La recensione de Lo Spietato, il film Netflix con protagonista Riccardo Scamarcio nei cinema l’8, il 9 e il 10 aprile con Nexo Digital.
In Lo Spietato, Riccardo Scamarcio si cala perfettamente nei panni di Santo Russo, un calabrese cresciuto nell’hinterland milanese che decide di farsi strada nel mondo della criminalità. Diretto da Renato De Maria, il film è ambientato tra gli anni ’60 e ’80, in una Milano che esplode di contrasti: ricca e viziosa, luccicante di moda, arte, disco music e soldi facili, ma anche nera di violenza, corruzione e potere criminale.
La storia segue l’ascesa criminale di Santo, un uomo ambizioso, affascinato dal lusso e desideroso di conquistare la città con ogni mezzo. La sua è una scalata a suon di traffici di droga, riciclaggio di denaro, rapimenti ed esecuzioni. Ma dietro alla ferocia del gangster si nasconde anche un’anima complessa, divisa tra due donne: la moglie Mariangela, remissiva ma devota, interpretata con delicatezza da Sara Serraiocco, e l’amante Annabelle, elegante e sfuggente, a cui dà volto la magnetica Maria-Ange Casta. Due presenze femminili che incarnano mondi opposti e che rivelano la doppia anima del protagonista: quella familiare e quella impulsiva, passionale, più vicina al desiderio di dominio.
Lo Spietato riesce a trovare un equilibrio originale tra il racconto criminale classico e la commedia grottesca. Il tono alterna momenti di brutale violenza ad altri di leggerezza ironica, creando un mix che tiene viva l’attenzione e che regala anche qualche risata amara. Il tutto è accompagnato da una colonna sonora frizzante e ben calibrata, curata da Riccardo Senigallia ed Emiliano Di Meo, che accompagna le scene con ritmo ed energia.
I colori dominanti della messa in scena – il giallo, il blu e il rosso – non sono scelti a caso: il giallo richiama la furbizia, il blu la potenza e il rosso la violenza. Ogni inquadratura è pensata per rafforzare il tono visionario del film, che non cerca il realismo crudo ma piuttosto una rappresentazione esagerata, quasi teatrale, del mondo del crimine. Un mondo dove conta più l’apparenza che la sostanza, e dove la scalata al potere è fatta di tradimenti, sangue e sogni infranti.
Renato De Maria ha spiegato come Lo Spietato sia nato da un lungo lavoro di ricerca e di passione. Il film prende spunto dal libro Manager Calibro 9 di Pietro Colaprico e Luca Fazzo, e si inserisce nella tradizione del cinema gangster, ispirandosi apertamente a capolavori come Goodfellas di Martin Scorsese, ma anche ai noir francesi e ai poliziotteschi italiani degli anni ’70. De Maria ha voluto costruire non solo un film sul crimine, ma anche un ritratto sociale di un’epoca, quella della Milano in trasformazione, quando la malavita passava dalla periferia al cuore economico della città.
Riccardo Scamarcio è il motore del film. La sua interpretazione di Santo Russo è intensa e carismatica. Riesce a essere duro e affascinante, ironico e spietato. Il personaggio è costruito con cura: ha l’arroganza e l’ambizione tipiche dei criminali, ma anche una vulnerabilità nascosta che lo rende umano. Scamarcio si muove con naturalezza tra scene di violenza e momenti più intimi, tenendo sempre il pubblico agganciato al suo percorso.
L’attore ha raccontato di essersi ispirato a personaggi che conosceva da bambino nella sua città natale, Andria, e che gli hanno permesso di entrare nel ruolo con autenticità. Il ritmo serrato delle riprese – solo sei settimane – ha contribuito a dare energia al film e ha messo in moto una dinamica positiva tra gli attori. Accanto a lui, funzionano bene anche Alessandro Tedeschi e Alessio Praticò nei ruoli degli amici fidati Mario Barbieri e Slim, che rappresentano le diverse facce della fedeltà e dell’ambizione nel mondo del crimine.
Lo Spietato è una gangster story che non vuole semplicemente raccontare la criminalità, ma riflettere sul fascino che essa esercita, soprattutto quando si mescola con il successo e l’apparenza. È un film visivamente curato, pieno di energia e atmosfera, che riesce a raccontare una storia di potere e caduta senza mai risultare pesante. La scelta di mescolare dramma e ironia è vincente, perché rende il tutto più accessibile e coinvolgente anche per chi non è amante del genere.
In definitiva, Lo Spietato è un film che intrattiene e allo stesso tempo racconta una parte della storia italiana poco esplorata al cinema. Un’opera che sa essere pulp senza diventare banale, con un protagonista che rimane impresso e una regia che dimostra passione e competenza. Se amate i gangster movie con un tocco di stile e ironia, questo è un titolo da non perdere.
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Emanuela Giuliani
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