Mank: la sceneggiatura del biopic in bianco e nero sul genio dietro “Quarto Potere”

Mank, la sceneggiatura completa del film biografico diretto da David Fincher e con protagonista Gary Oldman.

Approdato in alcune sale selezionate e distribuito su Netflix a partire dal 4 dicembre 2020, Mank è un biopic raffinato e ambizioso diretto da David Fincher, basato su una sceneggiatura scritta dal padre del regista, Jack Fincher, scomparso nel 2003. Il film è un omaggio al cinema classico di Hollywood e racconta la genesi di uno dei più grandi capolavori della storia del cinema: Quarto Potere (Citizen Kane), ponendo al centro della narrazione la figura dello sceneggiatore Herman J. Mankiewicz.

Girato interamente in uno splendido bianco e nero che rievoca il linguaggio visivo del cinema anni ’30 e ’40, Mank si concentra sul travagliato processo creativo della sceneggiatura del film di Orson Welles, evidenziando le tensioni relative alla paternità dell’opera. Mankiewicz, figura geniale quanto problematica, è interpretato magistralmente da Gary Oldman, che restituisce al pubblico un ritratto umano, ironico e malinconico dello sceneggiatore, mostrando le sue fragilità, il suo alcolismo e il suo spirito caustico.

La sceneggiatura di Jack Fincher, che grazie a grazie a Deadline, potete leggere qui: MANK,si sviluppa con struttura non lineare, alternando flashback e momenti presenti ambientati nel 1940, mentre Mank, costretto a letto a causa di un incidente, detta a una segretaria la sua versione della sceneggiatura di Citizen Kane. La storia si sviluppa così su due piani temporali: quello della stesura dello script e quello degli anni precedenti, in cui Mank intreccia relazioni con alcuni dei più potenti uomini dell’industria cinematografica e della politica americana. Tra questi spicca la controversa figura di William Randolph Hearst, magnate dell’editoria, la cui vita ispirò il personaggio di Charles Foster Kane.

 

Gary Oldman, Premio Oscar per L’ora più buia, ha raccontato in un’intervista le sue iniziali perplessità nell’affrontare il ruolo di Mankiewicz, soprattutto per la scelta di David Fincher di non usare make-up o effetti prostetici per farlo somigliare al vero Mank. “Ho pensato: ‘Oh, ca**o! Non ricordo neanche l’ultima volta che ho recitato al naturale. Non somiglio per niente a Mank’, ma alla fine ho capito che Dave aveva ragione. Senza trucco, senza artifici. Solo me stesso. E ho abbracciato il ruolo.”

Mank non è solo un omaggio al cinema d’autore, ma anche una riflessione sulle dinamiche di potere a Hollywood, sull’etica dell’autorialità e sul prezzo della libertà creativa in un sistema dominato da interessi politici ed economici. Una sceneggiatura brillante, visivamente elegante e storicamente densa, che conferma David Fincher come uno dei più coerenti autori del cinema contemporaneo.


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