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Primavera: Fabio Massimo Capogrosso trasforma la musica nell’anima del film

Primavera, la magia della Venezia settecentesca raccontata attraverso la musica di Fabio Massimo Capogrosso.

Nei cinema dal 25 dicembre, Primavera è il nuovo film diretto da Damiano Michieletto, che ci porta nella Venezia del primo Settecento con una storia intensa e coinvolgente. Al centro c’è Cecilia (interpretata da Tecla Insolia), una giovane e talentuosa violinista dell’Ospedale della Pietà, la cui vita cambia profondamente quando incontra Antonio Vivaldi (interpretato da Michele Riondino), maestro e guida musicale che influenzerà il suo percorso personale e artistico. La presenza di Vivaldi nel film non è solo storica: il suo rapporto con Cecilia diventa un elemento chiave della trama, un ponte tra disciplina, talento e libertà creativa.

Qui l’Incontro Stampa: Primavera: Damiano Michieletto, Michele Riondino e Tecla Insolia presentano il film

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Ed è proprio la musica, uno dei veri punti di forza del film, a diventare protagonista. La colonna sonora è firmata da Fabio Massimo Capogrosso, uno dei compositori italiani più interessanti degli ultimi anni nel campo della musica per cinema, e unisce una scrittura orchestrale contemporanea a un forte legame con la tradizione classica. Per Capogrosso, la tradizione non è un modello da imitare rigidamente, ma una fonte viva di ispirazione, capace di emozionare anche il pubblico contemporaneo.

Questo approccio musicale trova in Primavera un terreno ideale. Ambientato nella Venezia del Settecento, con continui riferimenti a Vivaldi e all’Ospedale della Pietà, il film richiede una musica che dialoghi con il contesto storico. Capogrosso lo fa evitando qualsiasi tono “da museo”: la tradizione diventa il punto di partenza per una musica espressiva e coinvolgente, che accompagna le emozioni della trama. Suoni, melodie e strutture musicali evocano il barocco senza perdere il ritmo e l’intensità tipici della musica per il grande schermo.

Musica e narrazione: molto più di un accompagnamento

In Primavera, la musica diventa uno strumento narrativo fondamentale. Non si limita a sottolineare le immagini, ma segue e anticipa le emozioni dei personaggi. Per Cecilia, la partitura agisce come una voce interiore: attraverso le note emergono fragilità, desideri repressi e la creatività che la anima. Emozioni che spesso non necessitano di parole, perché è la musica a raccontarle.

Anche Vivaldi, nel ruolo di maestro e mentore, dialoga con Cecilia attraverso la musica, trasformando ogni incontro in un momento emotivo intenso. La sua figura non è solo storica, ma simbolica: rappresenta il legame tra rigore tecnico e libertà creativa, tra tradizione e innovazione, e la sua presenza musicale amplifica il percorso interiore della giovane protagonista.

Il confine tra musica “in scena” e musica “di commento” è sottile: le esecuzioni delle giovani musiciste dell’Ospedale della Pietà si fondono con la dimensione più intima della narrazione, creando un paesaggio sonoro unitario e carico di significato. La musica diventa lo spazio emotivo dei personaggi, rafforzando i silenzi, accompagnando l’attesa, suggerendo conflitti interiori e seguendo la crescita di Cecilia. Michieletto la usa come un elemento narrativo autonomo, al pari delle immagini e della recitazione, permettendo alla colonna sonora di crescere quasi come un vero e proprio personaggio.

Musica storica e composizioni originali

Un aspetto particolarmente affascinante della colonna sonora è l’incontro tra repertorio barocco e brani originali. Le esecuzioni dell’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice e dei Solisti Aquilani restituiscono l’autenticità del Settecento, mentre Capogrosso integra queste musiche nel racconto emotivo, creando un dialogo continuo con le sue composizioni originali.

I brani originali non imitano lo stile barocco, ma ne catturano l’essenza, trasformandola in materia espressiva per il cinema. A volte un’idea sonora richiama Vivaldi, altre volte un brano antico viene usato per esprimere sentimenti moderni, rafforzando il legame tra Cecilia, Vivaldi e il mondo musicale in cui vivono. Il risultato è un paesaggio sonoro ricco e stratificato, in cui passato e presente convivono senza fratture, e la Venezia barocca prende vita agli occhi dello spettatore.

Cecilia vive in un contesto dove la musica è disciplina, passione e libertà, ma anche limite, e Capogrosso traduce queste tensioni in un linguaggio musicale che evolve insieme a lei, facendola sentire dall’interno e trasformando la partitura in una dimensione esistenziale, non solo estetica. La musica aiuta a comprendere le regole rigide dell’Ospedale della Pietà, le aspirazioni artistiche e le inquietudini nascoste, esprimendo sia costrizione sia desiderio di libertà.

In questo senso, la colonna sonora è una parte dell’anima del film. Dà respiro alle immagini, amplifica le emozioni e permette di entrare profondamente nel mondo di Cecilia. In Primavera, la musica è uno dei pilastri fondamentali della narrazione, capace di influenzare e arricchire il significato dell’intera opera.

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Emanuela Giuliani


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