonostante Korda continua miracolosamente a sfuggire alla morte, quasi come se fosse protetto da un disegno superiore.
Consapevole che il tempo stringe, inizia a riflettere sul futuro del proprio impero e su chi possa ereditarlo, e la sua scelta ricade su sua figlia Liesl (Mia Threapleton), la quale è in procinto di prendere i voti e diventare suora. Ma sebbene la sua fede entri inevitabilmente in conflitto con l’ambizione e il cinismo del padre, Liesl accetta di seguirlo in questo passaggio, accompagnata dal tutore: Bjorn Lund (Michael Cera), che riserverà delle soprese.
Tra geometrie perfette e domande spirituali
Con La Trama Fenicia, Wes Anderson firma un’opera riflessiva, e senza rinunciare al suo inconfondibile stile visivo, ancora una volta ci conduce in un universo costruito con maniacale precisione: geometrie perfette, colori pastello, simmetrie meticolose, inquadrature che sembrano ritratti sospesi nel tempo.
U’apparente leggerezza formale dietro cui si cela un racconto denso e stratificato, che affonda lo sguardo in profondità esistenziali, con il viaggio del protagonista che assumendo una natura allegorica, quasi ultraterrena lo porta a confrontarsi con i propri errori, rivivere momenti chiave del passato e interrogarsi sul peso morale delle proprie scelte.
Una sorta di parabola che Anderson mette in scena attraverso una serie di visioni oniriche, dove simboli religiosi e suggestioni spirituali si intrecciano a un linguaggio visivo surreale e poetico, e le apparizioni delle figure bibliche, il relativo misurasi con loro incluso Dio, altro non sono che delle metafore interiori specchio della coscienza del protagonista.
Non si tratta quindi di un percorso religioso in senso stretto, ma piuttosto di una meditazione laica e filosofica sul senso della colpa, sull’etica delle azioni, sul giudizio e soprattutto sul perdono ricevuto e concesso a sé stessi. La spiritualità che attraversa il film è sottile, rarefatta e più che proporre risposte solleva interrogativi donando allo spettatore uno spazio di riflessione personale.
Questa nuova direzione inevitabilmente influisce anche nella forma, ed ecco quindi che le immagini, pur mantenendo la riconoscibilità stilistica tipica di Anderson, si fanno più essenziali e dalle sfumature a volte quasi mstiche. La fotografia di Bruno Delbonnel abbandona i consueti colori saturi per abbracciare una tavolozza più tenue, più contemplativa, e la scenografia si spoglia per lasciare spazio a vuoti significativi, a silenzi che parlano, a pause che diventano racconto, in modo tale da permettere al film di trovar nella sottrazione la sua spiritualità, con il vuoto che evoca il sacro.
I personaggi, come spesso accade nel cinema di Anderson, sono eccentrici, quasi caricaturali, ma dotati di un’umanità particolare, e a spiccare è Benicio del Toro, straordinario nel dare vita a Zsa-Zsa Korda, figura leziosa, egocentrica, ma profondamente sola e fragile, intrappolata in una maschera che si sgretola scena dopo scena. Al suo fianco, una convincente Mia Threapleton personificazione del turbamento della fede, del dubbio costante e cuore ascetico del film.
Il grande tema della filmografia di Anderson, la ricerca del proprio posto nel mondo, qui ritorna arricchito da una dimensione trascendente, e tutto in La Trama Fenicia sembra interrogarsi sul senso ultimo dell’esistenza, sul destino, sull’inquietudine umana di fronte all’inspiegabile, e sul desiderio profondo di attribuire un significato al dolore e all’amore, all’errore e alla redenzione.
La sceneggiatura, scritta dallo stesso Anderson, è intessuta di dialoghi minimi, sospesi tra il gioco linguistico e l’introspezione, dove gli sguardi e i silenzi diventano centrali, come se il film stesso cercasse un contatto diretto con l’anima più che con l’intelletto.
La Trama Fenicia in definitiva, non è di certo il film più accessibile di Wes Anderson, ma è capace di coniugare in modo più che equilibrato il rigore estetico con l profondità tematica non limitandosi a farsi guardare, bensì invitando a guardarsi dentro, con uno sguardo originale, più personale, più umile e forse più vero.
©Riproduzione Riservata
Emanuela Giuliani
Il Voto della Redazione: