immagine dracula di bram stoker

L’evoluzione del vampiro al cinema: icona, stile e cultura popolare

Un viaggio nel tempo tra trasformazioni del vampiro sul grande schermo, tra paure, desideri e icone che hanno segnato la storia del cinema.

Da creatura delle tenebre a simbolo di seduzione immortale, il mito del vampiro, nato dal folklore e alimentato dalla letteratura dell’Ottocento, ha attraversato la storia, trasformandosi nello specchio delle paure di ogni epoca e trovando nel grande schermo una casa fertile dove poter mutare, reinventarsi e adattarsi a nuove narrazioni.

Superando i confini dell’horror, questa figura è diventata protagonista di drammi psicologici, storie romantiche, thriller, commedie nere e persino saghe adolescenziali, assumendo i tratti del mostro, del ribelle, dell’amante, del dannato e del filosofo, e mantenendo sempre un fascino oscuro e ambivalente, capace di attrarre e inquietare.

Dalle origini oscure al fascino aristocratico

L’ingresso del vampiro nel cinema avviene in un momento di grande sperimentazione artistica, e Nosferatu di F.W. Murnau, del 1922, rappresenta una delle prime trasposizioni visive del mito. Questo film muto, ispirato al romanzo Dracula di Bram Stoker (ma prodotto senza autorizzazione ufficiale), introduce il Conte Orlok, interpretato da Max Schreck, che incarna un vampiro animalesco, scheletrico, dalle unghie affilate e dai movimenti innaturali: simbolo di morte, epidemie e decadenza. Le atmosfere oniriche, le luci taglienti e i giochi d’ombra, tipici dell’espressionismo tedesco, fanno di Nosferatu un’opera visivamente potente, in cui il vampiro rappresenta l’irrazionale che invade la realtà.

Negli anni ’30, con l’avvento del cinema sonoro e il consolidarsi di Hollywood come industria globale, il vampiro subisce una metamorfosi radicale. Nel 1931, con Dracula della Universal, interpretato da Bela Lugosi, nasce l’immagine iconica del vampiro elegante e aristocratico, che perde l’aspetto mostruoso e guadagna charme e sensualità. Lugosi, con il suo sguardo ipnotico e il portamento teatrale, crea un archetipo destinato a influenzare per decenni l’immaginario collettivo. Il vampiro diventa così l’emblema del diverso, dell’esotico e della trasgressione. La sua minaccia non è più solo fisica, ma anche erotica, mentale e psicologica: portatore di desideri proibiti e pulsioni represse, mette in crisi l’ordine sociale borghese.

Introspezione, umanità e nuove interpretazioni

Nel dopoguerra, il cinema horror inizia a riflettere sulle paure moderne: la scienza, l’alienazione, la perdita dell’identità. Il vampiro si adatta a nuove forme, diventando metafora delle angosce collettive. Tra gli anni ’50 e ’70, le produzioni britanniche della Hammer Film Productions rilanciano i grandi mostri classici, arricchendoli di colore, sangue e sensualità, con Christopher Lee che interpreta un Dracula energico, minaccioso, magnetico e più fisico, accentuando la tensione erotica e il conflitto tra religione e desiderio.

Negli anni ’70, il cinema si apre a narrazioni più introspettive, e Nosferatu: Phantom der Nacht (1979) di Werner Herzog non è solo un remake, ma una riflessione malinconica sulla morte, la malattia e l’ineluttabilità del tempo. Il vampiro di Klaus Kinski è tragico e affamato d’amore più che di sangue, simbolo della solitudine umana e dell’incapacità di amare.

Negli anni ’90, il mito viene riscoperto con uno sguardo nuovo. In Dracula di Bram Stoker (1992), Francis Ford Coppola restituisce al celebre personaggio letterario la sua dimensione più tragica e romantica. Visivamente ricco e teatrale, il film mescola orrore gotico e melodramma, raccontando un Dracula (interpretato da Gary Oldman) lacerato dalla perdita e spinto dall’ossessione amorosa. Attraverso un’estetica artigianale, fatta di effetti visivi tradizionali e scenografie suggestive, Coppola omaggia il cinema delle origini e trasforma la figura del vampiro in una metafora del desiderio eterno, della colpa e della condanna.

Due anni dopo, Intervista col vampiro (1994), tratto dal romanzo di Anne Rice, approfondisce ulteriormente l’anima del vampiro. Qui i non morti non sono più solo predatori, ma creature pensanti e tormentate. Louis (Brad Pitt) è un vampiro riluttante, in cerca di redenzione, mentre Lestat (Tom Cruise) rappresenta l’edonismo immortale e il rifiuto di ogni regola morale. Il film, visivamente sontuoso, riflette su immortalità, colpa e identità, consolidando il vampiro come figura drammatica e filosofica.

A distanza di oltre quarant’anni da Nosferatu di Murnau, nel 2024 il regista Robert Eggers reinterpreta l’icona con uno sguardo contemporaneo. Il suo Nosferatu è un’opera gotica e inquietante ambientata nell’Europa del XIX secolo, con Bill Skarsgård nei panni del Conte Orlok. L’estetica cupa, i ritmi ipnotici e una fotografia dominata da ombre rendono il film un omaggio all’espressionismo tedesco e, insieme, una riflessione sul desiderio, la malattia e l’ossessione. Eggers costruisce un vampiro perturbante, che incarna l’inconscio e le paure più profonde.

