Il film Parenti serpenti: trama, personaggi, temi e stile di Monicelli in una riflessione amara sulla famiglia e sull’ipocrisia.
Dietro una tavola imbandita, tra risate, auguri e tradizioni natalizie, può nascondersi il lato più oscuro dei rapporti familiari, ed è proprio da questa apparente normalità che prende avvio Parenti serpenti, il film diretto da Mario Monicelli nel 1992, una delle opere più dure e provocatorie della commedia italiana del secondo Novecento.
Ambientato in un piccolo paese abruzzese durante le festività natalizie, il film utilizza un contesto familiare apparentemente sereno per smascherare le contraddizioni profonde della società contemporanea. Monicelli, attraverso un linguaggio semplice e realistico, costruisce una narrazione che parte dal sorriso e conduce lentamente lo spettatore verso un finale amaro e sconvolgente, usando quella famiglia come simbolo di un’intera comunità e, più in generale, di un’Italia che ha progressivamente perso il senso della solidarietà e del rispetto verso i più deboli.
Dal pranzo di Natale alla rottura degli equilibri familiari
La vicenda si svolge interamente nell’arco di una giornata, il giorno di Natale, e ha come protagonisti Saverio e Trieste, due anziani coniugi che vivono da soli in una grande casa ormai troppo silenziosa, che con l’arrivo dei figli, dei generi, delle nuore e dei nipoti si trasforma in un luogo rumoroso e apparentemente pieno di vita. I dialoghi iniziali sono leggeri, caratterizzati da battute, ricordi del passato e tradizioni familiari che sembrano rafforzare l’idea di un nucleo unito, tuttavia, questa armonia è solo superficiale e quando i due anziani esprimono il desiderio di non restare più soli e chiedono di essere accolti da uno dei figli, la situazione cambia radicalmente.
Le reazioni dei familiari rivelano così insofferenza, nervosismo e un rifiuto mascherato da giustificazioni pratiche, e la richiesta dei genitori diventa il detonatore che fa emergere rancori, paure e, soprattutto, un profondo egoismo, con il finale, improvviso e crudele, che rompe definitivamente l’equilibrio narrativo e trasforma la commedia in una tragedia morale, lasciando lo spettatore senza punti di riferimento.
Generazioni a confronto tra dovere e convenienza
I personaggi di Parenti Serpenti sono costruiti da Monicelli con grande attenzione al realismo psicologico e sociale. Saverio e Trieste incarnano una generazione cresciuta in un’idea di famiglia come luogo di protezione e continuità, in cui la convivenza tra genitori e figli è considerata naturale e quasi obbligatoria. La loro richiesta di non restare soli non è mai imposta con durezza, ma nasce da un bisogno autentico, legato alla fragilità della vecchiaia e alla paura dell’abbandono. Essi appaiono ingenui non perché siano privi di intelligenza, ma perché non riescono a immaginare che i figli possano rifiutare un dovere che per loro è scontato. In questo senso rappresentano una forma di fiducia ormai anacronistica, destinata a scontrarsi con una realtà profondamente cambiata.
I figli, invece, sono il vero fulcro drammatico del film, apparentemente affettuosi, educati e rispettabili, mostrano una disponibilità che si rivela presto solo formale. Monicelli li ritrae come individui perfettamente integrati nella società moderna, attenti al lavoro, al comfort e alla propria autonomia, ma incapaci di sostenere un impegno emotivo duraturo. La loro reazione alla richiesta dei genitori non è apertamente crudele, bensì caratterizzata da giustificazioni razionali, problemi pratici e scuse che servono a mascherare un rifiuto profondo. Questo atteggiamento li rende ancora più inquietanti, perché il loro egoismo non si manifesta in modo esplicito, ma attraverso una normalità che lo rende socialmente accettabile.
Anche i nipoti, pur restando spesso sullo sfondo, assumono un significato importante. Attraverso i loro comportamenti e le loro battute, il film suggerisce come l’egoismo e la mancanza di empatia vengano interiorizzati fin dall’infanzia, non come insegnamenti diretti, ma come modelli di comportamento osservati. In questo modo Monicelli allarga il discorso oltre la singola famiglia, mostrando una dinamica destinata a ripetersi nel tempo. I personaggi, nel loro insieme, risultano estremamente credibili proprio perché non sono caricature, ma ritratti fedeli di atteggiamenti comuni, facilmente riconoscibili nella vita quotidiana dello spettatore.
