immagine film pretty woman

Pretty Woman: la commedia romantica che ha riscritto le regole del genere

Pretty Woman, la commedia romantica che ha riscritto le regole del genere con protagonisti Julia Roberts e Richard Gere.

Quando Pretty Woman uscì nel 1990, pochi immaginavano che avrebbe segnato una svolta nel cinema sentimentale, diretto da Garry Marshall, il film infatti unisce l’eleganza patinata della fiaba urbana con una sorprendente carica emotiva e una sottile riflessione sociale, e dietro la storia apparentemente semplice di un ricco uomo d’affari che si innamora di una giovane prostituta si cela un racconto di trasformazione, dignità e libertà personale. Il successo mondiale e l’affetto intergenerazionale che il film continua a raccogliere derivano proprio da questo equilibrio riuscito tra evasione e verità emotiva, tra sogno hollywoodiano e bisogno umano di riscatto.

Vivian e Edward: due solitudini che si incontrano e si trasformano

Il nucleo emotivo del film è rappresentato dall’incontro tra due personaggi lontanissimi per estrazione sociale, ma uniti da una profonda, seppur silenziosa, solitudine. Vivian Ward, interpretata da una magnetica Julia Roberts, è una donna che ha scelto di sopravvivere in un mondo duro, ma non ha mai smesso di credere nella propria dignità. Non è una Cenerentola ingenua, ma una figura consapevole, arguta, capace di affermare sé stessa pur nelle difficoltà, e il suo cambiamento estetico, spesso banalizzato, è solo la manifestazione esterna di un’evoluzione ben più significativa: Vivian riscopre il valore di essere trattata con rispetto, e soprattutto impara a pretenderlo.

Edward Lewis, incarnato da un elegante e misurato Richard Gere, è l’uomo di successo che ha smarrito il senso del contatto umano, abituato a comprare tutto, anche il tempo e l’attenzione altrui, l’incontro con Vivian lo costringe a mettersi in discussione. La sua trasformazione è meno appariscente, ma altrettanto profonda: da freddo calcolatore del business a uomo capace di empatia e vulnerabilità. Insieme, Vivian ed Edward non si salvano a vicenda: si rispecchiano, si mettono a nudo, e trovano il coraggio di cambiare attraverso l’altro, e la loro non è solo una storia d’amore, ma un viaggio reciproco verso l’autenticità.

Oltre la favola: il sogno americano visto da vicino

Pretty Woman si colloca nel solco del sogno americano, ma lo fa con uno sguardo ambiguo, tra adesione e critica. Da un lato, Vivian incarna l’idea che sia possibile reinventarsi; dall’altro, il film mostra senza ipocrisie che il cambiamento richiede più di buona volontà: serve accesso, serve credito sociale, serve denaro. Emblematica è la scena nel negozio di Rodeo Drive, dove Vivian viene trattata con disprezzo per il suo aspetto e la sua condizione, salvo poi essere osannata quando appare “trasformata”. È una rappresentazione precisa e ancora attuale di come le apparenze guidino l’inclusione o l’esclusione nei contesti sociali. La fiaba esiste, ma è attraversata da una consapevolezza adulta: chi parte svantaggiato, per farsi spazio, deve lottare anche contro un sistema che giudica prima ancora di ascoltare.

Una commedia che emoziona, diverte e fa pensare

Il grande merito del film è riuscire a parlare di temi complessi con il linguaggio della commedia, senza mai scadere nella superficialità. Garry Marshall orchestra una regia empatica, capace di dare ritmo alla narrazione senza rinunciare all’introspezione. L’ambientazione scintillante, la colonna sonora iconica, su tutte la celebre “Pretty Woman” di Roy Orbison, e le scene entrate nell’immaginario collettivo (la scatola dell’anello che si chiude, l’ascensore, l’opera) non sono solo decorazioni: sono strumenti che amplificano le emozioni dei protagonisti e rendono il racconto universale. È una commedia romantica, sì, ma con profondità: mostra che l’amore può essere una forza trasformativa, non una semplice fuga dalla realtà.

Un’eredità che attraversa generazioni

Con oltre 460 milioni di dollari di incasso globale, Pretty Woman fu un successo clamoroso ma più del trionfo economico, è la sua capacità di resistere nel tempo a renderlo un classico. Julia Roberts, con la sua interpretazione spontanea e luminosa, vinse un Golden Globe e fu candidata all’Oscar, diventando un’icona del cinema anni ’90. Il film ha ridefinito l’archetipo femminile nella commedia romantica, passando da donne in cerca d’amore a protagoniste attive del proprio destino, ha influenzato la moda, il costume, persino il linguaggio e tuttora viene citato, reinterpretato, trasposto a teatro, studiato nei corsi di cinema e gender studies diventando un punto di riferimento per chi cerca storie che parlano al cuore ma non rinunciano alla complessità.

Una visione femminile tra emancipazione e controversie

La rappresentazione femminile in Pretty Woman ha generato dibattiti e spunti di riflessione. Alcuni critici hanno accusato il film di romanticizzare la prostituzione e di perpetuare una dinamica di potere squilibrata. Ma ridurlo a questo sarebbe miope, Vivian non è una figura passiva, né un oggetto da salvare, è lei a dettare i limiti, a rifiutare l’ipocrisia del compromesso, a decidere come e se accettare l’amore e il film, in tal senso, anticipa una nuova idea di protagonista femminile: imperfetta, ma autonoma; vulnerabile, ma consapevole. È un racconto che, pur immerso nel suo tempo, offre strumenti per riflettere ancora oggi sulla rappresentazione delle donne al cinema.

Una storia ancora viva

A oltre trent’anni dalla sua uscita, Pretty Woman ha lasciato un’impronta duratura nell’immaginario collettivo. La sua forza non sta solo nella trama romantica, ma nella capacità di parlare, con leggerezza e sincerità, a emozioni universali come il desiderio di essere visti, accettati e amati per ciò che si è. È un film che emoziona e conforta, ma invita anche a riflettere: sull’identità, sul valore che ci riconosciamo, sul potere trasformativo delle relazioni e sulle disuguaglianze sociali e di genere ancora attuali.

Al centro della storia c’è un messaggio che resta sorprendentemente contemporaneo: il vero cambiamento nasce dall’incontro, dallo sguardo che non giudica ma riconosce. L’amore, in questa prospettiva, non è salvezza né dipendenza, ma opportunità. Opportunità di riscrivere la propria traiettoria, di scegliere consapevolmente, di rinascere.

Pretty Woman continua a essere citato, reinterpretato e riscoperto da nuove generazioni non perché offra risposte semplici, ma perché sa porre domande profonde con un linguaggio accessibile. In un’epoca in cui le relazioni sono spesso raccontate con cinismo o idealizzazione, il film riesce ancora a comunicare con autenticità, senza rinunciare alla magia.

Il suo finale, tanto iconico quanto discusso, non è la chiusura di una favola, ma l’inizio di una scelta condivisa. Un gesto che unisce due percorsi diversi nel desiderio comune di cambiare, ed è forse questo che rende Pretty Woman un classico senza tempo: la capacità di raccontare l’amore come uno spazio in cui si cresce, si evolve e si sceglie di restare.

©Riproduzione Riservata

Emanuela Giuliani


Pubblicato

in

da

Tag:

Articoli recenti