Il vampiro nella cultura pop contemporanea

Con l’inizio del XXI secolo, il vampiro viene rilanciato dalla cultura pop globale, e il suo volto si fa sempre più giovane, romantico, mainstream. Il successo planetario della saga Twilight (2008–2012), adattamento dei romanzi di Stephenie Meyer, rivoluziona completamente l’archetipo: Edward Cullen è un vampiro idealizzato, dolce, tormentato ma moralmente impeccabile. Il suo amore per Bella è casto e protettivo, quasi angelico. La narrazione si concentra sul conflitto tra passione e autocontrollo, tra desiderio e sacrificio. Il vampiro non è più una minaccia, ma un partner desiderabile, capace di amare per l’eternità.

Anche serie come The Vampire Diaries e True Blood offrono nuove variazioni sul tema: i vampiri diventano protagonisti di drammi esistenziali, intrighi politici, storie d’amore complesse. In queste narrazioni, spesso rivolte a un pubblico giovane, il vampiro è simbolo di ribellione, diversità e marginalità. Viene associato a temi come l’identità sessuale, la discriminazione, il bisogno di accettazione, e il genere si fonde con il teen drama, il thriller e il fantasy, dando vita a prodotti seriali di enorme successo commerciale.

Parallelamente, il cinema d’autore non abbandona il vampiro, ma ne esplora dimensioni più intime e complesse. Let the Right One In (2008) di Tomas Alfredson è un racconto delicato e disturbante sull’amicizia tra un ragazzino solitario e una vampira immortale, ambientato in un’algida periferia svedese. Il film affronta tematiche come la violenza, la solitudine e l’innocenza perduta, restituendo al mito una forte carica poetica e simbolica. Allo stesso modo, Only Lovers Left Alive (2013) di Jim Jarmusch offre una visione raffinata e decadente del vampiro: i protagonisti, due amanti immortali, osservano il mondo moderno con disincanto, riflettendo sulla bellezza, l’arte e la fine della civiltà. In questi film, il vampiro torna a essere un testimone silenzioso del tempo, un intellettuale malinconico che vive ai margini del mondo.

Nel nuovo millennio emergono anche opere che, pur muovendosi ai margini del genere vampirico tradizionale, ne reinterpretano i codici in modo innovativo, come nel caso di I Peccatori (Sinners, 2025), di Ryan Coogler con Michael B. Jordan in un doppio ruolo. Ambientato in una cittadina americana apparentemente tranquilla, il film mescola orrore psicologico, elementi religiosi e tensioni razziali, affrontando il concetto di “peccato” come maledizione ereditaria e ciclica. Anche se non si tratta di vampiri in senso stretto, la narrazione richiama le atmosfere gotiche del mito, con una figura mostruosa che rappresenta il peso della colpa e della memoria, capace di dialogare con l’immaginario da una nuova prospettiva.

Più tradizionalmente legato al mito è invece Dracula: A Love Tale (2025) di Luc Besson, che promette una rilettura romantica e tragica del personaggio. Interpretato da Caleb Landry Jones, il Dracula di Besson è una creatura lacerata dalla perdita e dalla memoria, divisa tra la dannazione e il bisogno d’amore. Ambientato tra la Transilvania del XV secolo e la Parigi della Belle Époque, il film si concentra sull’origine emotiva del vampiro, presentandolo come simbolo della condanna eterna al ricordo. Con un’estetica barocca e decadente, Dracula: A Love Tale si presenta come un melodramma gotico che esplora la sofferenza del desiderio immortale, tra immagini potenti e atmosfere sospese.

Un’icona che resiste al tempo

Oggi, il vampiro continua a essere una figura centrale dell’immaginario collettivo. La sua presenza si estende ben oltre il cinema: fumetti come Blade o Vampirella, videogiochi come Castlevania o Vampyr, serie animate, romanzi, performance musicali e sfilate di moda ne hanno fatto un’icona trasversale e adattabile. I tratti distintivi del vampiro — immortalità, attrazione, pericolo, diversità — si prestano a continue reinterpretazioni, che riflettono le contraddizioni del mondo contemporaneo.

La forza del vampiro sta nella sua ambivalenza: può vestire la paura del diverso o il desiderio di superare i limiti umani, può essere mostro o vittima, seduttore o escluso, mettendo in crisi i confini tra vita e morte, tra bene e male, tra umano e disumano. Il suo potere simbolico risiede proprio nella sua capacità di adattarsi, di mutare, di rinascere ogni volta con un volto nuovo, riflettendo le ossessioni di ogni epoca.

In definitiva, il vampiro non è solo un personaggio ricorrente nella storia del cinema: è una lente attraverso cui osservare le trasformazioni culturali, le evoluzioni del linguaggio visivo e i mutamenti dell’inconscio collettivo, e finché continuerà a incarnare le paure e i sogni dell’essere umano, continuerà a vivere — nel buio delle sale, nei pixel degli schermi, e soprattutto nella fantasia di chi guarda.

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Emanuela Giuliani


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