Pitch Perfect 3, la recensione: un finale sottotono

La recensione di Pitch Perfect 3, terzo capitolo del franchise diretto da Trich Sie tuttavia dal finale sottotono.

“Pitch Perfect 3”, diretto da Trish Sie, rappresenta il capitolo conclusivo della trilogia ispirata al libro di Mickey Rapkin, iniziata nel 2013 con “Pitch Perfect” di Jason Moore e proseguita nel 2015 con “Pitch Perfect 2”, diretto, prodotto e interpretato da Elizabeth Banks. La saga ha saputo conquistare il pubblico grazie alla sua combinazione di musica a cappella, umorismo e una forte componente legata all’amicizia tra le protagoniste, le Barden Bellas. Tuttavia, questa terza e ultima pellicola fatica a mantenere lo stesso livello qualitativo dei suoi predecessori, risultando un epilogo debole e poco incisivo.

Dopo aver raccontato le esilaranti avventure universitarie delle Bellas, che le hanno portate alla notorietà vincendo campionati nazionali e mondiali e persino esibendosi davanti al presidente Obama, “Pitch Perfect 3” si apre con una situazione ben diversa. Le protagoniste, ormai laureate, devono affrontare la dura realtà della vita adulta, dove le ambizioni e i sogni legati alla musica si scontrano con la difficoltà di trovare un impiego che possa garantire loro soddisfazione e stabilità. Beca (Anna Kendrick), leader naturale del gruppo, appare particolarmente disillusa, mentre le altre ragazze sono intrappolate in lavori mediocri e prive di una vita sentimentale appagante. Il senso di sconfitta è palpabile e spinge le Bellas a considerare una nuova opportunità per tornare sul palco.

A risollevare il morale arriva Aubrey (Anna Camp), che propone al gruppo di riunirsi per partecipare a un tour dedicato alle truppe americane, con esibizioni in diverse basi militari situate in Europa, toccando Francia, Spagna, Italia e persino l’Afghanistan. Il tour si configura come una vera e propria competizione con altre band, le quali, a differenza delle Bellas, si esibiscono con strumenti musicali veri e propri. In palio c’è la possibilità di aprire il concerto di DJ Khaled, un’opportunità che potrebbe ridare al gruppo quella visibilità ormai svanita. Nel frattempo, Ciccia Amy (Rebel Wilson) vive un momento personale intenso, ritrovando inaspettatamente il padre, un evento che aggiunge una sottotrama extra al film.

Nonostante le buone premesse, “Pitch Perfect 3” non riesce a raggiungere l’obiettivo di chiudere la saga in modo soddisfacente. La costruzione narrativa si rivela prevedibile e priva di guizzi creativi, con una sceneggiatura che si appoggia su schemi già visti senza offrire novità significative. L’umorismo, che nei primi due capitoli era uno dei punti di forza, appare stanco e privo di mordente, con gag ripetitive e un’ironia che raramente colpisce nel segno. Anche l’approfondimento dei personaggi risulta superficiale: le dinamiche relazionali tra le protagoniste, che in passato erano un pilastro del racconto, vengono qui trascurate o relegate a semplici cliché.

Un altro aspetto che penalizza il film è l’eccessivo affidamento su una struttura frammentaria e poco coesa, con troppe sottotrame che si sviluppano senza un filo conduttore ben definito. L’introduzione di elementi action e sequenze rocambolesche, legate alla storyline di Ciccia Amy e al suo rapporto con il padre, appaiono forzate e poco in linea con lo spirito originario della saga. La musica, elemento portante della trilogia, non riesce a brillare come nei capitoli precedenti, con performance meno incisive e una colonna sonora che non lascia il segno.

In definitiva, “Pitch Perfect 3” si configura come un finale sottotono per una saga che aveva conquistato il pubblico grazie alla sua freschezza e alla sintonia tra le protagoniste. Il film manca di quella magia e spontaneità che avevano reso i primi due capitoli così apprezzati, risultando un epilogo debole e privo di emozione. Pur offrendo qualche momento piacevole per i fan affezionati, non riesce a rendere giustizia alla storia delle Barden Bellas, lasciando un senso di insoddisfazione e nostalgia per ciò che avrebbe potuto essere ma non è stato.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

6


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