La recensione di Se son rose, il nuovo film diretto e interpretato da Leonardo Pieraccioni nei cinema dal 29 novembre.
Con Se son rose…, Leonardo Pieraccioni torna al cinema proponendo una commedia romantica dal tono nostalgico e leggermente autoironico. Al centro del racconto troviamo Leonardo Giustini, giornalista specializzato in tecnologia, ma piuttosto arretrato quando si tratta di sentimenti. Separato e padre di una figlia adolescente, Yolanda, Leonardo si è ormai rifugiato in relazioni superficiali e prive di vero coinvolgimento.
Sarà proprio la figlia, stanca di vedere il padre galleggiare in un eterno disimpegno emotivo, a innescare la miccia del racconto. Dopo avergli chiesto perché nessuna delle sue ex – compresa la madre – sia andata davvero bene, prende in mano la situazione e invia alle donne del passato di Leonardo un messaggio tanto semplice quanto destabilizzante: “Sono cambiato. Riproviamoci!”
La risposta non tarda ad arrivare: alcune delle ex accettano di incontrarlo di nuovo, dando il via a un viaggio sentimentale che mescola ricordi, rimpianti e piccoli bilanci di vita. Leonardo si ritrova così faccia a faccia con le ragioni per cui le sue storie sono finite: noia, gelosia, incomprensioni, cambiamenti di percorso. Ogni donna rappresenta un frammento della sua vita passata e, in un certo senso, una lezione che lui non ha mai davvero imparato.
Il film si sviluppa attraverso una struttura episodica, in cui ogni incontro ha il sapore di una piccola storia a sé. A rendere più vivace la narrazione è un cast femminile ricco e variegato, composto da attrici come Claudia Pandolfi, Gabriella Pession, Michela Andreozzi, Elena Cucci, Caterina Murino, Antonia Truppo e la giovane Mariasole Pollio, nei panni della figlia. Ciascuna di loro porta in scena una personalità diversa, e sebbene non tutte le dinamiche siano approfondite con la stessa efficacia, si percepisce una buona intesa corale e una certa cura nella caratterizzazione dei personaggi.
La comicità, marchio di fabbrica di Pieraccioni, è presente ma meno brillante rispetto ad altri suoi lavori. Molte battute si appoggiano su stereotipi ormai un po’ logori e su situazioni già viste. L’umorismo funziona in alcuni momenti, ma in altri appare stanco, quasi scolorito. La leggerezza c’è, ma non sempre riesce a nascondere la sensazione di déjà vu.
Dal punto di vista tecnico, la regia è semplice, senza particolari guizzi visivi. La fotografia, calda e rassicurante, accompagna bene l’atmosfera generale del film, ambientato tra paesaggi familiari e contesti quotidiani. Anche la colonna sonora si inserisce con discrezione, senza mai rubare la scena.
Pieraccioni, in più occasioni, ha definito questa storia come parzialmente autobiografica, ed effettivamente il film sembra più una riflessione personale, un diario sentimentale leggero, che una vera commedia corale. Il personaggio principale riflette su una vita amorosa fatta di tentativi falliti, di amori mai del tutto chiusi e di errori ripetuti. Ma lo fa con un tono bonario, senza colpevolizzarsi troppo, mantenendo quell’aria disincantata e vagamente autoassolutoria che caratterizza da sempre il suo stile.
Nel complesso, Se son rose… è un film che si lascia guardare, ma che difficilmente lascia il segno. Intrattiene senza infastidire, ma non emoziona davvero. È una commedia che parla d’amore con tenerezza, ma senza il coraggio di andare fino in fondo. Una pellicola sufficiente, che farà sorridere chi ha amato il Pieraccioni degli esordi, ma che rischia di sembrare fuori tempo per chi cerca una narrazione più moderna o profonda sulle relazioni e sull’identità affettiva.
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Emanuela Giuliani
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