La vita va così, Riccardo Milani apre la Festa del Cinema 2025 con un film tra radici, identità e cambiamento.
Con uno sguardo attento sull’Italia di oggi, Riccardo Milani inaugura la 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma unendo memoria, identità e tensioni sociali con La vita va così, nelle sale il 23 ottobre, distribuito da Medusa Film e PiperFilm.
Dopo aver conquistato il pubblico con titoli come Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto e Il posto dell’anima, Riccardo Milani torna quindi sul grande schermo ispirandosi a una storia vera: quella di Ovidio Marras, un pastore sardo che ha sfidato la costruzione di un enorme resort sulla costa incontaminata di Capo Malfatano.
Ambientato nel cuore selvaggio della Sardegna, il film ci porta dentro una terra ricca di bellezza, ma anche di contrasti e battaglie profonde, raccontando il confronto tra due visioni opposte del mondo: da un lato Efisio, pastore solitario e custode di una cultura millenaria; dall’altro Giacomo, imprenditore ambizioso, deciso a trasformare quel tratto di costa in un resort di lusso. Il loro scontro diventa il punto di partenza per riflettere sul valore delle origini, sul rapporto tra progresso e conservazione, sulla capacità – o difficoltà – di dialogare tra generazioni.
Tradizione e modernità in equilibrio
Con La vita va così, Riccardo Milani costruisce un racconto che, tra commedia e dramma civile, esplora con sensibilità i temi del radicamento, dell’identità e del cambiamento.
Grazie a una regia solida e a una sceneggiatura ben costruita, firmata insieme a Michele Astori, il film — pur con qualche passaggio che scivola nella prevedibilità — restituisce uno spaccato vivido delle contraddizioni dell’Italia contemporanea. Al centro, il conflitto tra due visioni opposte del mondo: da un lato Efisio, pastore solitario e custode di una cultura millenaria; dall’altro Giacomo, imprenditore del Nord deciso a trasformare un tratto incontaminato di costa sarda in un resort di lusso.
È proprio questo scontro a dare forza narrativa al film, che affronta le tensioni tra progresso e conservazione, tra ambizione economica e memoria del territorio. La Sardegna diventa così più che un’ambientazione: è simbolo di un’Italia più ampia, chiamata a fare i conti con il rischio dell’uniformità culturale e della perdita delle proprie radici.
Milani invita a riflettere sull’importanza di mantenere il legame con la propria storia, sottolineando come il progresso, se disancorato da essa, possa apparire vuoto. La narrazione alterna con equilibrio momenti emotivi e registri più leggeri, mantenendo un tono accessibile ma mai superficiale. I personaggi, ben caratterizzati, contribuiscono a rendere universali i concetti trattati, in particolare quello della memoria, intesa come ricordo personale e patrimonio collettivo da difendere.
Le interpretazioni sono uno dei punti di forza del film. Giuseppe Ignazio Loi, al suo esordio, sorprende nei panni di Efisio Mulas: il suo sguardo silenzioso e la presenza fisica raccontano con autenticità il radicamento al territorio, senza mai cedere alla retorica. Diego Abatantuono, nel ruolo di Giacomo, offre un’interpretazione sfaccettata, equilibrando carisma e umanità in un personaggio che poteva facilmente ridursi a cliché.
Aldo Baglio convince come Mariano, capo cantiere incaricato di mediare tra le parti: il suo tono sobrio e la comicità sottile restituiscono l’umanità dell’uomo comune coinvolto in dinamiche più grandi di lui. Virginia Raffaele, nel ruolo della figlia di Efisio, Francesca, aggiunge intensità emotiva, incarnando il conflitto tra le origini e le opportunità offerte dal cambiamento. Infine, Geppi Cucciari, in una partecipazione speciale come la giudice Giovanna, porta sullo schermo una presenza misurata ma incisiva, capace di alleggerire i toni pur mantenendo la serietà della questione trattata.
Il rapporto tra Efisio e Giacomo diventa così metafora di un dialogo difficile ma necessario tra generazioni e visioni differenti. Le scelte individuali, sembra dirci Milani, non ricadono mai solo sul singolo, ma influenzano l’intera collettività e il suo futuro.
A rendere ancora più efficace il racconto contribuiscono la fotografia, capace di esaltare la forza paesaggistica e simbolica della Sardegna, e il montaggio, che accompagna con discrezione l’alternanza di toni, pur con qualche incertezza. La colonna sonora, infine, sostiene le emozioni senza mai essere invadente.
La vita va così è un film che, pur senza ambire a essere un’opera monumentale, riesce a offrire una riflessione sincera e attuale sul nostro presente. Un invito a non dimenticare che, nel correre verso il futuro, la direzione conta quanto il punto da cui si parte.
La Sardegna come specchio dell’Italia
Con La vita va così, Riccardo Milani offre quindi un’immagine veritiera, sfaccettata e realistica dell’Italia contemporanea, confermando la sua sensibilità nel bilanciare impegno sociale e intrattenimento, dimostrandosi attento a non perdere di vista il valore umano dietro i grandi temi trattati.
Il film, senza ambire a essere un capolavoro, si distingue così per la sua onestà e per un messaggio che evita la retorica facile, dal momento che il vero progresso non è mai separato dalle radici culturali e storiche da cui nasce, e Milani sottolinea proprio quanto sia necessario il dialogo tra generazioni diverse, con visioni spesso contrapposte, ma indispensabili per costruire un futuro condiviso.
In un’epoca segnata da rapide trasformazioni e incertezze, La vita va così si conferma un’opera che, grazie a una regia solida e a una sceneggiatura attenta, seppur con qualche limite, invita a riflettere sul delicato equilibrio tra tradizione e cambiamento attraverso uno sguardo umano.
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Emanuela Giuliani
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