Anni ’70 a Roma: Adelina Tattilo sfida moralismo e ruoli di genere trasformando Playmen in simbolo di libertà e provocazione.
Nella Roma degli anni ’70, una donna rompe tutte le regole: Adelina Tattilo, direttrice di Playmen, sfida la società, la Chiesa e i ruoli di genere imposti, trasformando una rivista erotica in uno strumento di provocazione e libertà.
Presentata in anteprima alla 20esima Festa del Cinema di Roma, Mrs Playmen, la nuova serie Netflix disponibile dal 12 novembre, racconta la sua storia attraverso una visione interessante, ma che non osa scavare in profondità all’interno di un contesto dominato da valori conservatori e da un forte rigore, ritraendo una figura femminile che conciliò fede e modernità, lottando apertamente per i diritti delle donne, il divorzio e l’aborto, in un periodo in cui la maggior parte delle donne era relegate al ruolo di madri e casalinghe.
In quegli anni, segnati da forti tensioni sociali e politiche, in cui la cosiddetta “Roma capitale dei movimenti” era il teatro di scontri tra gruppi radicali e forze dell’ordine, tra dibattiti sempre più accesi sui diritti civili e una società che iniziava a confrontarsi con la sessualità e le libertà individuali come questioni pubbliche. E in questo contesto Adelina, provata dall’abbandono del marito e dalle difficoltà economiche legate alla gestione della rivista, reinventò Playmen come una pubblicazione sofisticata, provocatoria e all’avanguardia.
Tra rivoluzione e patinatura
Con al centro tematiche ancora attuali quali la libertà sessuale, l’emancipazione femminile e la sfida a un sistema maschilista e moralismo, Mrs Playmen, oltre a raccontare il successo editoriale della rivista, mira a mostrare come Adelina Tattilo (interpretata da Carolina Crescentini) abbia trasformato una rivista di fotografia erotica in un simbolo di rivoluzione culturale, grazie ad articoli, servizi fotografici e iniziative editoriali che sfidano pregiudizi, censura e stereotipi sessuali.
Il contesto socio-culturale dell’epoca era complesso e contraddittorio: la rivoluzione sessuale internazionale, la diffusione della pillola contraccettiva e il dibattito sempre più acceso sui diritti delle donne si scontravano con l’opposizione della Chiesa, delle istituzioni e di gran parte dell’opinione pubblica, con le donne che, come Adelina, cercavano autonomia economica, libertà sessuale o riconoscimento professionale, si trovavano di fronte a giudizi severi, minacce e ostracismo sociale.
Un clima questo che la serie tuttavia non riesce a restituire con piena efficacia: alcune dinamiche sociali e politiche infatti restano solo accennate e non vengono sviluppate come avrebbero meritato, mantenendo un registro narrativo leggero e patinato. Movimenti politici e proteste di piazza, lotte femministe emergenti, discriminazioni sociali, omofobia e sessualità come tabù, che vengono così solo sfiorati, mentre l’omofobia e i pregiudizi sessuali compaiono attraverso dialoghi e piccoli eventi, restando sullo sfondo della trama principale, e offrendo una percezione parziale delle difficoltà reali di quegli anni. Anche il lato personale della protagonista – i suoi sentimenti, le delusioni familiari e il desiderio di affermazione – viene trattato superficialmente, rendendo la rappresentazione interessante ma priva di un coinvolgimento profondo.
Fascino visivo, personaggi trascurati
Diretta da Riccardo Donna con uno stile elegante e visivamente curato, Mrs Playmen riesce a ricreare in modo convincente la Roma degli anni ’70: dai locali della rivista ai quartieri cittadini, dalle scenografie ai costumi, ogni scena trasporta lo spettatore in un’epoca sospesa tra conformismo e rivoluzione culturale.
La sceneggiatura, firmata dall’head writer Mario Ruggeri insieme a Eleonora Cimpanelli, Chiara Laudani, Sergio Leszczynski e Alessandro Sermoneta, alterna momenti brillanti e ironici a sequenze più drammatiche. Tuttavia, corre verso il finale senza concedere pieno spazio ai personaggi secondari e ai conflitti sociali, che avrebbero potuto arricchire la storia. Alcune sottotrame – come la gestione della rivista, i rapporti con il team creativo e le tensioni con l’establishment – vengono solo accennate. Una maggiore attenzione ai collaboratori di Adelina, ai loro caratteri, aspirazioni e conflitti personali, avrebbe reso la dinamica del gruppo più viva e credibile, mostrando come la rivoluzione di Playmen non fosse solo frutto di una singola figura, ma di un lavoro collettivo segnato da entusiasmo, tensioni e compromessi.
Per quanto riguarda le interpretazioni, Carolina Crescentini trasmette carisma, determinazione e vulnerabilità, rendendo credibile il ritratto di una donna che sfida convenzioni, scandali e limiti imposti dalla società. Anche i ruoli di supporto – tra cui Filippo Nigro, Giuseppe Maggio, Domenico Diele (Andrea De Cesari), Francesco Colella (Saro Balsamo), Lidia Vitale (Lella) e Giampiero Judica (Don Rocco) – contribuiscono a restituire l’energia e la creatività di Playmen, offrendo momenti di leggerezza, ironia e provocazione, ma avrebbero meritato maggiore spazio per mostrare le loro sfumature personali e il loro contributo alla rivoluzione culturale della rivista.
Tra provocazione e emancipazione
Mrs Playmen è una serie curata e interpretata con convinzione, capace di raccontare la vita di una donna che ha avuto il coraggio di cambiare l’Italia degli anni ’70. Pur con qualche limite narrativo e tematico, la serie mette in luce la determinazione di Adelina Tattilo e il suo ruolo nella trasformazione culturale e sociale del Paese, offrendo un ritratto stimolante di un’epoca complessa, tra scandali, contraddizioni, movimenti femministi e cambiamenti culturali legati alla sessualità e alla libertà individuale.
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Emanuela Giuliani
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