La recensione di:Quello che non so di lei, il nuovo film diretto da Roman Polanski con Emmanuelle Seigner.
“Quello che non so di lei” esplora il lato nascosto di ognuno di noi, quella parte inconscia che resta celata fino a quando non emerge assumendo le sembianze di un inquietante e affascinante alter ego. Un riflesso che incarna sicurezza e determinazione, qualità improvvisamente venute a mancare o forse mai davvero esistite.
Questo è l’aspetto umano che Roman Polanski analizza e approfondisce nella sua ultima pellicola, adattamento cinematografico del romanzo D’après une Histoire Vraie (Da una storia vera) di Delphine De Vigan.
Il film si sviluppa come un intenso percorso psicologico in cui realtà e finzione si fondono, dando vita a un vissuto inusuale che porta alla luce timori, debolezze e fragilità comuni, facilmente riscontrabili nell’animo umano, non solo femminile.
Delphine, interpretata da Emmanuelle Seigner, compagna di vita di Polanski, si trova costretta ad affrontare un duro confronto con se stessa e i propri demoni. Il suo smarrimento nasce dal classico blocco creativo, aggravato dalla pressione delle alte aspettative per il suo nuovo romanzo, che segue il grande successo del precedente. Al centro della sua opera si trovano i conflitti familiari, in particolare il difficile rapporto con la madre.
Già provata, sia fisicamente che psicologicamente, dalle pesanti accuse di aver strumentalizzato le proprie sofferenze, Delphine precipita in una crisi profonda. È in questo momento di fragilità che appare Leila, una sensuale e ambigua Eva Green, che sembra incarnare una risposta involontaria alla sua tacita richiesta d’aiuto. Con prepotente discrezione, Leila entra nella vita della scrittrice, instaurando con lei un’amicizia morbosa, al limite dell’ossessione. Un legame avvolto in un intrigante velo di tensione psicologica, in cui però l’elemento thriller risulta poco incisivo.
“Quello che non so di lei” è un film che, pur senza riuscire a coinvolgere e affascinare completamente a causa della prevedibilità dello sviluppo narrativo e dei dialoghi, mantiene viva l’attenzione grazie a una moderata dose di mistero e suspense. Evitando eccessi stilistici, Polanski confeziona un’opera che, pur non brillando per originalità, risulta complessivamente piacevole e soddisfacente.
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Emanuela Giuliani
Il Voto della Redazione: