Rapiniamo il Duce, la recensione: Tra Storia e Follia, un Colpo Impossibile che Non Decolla

La recensione del film diretto da Renato De Maria: Rapiniamo il Duce, in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.

Il 27 aprile 1945, la colonna tedesca in fuga verso la Svizzera viene fermata a Dongo dai partigiani, ma con essa non ci sono solo le famiglie dei gerarchi della RSI. Ci sono anche milioni di lire, oro, gioielli e preziosi, tutto stipato in camion e auto. Il celebre episodio, conosciuto come il “Tesoro di Dongo”, fa da sfondo al nuovo film targato Netflix, Rapiniamo il Duce, diretto da Renato De Maria, presentato in anteprima alla 17ª Festa del Cinema di Roma e in uscita sulla piattaforma il prossimo 26 ottobre.

Il regista, forte della sua esperienza pregressa con il documentario Italian Gangsters del 2017, si lancia in una storia che mescola il genere della rapina con l’epica degli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale. Il film, scritto da De Maria, Federico Gnesini e Valentina Strada, prende spunto dalla leggenda del tesoro nascosto da Mussolini a Milano e narra le gesta di un gruppo di rapinatori improvvisati che, tra caos e miseria, vedono nell’occasione di rubare il “tesoro del Duce” l’opportunità della vita.

Il progetto si sviluppa in un mix di generi, dall’avventura alla commedia, ma soprattutto nel tentativo di ricreare una storia che intrighi con una narrazione dai toni forti e decisi, ma al contempo giocosi. La scelta della colonna sonora, tra cui brani significativi come Se Bruciasse la Città di Massimo Ranieri e Tutto Nero di Caterina Caselli (cover di Paint It Black dei Rolling Stones), contribuisce a definire l’atmosfera nostalgica ma anche ironica del racconto. La musica diventa un elemento chiave per il regista, che mescola il passato con una visione moderna, ma soprattutto per dar vita a un film che sa sorprendere lo spettatore con la sua autenticità stilistica.

La trama ci porta a Milano, nell’aprile del 1945, dove la città è ridotta a macerie e il mercato nero regna sovrano. Isola (Pietro Castellitto), un rapinatore di mezza tacca, e la sua compagna Yvonne (Matilda De Angelis), cantante del Cabiria, si trovano coinvolti in un piano folle per mettere le mani sul tesoro di Mussolini, nascosto proprio nella “Zona Nera”. Ma a complicare le cose ci sono anche i nazi-fascisti, tra cui Borsalino (Filippo Timi), un gerarca spietato che fa di tutto pur di ottenere il cuore di Yvonne. Il colpo si trasforma così in una corsa contro il tempo, tra inganni e tradimenti.

L’intero cast si inserisce bene in un quadro corale, con performance riuscite e ben calibrate. Castellitto, nei panni di Isola, è l’anima del film: la sua interpretazione dà vita a un personaggio sfaccettato, segnato dal cinismo della guerra, ma anche dal desiderio di redenzione. Matilda De Angelis, che interpreta Yvonne, riesce a dare corpo a una figura complessa, capace di abbracciare contraddizioni: è l’amante del fascista Borsalino, ma anche la compagna di Isola, una donna che lotta per la propria libertà. Filippo Timi, con il suo Borsalino, costruisce un cattivo a metà strada tra il villain da film di James Bond e una figura tragica, ma sempre affascinante nella sua follia.

Tuttavia, nonostante la cura nei dettagli e una regia visivamente interessante, il film non riesce completamente a decollare. De Maria costruisce una storia corale e ironica, ma la narrazione si ferma spesso su dinamiche prevedibili e dialoghi che non sempre sorprendono. I personaggi, pur ben interpretati, mancano di una definizione netta, mentre la trama, pur avvincente nei suoi spunti, risulta in alcuni momenti un po’ scolastica e troppo prevedibile, senza il giusto mordente per tenere il pubblico completamente coinvolto.

Rapiniamo il Duce è un film che mescola con disinvoltura generi e linguaggi diversi, dal fumetto alla commedia, eppure non riesce a trovare una sua vera e propria identità. Le scelte stilistiche sono indubbiamente audaci, ma il risultato finale lascia un senso di incompiutezza, in cui le potenzialità della storia e dei personaggi non vengono completamente sfruttate.

In conclusione, Rapiniamo il Duce è un film che ha il merito di voler essere audace e divertente, ma che, nel suo voler strizzare l’occhio a Tarantino e ad altri maestri del cinema d’autore, si perde talvolta in una narrazione troppo scontata e in personaggi che, pur ben interpretati, non emergono completamente. Un buon intrattenimento, ma che lascia ancora qualcosa da desiderare sul piano della profondità e dell’originalità.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

6


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