L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, la recensione: una favola moderna che funziona, ma non incanta

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, la recensione della favola moderna che funziona, ma non incanta di Sidney Sibilia.

Con L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, disponibile su Netflix dal 9 dicembre, il regista Sidney Sibilia porta sullo schermo una delle vicende più curiose e visionarie della storia italiana del secondo Novecento: la costruzione di un’isola artificiale nel mare Adriatico e la sua autoproclamazione come Stato indipendente. Una storia vera, poco conosciuta ma perfetta per il cinema, che unisce idealismo, ribellione, creatività e assurdità. Eppure, nonostante le premesse estremamente affascinanti, il film si rivela un’opera riuscita solo in parte, divertente ma non indimenticabile.

Protagonista è Giorgio Rosa, interpretato da un sempre solido Elio Germano, giovane ingegnere bolognese che nel 1968 decide di sfidare le regole e costruire uno Stato fuori dalle acque territoriali italiane, dove vige una sola legge: nessuna legge. In questa impresa lo affianca un gruppo di personaggi eccentrici e disillusi, uniti dal desiderio di libertà e da una comune insofferenza per l’ordine costituito. L’Isola delle Rose, però, attira ben presto l’attenzione del Governo italiano, trasformandosi da esperimento utopico a caso politico internazionale.

La regia di Sibilia, già apprezzato per la trilogia “Smetto quando voglio”, si muove con leggerezza, mantenendo un tono da commedia intelligente, con venature satiriche e un ritmo vivace. Il punto di forza principale del film è proprio l’originalità della storia e la capacità del regista di renderla accessibile, divertente e visivamente interessante. L’utilizzo delle infinity pool di Malta per costruire la piattaforma galleggiante, con il supporto degli effetti visivi e della scenografia firmata Tonino Zera, è uno degli elementi tecnici più riusciti, dando realismo a un progetto produttivamente ambizioso.

Tuttavia, il film non riesce sempre a trovare il giusto equilibrio tra intrattenimento e profondità. La scelta di un tono leggero e pop, se da un lato rende la visione piacevole, dall’altro rischia di sminuire la portata simbolica e politica della vicenda. La storia vera di Giorgio Rosa è una potente allegoria sulla disobbedienza civile e sull’utopia, ma nel film questi spunti restano in secondo piano, appena accennati. Il conflitto con lo Stato italiano, ad esempio, è ridotto a una serie di siparietti caricaturali che semplificano troppo il contesto storico e politico.

Anche i personaggi secondari, pur simpatici, appaiono tratteggiati con una certa superficialità. Il cast internazionale è ben assortito – da Matilda De Angelis, nei panni della determinata Gabriella, a Luca Zingaretti e Fabrizio Bentivoglio nei ruoli istituzionali – ma spesso i ruoli non vengono pienamente valorizzati. La stessa relazione tra Giorgio e Gabriella avrebbe meritato maggiore sviluppo emotivo: è chiaro che lei rappresenta un contrappeso razionale all’utopia di lui, ma il loro legame rimane un po’ freddo, raccontato più che vissuto.

Elio Germano, comunque, regge bene il film, conferendo a Rosa un carisma stralunato e una tenacia nerd che lo rendono credibile e umano. La sua interpretazione richiama volutamente le figure dei pionieri della Silicon Valley: visionari isolati, capaci di sognare ciò che ancora non esiste. È forse questa la lettura più interessante del film: non tanto un atto politico, ma un gesto creativo radicale, che rifiuta il mondo esistente per costruirne uno nuovo, anche se improbabile.

In definitiva, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è un film piacevole, ben confezionato e visivamente riuscito, che offre un intrattenimento intelligente e porta alla luce una storia italiana che meritava di essere raccontata. Tuttavia, manca quella profondità emotiva e quella forza narrativa che avrebbero potuto trasformarlo in un’opera davvero memorabile. Resta un film pienamente sufficiente, che incuriosisce e diverte, ma non riesce a spiccare il volo come il suo protagonista. Una storia unica nel suo genere, raccontata con garbo, ma che avrebbe potuto osare molto di più.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

6


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