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L’Arte della Gioia, la recensione della serie diretta da Valeria Golino

La recensione di L’Arte della Gioia, la serie diretta da Valeria Golino in esclusiva su Sky e NOW dal 28 febbraio.

La trasposizione di un romanzo, sia sul grande che sul piccolo schermo, è da sempre un’operazione complessa. Leggere, infatti, conduce la mente oltre i confini dell’immaginazione visiva ed emotiva, al fine di dare forma e colore ai luoghi e ai personaggi che popolano le pagine scritte. Non si può tuttavia negare che i rifacimenti cinematografici e televisivi tendano a limitare questo arricchimento e trasporto, catapultandoci all’interno di elaborazioni ed emozioni altrui.

Dalla disposizione del mobilio di una stanza ai dettagli del colore dei capelli, degli occhi, della costituzione fisica, dello sguardo e dell’atteggiamento dei vari personaggi: sono tutte chiavi di lettura personali, che inevitabilmente finiscono per scontrarsi con la visione e la caratterizzazione che ciascuno di noi ha costruito dentro di sé, una visione che raramente trova punti di contatto con quella altrui, tanto da rimanerne soddisfatti.

A questi ovvi contrasti e disappunti si aggiunge un’altrettanto inevitabile mancanza di fedeltà narrativa, dovuta non solo ai tempi ristretti imposti dal cinema e, in parte, dalla televisione, ma anche all’importanza soggettiva attribuita a tutti quei particolari e a quelle frasi presenti nel racconto. Dettagli capaci di fare la differenza, il cui peso determina spesso l’amaro e deludente sapore dell’insoddisfazione.

Ma queste sono solo alcune delle motivazioni che alimentano lo scetticismo, i dubbi e i timori che circondano un progetto di questo tipo. Insidie che Valeria Golino conosce molto bene e ha deciso di mettere da parte per affrontare con il coraggio che da sempre la contraddistingue la trasposizione de L’Arte della Gioia: il romanzo di formazione, erotico, politico e sentimentale che Goliarda Sapienza iniziò a scrivere nel 1967 e terminò il 21 ottobre 1976, con la prima parte pubblicata nel 1994 e l’edizione integrale postuma nel 1998.

Una miniserie in sei episodi, presentata in anteprima assoluta al 77° Festival di Cannes, distribuita nelle sale cinematografiche in due parti tra maggio e giugno 2024, e che dal 28 febbraio 2025 approderà in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

L’Arte della Gioia, l’imprevedibilità della vita

Concentrandosi sulla prima parte del labirintico romanzo, pubblicata – come detto – nel 1994, la serie prende avvio con la protagonista, Modesta, che da bambina vive in un paesino della Sicilia in completa povertà, insieme alla madre e alla sorella disabile, Tina.

Rimasta orfana in seguito a un incendio che le porta via la famiglia – scoppiato dopo il ritorno del padre biologico, che abusa di lei – la piccola viene accolta in un convento, dove cresce ricevendo un’educazione e un’istruzione, protetta dalla Madre Superiora Leonora (Jasmine Trinca).

Le attenzioni materne della religiosa, con il passare degli anni, si trasformano in ambigui gesti affettuosi e spingono Modesta, ormai divenuta una giovane donna, a tentare il suicidio per evitare di essere cacciata dal convento. La vicenda culmina con la misteriosa e drammatica morte della Madre Superiora, che nel testamento dispone il trasferimento della ragazza nel palazzo della propria nobile e benestante famiglia.

Nella sontuosa villa, Modesta coglie l’opportunità di garantirsi un futuro agiato, affermando progressivamente il proprio potere. Inizia dapprima una relazione con Beatrice (Alma Noce), figlia segreta di Leonora e nipote della Principessa Brandiforti (Valeria Bruni Tedeschi), per poi occuparsi direttamente degli affari di famiglia. Nell’imponente tenuta, Modesta scopre anche un modo diverso di amare rispetto a quello omosessuale, instaurando una relazione con Carmine (Guido Caprino), il gabellotto che gestisce le terre della principessa, e da cui rimane incinta.

