La recensione di Thanksgiving, l’horror slasher di Eli Roth nei cinema italiani dal 16 novembre con Eagle Pictures.
A distanza di 16 anni dal fake trailer realizzato nel 2007 per il film Grindhouse di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, Eli Roth esaudisce il proprio desiderio di dare vita a un film ispirato proprio al video, e arriva nelle sale cinematografiche italiane il 16 novembre, distribuito da Eagle Pictures, con: Thanksgiving.
Thanksgiving, uno slasher che affetta il black fridey
Scritto a quattro mani con Jeff Rander, Thanksgiving segna il ritorno di Eli Roth al genere che più lo rappresenta: lo slasher puro, crudo e senza compromessi. Volto noto ai fan di Tarantino per il ruolo dell’Orso Ebreo in Bastardi senza Gloria, Roth mette in scena una carneficina ambientata durante il Giorno del Ringraziamento, sfruttando il contrasto tra il valore simbolico della festività e il volto più estremo del consumismo americano.
Il film si apre infatti con una sequenza shock: l’assalto a un centro commerciale di Plymouth, Massachusetts, durante il Black Friday, trasforma una corsa agli sconti in un massacro collettivo. Una scena volutamente sopra le righe, girata con metodi “alla vecchia maniera”, senza eccessivo ricorso alla CGI, che conquista fin da subito per la sua brutalità visiva e l’ironia dissacrante.
A distanza di un anno da quel tragico evento, un misterioso killer mascherato da pellegrino – con il volto inquietante di John Carver, padre fondatore della colonia di Plymouth – inizia una vendetta metodica e spietata contro coloro che ritiene colpevoli delle morti avvenute quella notte. Le sue vittime? Principalmente un gruppo di liceali, simbolo di una gioventù superficiale e inconsapevole, che si troverà improvvisamente coinvolta in un incubo a occhi aperti.
Thanksgiving non aspira a riflessioni profonde, né tantomeno si prende mai troppo sul serio. Roth costruisce una trama semplice e lineare, fedele ai canoni dello slasher anni ’80, e proprio per questo estremamente efficace. La sceneggiatura non brilla per originalità – i personaggi sono archetipi riconoscibili, le dinamiche prevedibili – ma l’impatto visivo e l’omaggio costante ai maestri del genere (Carpenter, Craven, ma anche lo stesso Tarantino) rendono l’esperienza soddisfacente per gli appassionati.
Tra omaggi, citazioni e un uso sapiente del gore, Thanksgiving si diverte a mettere in discussione la moralità del genere umano, pur restando sempre in bilico tra ironia e tensione. Lungi dall’essere un horror introspettivo, è un film che intrattiene, disturba e, sorprendentemente, diverte.
Nel cast troviamo volti noti e in ascesa: Addison Rae, Patrick Dempsey, Jalen Thomas Brooks, Rick Hoffman, Gina Gershon, Nell Verlaque e Milo Manheim, tutti ben inseriti nel contesto narrativo. Nessuna interpretazione memorabile, ma funzionali al tipo di racconto che Roth vuole costruire: un horror d’intrattenimento, esagerato, cattivo, grottesco, e incredibilmente godibile.
In conclusione, Thanksgiving è un omaggio spietato e giocoso al cinema slasher, condito da una critica al consumismo feroce quanto le sue uccisioni. Un film che, pur nella sua semplicità, centra il bersaglio.
Thanksgiving, ma che cos’è il genere slasher?
Più volte abbiamo sottolineato il genere slasher che caratterizza il film. Ma che cos’è? Lo slasher che deriva dall’inglese to slash ossia ferire profondamente con un’arma affilata, è un sottogenere dei film horror in cui l’antagonista protagonista è un maniaco omicida, spesso mascherato, che dà la caccia a un gruppo di persone (spesso giovani) in uno spazio più o meno delimitato, utilizzando in genere armi da taglio per ucciderli in modo cruento.
Nel cinema, benché il capostipite del genere sia considerato Halloween – La notte delle streghe del 1978 di John Carpeter, esistono anche altri film precedenti che incarnano tutte le caratteristiche principali dello slasher e che hanno dato vita al genere, tra i più famosi: Un Natale rosso sangue del 1974 di Bob Clark, Sei donne per l’assassino del 1964, e Reazione a catena del 1971 di Mario Bava, anche se quest’ultimo però rientra più precisamente nel genere del giallo all’italiana. Prendendo spunto inoltre da Scream e da Halloween – La notte delle streghe si può notare inoltre come in un film slasher si cerchi sempre di dare più importanza ai momenti di tensione e suspense.
Ma non è tutto, prima del film di Carpenter infatti, possono essere considerati slasher anche: Non aprite quella porta di Tobe Hooper e Le colline hanno gli occhi di Wes Craven, sebbene non ufficialmente, in quanto entrambi sono contaminati da altri generi: mentre il primo sfruttando la trovata di basarsi su una vicenda reale (in realtà è solo parzialmente ispirato a un vero fatto di cronaca), propone di conseguenza delle situazioni più verosimili rispetto a quelle di un normale slasher, il secondo si concentra verso un sottofondo e un finale più tipico da revenge movie (ovvero un film di rabbia e di vendetta).
Lo slasher infine per decenni ha tenuto banco nelle sale cinematografiche di tutto il mondo come uno dei generi più lucrativi del cosiddetto teen movie, ovvero di quei film che si producono appositamente per gli adolescenti (teenager in inglese). Il motivo può essere spiegato dal fatto che la frequente presenza di ragazze attraenti calate in contesti tipici dell’horror sia una formula di semplice riproducibilità per un film di successo, ma anche in altri termini più profondi.
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Emanuela Giuliani
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