Ipocrisia, egoismo e crisi dei valori familiari
Il tema dominante del film è l’ipocrisia che si annida nei rapporti familiari. Monicelli smonta l’immagine idealizzata della famiglia come rifugio sicuro e luogo di amore incondizionato, mostrando come essa possa trasformarsi in uno spazio di conflitto e falsità nel momento in cui vengono messi in gioco interessi concreti. I legami di sangue, nel film, non garantiscono solidarietà, ma diventano spesso una giustificazione per pretendere affetto senza essere disposti a offrirlo realmente.
Strettamente legato a questo tema è quello dell’egoismo, che emerge con forza quando ai personaggi viene richiesto un sacrificio reale. Finché il rapporto con i genitori rimane superficiale e limitato a momenti rituali, come il pranzo di Natale, esso è facilmente sostenibile. Quando invece implica una rinuncia alla propria comodità, l’affetto si dissolve e lascia spazio a una logica di convenienza, permettendo al film di offrire una riflessione amara sulla trasformazione dei valori sociali, in cui il benessere individuale prevale su qualsiasi responsabilità collettiva.
La condizione degli anziani assume un valore simbolico centrale. Saverio e Trieste non rappresentano solo due persone in difficoltà, ma un’intera categoria sociale progressivamente emarginata. La loro inutilità non è reale, ma percepita, e deriva da una società che misura il valore dell’individuo esclusivamente in base alla produttività. Il Natale, infine, diventa uno strumento narrativo fondamentale: una festa che dovrebbe incarnare i valori della condivisione e della solidarietà viene svuotata del suo significato autentico e ridotta a una rappresentazione formale. Monicelli utilizza questa ricorrenza proprio per evidenziare il divario tra ciò che la società celebra simbolicamente e ciò che avviene realmente nei rapporti umani.
La commedia che diventa denuncia
Lo stile cinematografico di Parenti Serpenti è essenziale e privo di abbellimenti, coerente con la volontà di Monicelli di raccontare una storia dura senza filtri emotivi. Le ambientazioni domestiche, semplici e familiari, contribuiscono a creare un senso di intimità che rende ancora più inquietante la progressiva frattura dei rapporti. I dialoghi sono costruiti in modo estremamente realistico, spesso frammentati e sovrapposti, come nelle vere conversazioni familiari, e trasmettono un senso di confusione e tensione latente.
La comicità iniziale ha una funzione precisa: rassicurare lo spettatore, immergerlo in una situazione apparentemente normale e riconoscibile. Questo rende la svolta drammatica ancora più efficace, perché non avviene in un contesto eccezionale, ma all’interno di una quotidianità banale. Con il procedere del film, l’umorismo si fa sempre più amaro, fino quasi a scomparire, lasciando spazio a un clima di disagio e inquietudine.
Monicelli rifiuta consapevolmente il sentimentalismo e qualsiasi forma di giudizio esplicito. La regia non suggerisce come lo spettatore debba sentirsi, ma si limita a mostrare i fatti con crudezza, affidando al pubblico il compito di interpretarli. Il titolo stesso, Parenti Serpenti, sintetizza perfettamente questa scelta stilistica: una definizione dura, ma estremamente efficace, che anticipa il senso di tradimento e veleno nascosto dietro l’apparente normalità dei rapporti familiari.
Un ritratto amaro della famiglia contemporanea
Il messaggio di Parenti Serpenti è profondamente pessimista, ma anche estremamente lucido. Monicelli sembra suggerire che i legami di sangue non bastano a garantire solidarietà e rispetto e che la società moderna ha progressivamente sostituito i valori comunitari con il culto del benessere individuale. Il finale, volutamente scioccante, non offre alcuna possibilità di redenzione e rifiuta ogni consolazione morale, per questo motivo il film continua a essere attuale: costringe lo spettatore a confrontarsi con una verità scomoda e a interrogarsi sul proprio comportamento nei confronti della famiglia e degli anziani.
Parenti serpenti è un’opera coraggiosa e disturbante, che utilizza la commedia come strumento di denuncia sociale. Attraverso una storia semplice e quotidiana, Monicelli realizza un ritratto spietato della famiglia contemporanea e, più in generale, di una società incapace di prendersi cura dei suoi membri più fragili. È un film che non cerca di piacere, ma di far riflettere, lasciando un segno profondo nello spettatore anche molto tempo dopo la visione.
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Emanuela Giuliani