Questo evento inaspettato offre a Modesta l’occasione per consolidare definitivamente la propria posizione. Con un’astuta manipolazione, riesce infatti a sposare Ippolito (Giovanni Bagnasco), figlio disabile della Principessa e unico erede dei Brandiforti, facendo passare il bambino come suo figlio legittimo. Una stabilità che, tuttavia, non placherà l’irrequieto desiderio di ricerca della giovane.

Qui L’INCONTRO STAMPA: L’Arte della Gioia: Valeria Golino presenta alla stampa la serie da lei diretta

L’Arte della Gioia, la fame di vita e felicità

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Autobiografia immaginaria, scritta per la maggior parte in prima persona, L’Arte della Gioia racconta la fame di vita e di intelligenza di Modesta, a partire dall’infanzia fino all’età matura, e del suo modo di viverla al di fuori dagli schemi, sconvolgendo, emozionando e commuovendo.

Una storia dall’estrema e articolata complessità, che definire “audace” sarebbe oltremodo riduttivo e, per alcuni aspetti, persino offensivo, così come lo sarebbe nei confronti della protagonista e dei personaggi che ruotano attorno a lei. Figure alle quali la Golino ha dato corpo, cuore e anima con meticolosa attenzione e maestria, scavando dentro di loro e portandone alla luce ogni viscerale sfumatura: pregi, difetti, paure e follie.

Un’intimità che trasuda da ogni inquadratura, gesto e sguardo, e che solo una donna dalla peculiare sensibilità come la Golino poteva catturare, supportata da un cast altrettanto magistrale, che non si limita a vestire il rispettivo ruolo, ma ne incarna la tortuosa psiche e l’animo logorato, fino a fondervisi completamente.

Tecla Insolia, Jasmine Trinca, Valeria Bruni Tedeschi, Guido Caprino, Alma Noce, Giovanni Bagnasco e Giuseppe Spada sono i protagonisti di un quadro che suscita crescente attenzione, curiosità e imprevedibile stupore. Un ritratto di affascinante e raffinata completezza, con scenografie e costumi impeccabili, e un’intensa atmosfera valorizzata magistralmente dalla fotografia di Fabio Cianchetti e dalla colonna sonora di Tóti Guðnason.

Un affresco che sa di violenza, riscatto, libertà, scoperta di sé, piacere, brama di vita, conoscenza, emancipazione, rispetto, ma anche di egoismo, in cui il “rubare la propria parte di gioia” penetra silenziosamente sotto la pelle. Un viaggio di ostinata crescita, maturazione personale e sessuale, conscia e inconscia, che attraversa le differenze culturali, il cambiamento e l’evoluzione del contesto circostante. Una società opprimente e patriarcale alla quale Modesta non si sottometterà né si adeguerà, continuando a perseguire le proprie regole di libertà.

Archetipi e tumulti interiori potenti, immorali, amorali, insani e morbosi, la cui chiara, netta e attraente logica rende ogni azione e reazione dell’oscura e indecifrabile protagonista stranamente giustificabile. Un agire che riflette un ammaliante percorso di disarmante anormalità, dove la soluzione più estrema pare essere l’unica arma per rivendicare il diritto al proprio piacere. Una rifrazione in cui tutto è il contrario di tutto, dove il sapere equivale al non vedere in virtù di un fragile e inspiegabile equilibrio, dove nessuno è come appare, e pochi riconoscono la vera essenza di sé stessi e degli altri.

L’Arte della Gioia è un’opera che non si può definire, racchiudere o confinare in determinate emozioni, ma si deve lasciare libera, permettendole di avvolgerci per assaporarne ogni brivido, sussulto, passo, lacrima e sorriso.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

8


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