immagine film e sceneggiatura lo squalo

Lo Squalo: la sceneggiatura del film di Steven Spielberg

Lo Squalo, la sceneggiatura completa del film cult del 1975 diretto da Steven Spielberg che ha terrorizzato milioni di generazioni.

È estate sulla tranquilla isola di Amity, una località balneare della costa americana, dove i residenti si preparano alla stagione turistica più affollata dell’anno. Le spiagge sono gremite, il mare è calmo e l’atmosfera è serena… fino a quando un misterioso attacco notturno cambia tutto. Il corpo di una giovane donna viene ritrovato mutilato, e presto il capo della polizia locale, Martin Brody, si rende conto che un pericolo letale si nasconde sotto la superficie: un gigantesco squalo bianco sta cacciando nelle acque dell’isola.

Mentre le autorità esitano a chiudere le spiagge per non compromettere gli incassi estivi, gli attacchi si moltiplicano. La tensione cresce, insieme alla paura collettiva. In un crescendo di determinazione e terrore, Brody si allea con il biologo marino Matt Hooper e con un ruvido cacciatore di squali, Quint, per affrontare la creatura in mare aperto. Inizia così un duello all’ultimo respiro tra l’uomo e la natura selvaggia.

Con Lo Squalo (Jaws, 1975), Steven Spielberg non solo ha terrorizzato generazioni di spettatori, ma ha anche riscritto le regole del thriller moderno, inaugurando di fatto l’era dei blockbuster estivi. Suspense impeccabile, una colonna sonora iconica e un nemico invisibile che incombe nell’ombra fanno del film un’esperienza ancora oggi insuperata.

Uno dei pilastri di questo successo è la sceneggiatura, tratta dal romanzo di Peter Benchley e adattata dallo stesso autore insieme a Carl Gottlieb, e che potete leggere qui: LO SQUALO. La struttura in tre atti segue uno schema classico, ma riesce a fondere con intelligenza e ritmo generi diversi, come l’horror, il dramma psicologico e l’avventura, mantenendo costante la tensione narrativa.

sceneggiatura lo squalo

L’inizio è quasi idilliaco: Amity è un luogo familiare, popolato da personaggi comuni e riconoscibili, ma l’attacco improvviso e brutale rompe l’equilibrio e introduce uno dei temi centrali del film: il pericolo può nascondersi dietro le apparenze più rassicuranti. Fin da subito, Brody emerge come il protagonista morale della storia, diviso tra il senso del dovere e le pressioni economiche e politiche che cercano di insabbiare il pericolo.

Il secondo atto è una lenta e inesorabile escalation: lo squalo si vede pochissimo, ma la sua presenza aleggia costante, minacciosa, e Spielberg, grazie anche all’indimenticabile colonna sonora di John Williams, sfrutta sapientemente l’invisibilità del predatore per amplificare l’ansia dello spettatore. Le minacce non si mostrano: si intuiscono, si sentono, si temono, e quella che era inizialmente una limitazione tecnica — il meccanismo dello squalo funzionava male — si trasforma in un elemento narrativo straordinariamente efficace.

Nel terzo atto, l’ambientazione cambia radicalmente: ci troviamo in mare aperto, a bordo della barca Orca, con i tre protagonisti. La narrazione si fa più intima e concentrata, quasi teatrale. I dialoghi si intensificano, i caratteri si scontrano e si definiscono con maggiore profondità, fino a toccare l’apice emotivo con il monologo di Quint sull’USS Indianapolis, un momento di altissima scrittura che rimane inciso nella memoria del cinema degli anni ’70. La lotta finale con lo squalo non è solo una sequenza d’azione, ma il simbolo di uno scontro primordiale tra la razionalità umana e le forze incontrollabili della natura.

La sceneggiatura di Lo Squalo conquista per la sua essenzialità, priva di fronzoli inutili, ma ricca di dialoghi memorabili e personaggi sfaccettati. Il ritmo è calibrato con cura, alternando momenti di tensione a pause emotive che danno respiro alla narrazione, ed è proprio questa solidità nella scrittura che consente al film di trascendere i confini del genere, elevando una storia di mostri marini a opera cinematografica di impatto culturale e universale.

Lo Squalo non è solo un thriller: è una riflessione sul terrore invisibile, sull’insicurezza dell’essere umano di fronte alla natura e sulla paura che si insinua anche nei luoghi più sicuri. A cinquant’anni dalla sua uscita, Jaws resta un esempio perfetto di come una sceneggiatura ben costruita possa trasformare un film di genere in un classico senza tempo.


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