La sceneggiatura completa di No Time To Die, il 25esimo capitolo dell’iconico franchise di James Bond e ultimo con Ddaniel Craig.
No Time to Die è il venticinquesimo capitolo ufficiale della saga cinematografica dedicata all’agente segreto britannico James Bond, un traguardo simbolico che coincide con un altro momento chiave nella storia del franchise: l’ultima interpretazione di Daniel Craig nel ruolo che ha rivoluzionato negli ultimi quindici anni. Diretto da Cary Joji Fukunaga, primo regista americano a dirigere un film di 007, il film rappresenta una chiusura epocale per una delle incarnazioni più intense, vulnerabili e fisicamente coinvolgenti del personaggio creato da Ian Fleming.
La lavorazione di No Time to Die ha subito diverse battute d’arresto, tra cui cambi di regia, revisioni della sceneggiatura e un rinvio significativo dell’uscita a causa della pandemia. Il risultato finale, tuttavia, si distingue per l’ambizione narrativa e per il coraggio di spingere la saga verso territori emotivi raramente esplorati in passato. La sceneggiatura, che potete leggere qui: NO TIME TO DIE, è il frutto della collaborazione tra veterani del franchise, Neal Purvis e Robert Wade, affiancati dal regista stesso e dalla sceneggiatrice e attrice Phoebe Waller-Bridge, autrice di Fleabag, chiamata a conferire al film uno sguardo più moderno, ironico e sfaccettato, soprattutto nei dialoghi e nella caratterizzazione dei personaggi femminili.
Il film si apre con un Bond ritirato dalla vita operativa, intento a godersi una fragile pace in compagnia della dottoressa Madeleine Swann (Léa Seydoux), conosciuta in Spectre. Ma come spesso accade nel mondo dell’agente 007, il passato non tarda a riemergere. Dopo un attentato che mina la sua fiducia e lo allontana ancora una volta da chi ama, Bond si trova costretto a tornare in azione per fronteggiare una nuova e inquietante minaccia: Lyutsifer Safin, interpretato da Rami Malek, un villain enigmatico e ossessionato dalla vendetta, in possesso di un’arma biotecnologica in grado di colpire geneticamente bersagli specifici.
L’intreccio, complesso ma ben calibrato, intreccia la consueta tensione globale con dinamiche profondamente personali. L’elemento umano è centrale: Bond non è più la figura invincibile e imperturbabile del passato, ma un uomo segnato dalle perdite, diviso tra il dovere e il desiderio di una vita normale. Questa nuova sfumatura trova eco anche nella costruzione dei personaggi secondari, tra cui spiccano la nuova agente 00, Nomi (Lashana Lynch), una collega abile e determinata, e l’agente della CIA Paloma, interpretata con energia e ironia da Ana de Armas, protagonista di una delle sequenze d’azione più memorabili del film.
Dal punto di vista registico, Fukunaga coniuga spettacolo e introspezione: le scene d’azione sono coreografate con precisione e dinamismo, ma non offuscano mai l’evoluzione dei personaggi. L’atmosfera alterna momenti di tensione pura a passaggi più intimi, sostenuti da una fotografia elegante e dalla colonna sonora di Hans Zimmer, che integra con rispetto i temi classici di Bond con nuove composizioni cariche di pathos.
No Time to Die non è solo la conclusione di una storyline iniziata con Casino Royale, ma anche un’opera che riflette sui limiti e sui costi dell’eroismo. Per la prima volta, Bond è mostrato in tutta la sua fragilità, spinto a fare scelte definitive e dolorose. Il film sfida le aspettative, soprattutto nel finale, offrendo un addio che è al tempo stesso commovente, controverso e straordinariamente umano.
Con questo capitolo, Daniel Craig lascia un’impronta indelebile nella storia del personaggio, ridefinendolo per una nuova generazione. No Time to Die è più di un film di spionaggio: è una riflessione sul tempo, sulla memoria e sull’identità, in un’epoca in cui anche gli eroi devono fare i conti con il cambiamento.