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Macchine Mortali, la recensione dell’adattamento diretto da Christian Rivers

La recensione di Macchine Mortali, l’adattamento cinematografico diretto da Christian Rivers al cinema dal 13 dicembre.

Macchine Mortali, distribuito dalla Universal Pictures e diretto da Christian Rivers, arriva nelle sale cinematografiche il 13 dicembre 2018, adattando l’omonimo romanzo di Philip Reeve, pubblicato nel 2001. Questo film segna il debutto alla regia di Rivers, ma il suo progetto è fortemente influenzato dalla penna di Peter Jackson, che ne è anche produttore e sceneggiatore. Si tratta del primo capitolo di una quadrilogia che include anche i romanzi Freya delle Ande di Ghiaccio (2003), Infernal Devices (2005) e A Darkling Plain (2006).

La storia è ambientata in un futuro post-apocalittico, in un mondo devastato dalla Guerra dei Sessanta Minuti, che ha ridotto la Terra a una landa desolata. In questo scenario, le città si sono trasformate in gigantesche metropoli su ruote, dotate di avanzate tecnologie steampunk alimentate da energia a vapore. Le enormi città, alla ricerca di risorse, si muovono su un mondo in rovina, depredando le piccole città rimaste. In questo contesto, seguiamo Tom Natsworthy (Robert Sheehan), un giovane orfano che, dopo essere stato scaraventato fuori dalla città mobile di Londra, si ritrova a dover sopravvivere in un mondo ostile, insieme a Hester Shaw (Hera Hilmar), una giovane ribelle con cui svilupperà un legame che cambierà le loro vite e l’intero mondo.

Fin dalle prime scene, il film cattura lo spettatore con un impatto visivo innegabile, frutto di scenografie imponenti progettate da Dan Hennah. La fotografia di Simon Raby esalta l’atmosfera futuristica e distopica, mentre la colonna sonora, a cura di Junkie XL, incalza con ritmi avvolgenti che contribuiscono a intensificare l’esperienza visiva. I costumi di Kate Hawley, il trucco di Bob Buck e gli effetti speciali impeccabili completano l’impressionante impianto estetico del film, che riesce a coinvolgere inizialmente lo spettatore con il suo mondo ricco e affascinante.

Purtroppo, Macchine Mortali non riesce a mantenere questa promessa visiva e sensoriale nella narrazione. Nonostante l’ambientazione straordinaria e il potenziale delle sue complesse dinamiche politiche e sociali, il film manca di una solida costruzione narrativa. La trama sembra superficiale e non riesce a sfruttare appieno il vasto mondo creato da Reeve, limitando lo sviluppo dei personaggi e degli eventi. Le interazioni tra Tom e Hester, pur essendo al centro della storia, non raggiungono mai la profondità emotiva sperata, e i numerosi personaggi secondari, pur intriganti, non vengono adeguatamente sviluppati, restando figure sfocate che non contribuiscono significativamente alla trama.

Il film manca di una chiara identità, scivolando in un mélange di idee e suggestioni che non si amalgamano mai completamente in un’opera coerente. L’approccio narrativo sembra ridotto all’essenziale, non sfruttando le potenzialità del materiale originale, e l’effetto finale è quello di una storia che, pur avendo tutti gli ingredienti per diventare un grande racconto epico, non riesce a emergere in modo incisivo e originale.

In conclusione, Macchine Mortali è una visione che lascia un retrogusto deludente. Nonostante la sua atmosfera visivamente affascinante e l’indiscutibile impatto estetico, il film non riesce a costruire una trama avvincente e profonda, limitandosi a essere un interessante ma poco coinvolgente esperimento visivo. La promessa di un’avventura epica e immersiva si perde in una narrazione che non sfrutta appieno le potenzialità del materiale di partenza, lasciando il pubblico con la sensazione che un’opportunità sia stata mancata.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

5


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