La recensione di: Resta con me, film di Baltasar Kormakur, un viaggio tra amore, sopravvivenza e resilienza.
Il regista Baltasar Kormákur, con “Resta con me”, porta sul grande schermo la vera e drammatica esperienza vissuta da Tami Oldham Ashcraft, allora ventiquattrenne, e Richard Sharp, di otto anni più grande. I due giovani, spinti dalla passione per l’avventura e dal desiderio di esplorare il mondo, si innamorano a prima vista e decidono di intraprendere un viaggio in mare aperto. Tuttavia, pochi giorni dopo essere salpati dal porto di Tahiti, sotto un cielo stellato, si trovano ad affrontare un uragano di proporzioni devastanti nel cuore dell’Oceano Pacifico. Lontani da qualsiasi contatto con la terraferma e con risorse limitate, la loro unica arma di salvezza è il proprio spirito di sopravvivenza e la capacità di adattarsi a condizioni estreme.
La pellicola racconta la lotta fisica e psicologica affrontata dai protagonisti, interpretati da Shailene Woodley e Sam Claflin. In particolare, il film si concentra su Tami, la cui incredibile resilienza emerge in modo preponderante nel corso della narrazione. Dopo il naufragio, infatti, si trova sola su un’imbarcazione distrutta, costretta a prendersi cura di Richard, gravemente ferito, e a trovare un modo per tornare a casa. La storia si sviluppa alternando momenti di disperazione a piccoli atti di coraggio e ingegno, mettendo in luce la forza interiore della protagonista, che riesce a trasformare la tragedia in una prova di resistenza straordinaria.
Il film è tratto dall’omonimo libro autobiografico scritto dieci anni dopo la tragedia dalla stessa Tami, in collaborazione con Susea McGearhart, un lavoro che ha richiesto quattro anni per essere completato. Il libro racconta con dovizia di particolari la sua esperienza dal naufragio alla salvezza, includendo descrizioni dettagliate delle emozioni, delle sfide fisiche e mentali affrontate e della lotta quotidiana per sopravvivere. Nel film, questa dimensione interiore emerge grazie alla convincente interpretazione di Shailene Woodley, che riesce a trasmettere con intensità la paura, la determinazione e la speranza della protagonista.
Le riprese del film, svoltesi in 49 giorni principalmente nelle Fiji, con alcune settimane in studio in Nuova Zelanda, mirano a restituire la crudezza della realtà vissuta dai protagonisti. L’ambientazione è suggestiva e ben curata, con panorami mozzafiato e riprese immersive che rendono palpabile l’isolamento della protagonista. La colonna sonora accompagna con discrezione la narrazione, enfatizzando i momenti più emotivi senza risultare invadente.
Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, la pellicola risente di una narrazione talvolta confusionaria e di un ritmo lento. L’uso frequente dei flashback, che intrecciano i momenti romantici e passionali della coppia con la tragedia presente, finisce per smorzare la tensione drammatica, penalizzando il coinvolgimento emotivo dello spettatore. Il risultato è un racconto che, pur partendo da una storia straordinaria, scivola in una rappresentazione dal tono eccessivamente melenso, a tratti prevedibile, deludendo le aspettative di chi si aspetta un dramma più intenso e coinvolgente.
In definitiva, “Resta con me” è un film che alterna momenti di grande impatto visivo a scelte narrative meno efficaci. Se da un lato la storia di Tami e Richard è di per sé toccante e potente, dall’altro la regia e la sceneggiatura non riescono sempre a valorizzarne appieno l’intensità emotiva. Rimane comunque un’esperienza cinematografica interessante, soprattutto per chi ama le storie di sopravvivenza e resilienza, ma con una maggiore attenzione alla struttura narrativa avrebbe potuto essere ancora più incisivo e coinvolgente.
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Emanuela Giuliani
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