The Silent Man, la recensione: il coraggio della verità

La recensione di The Silent Man, il film scritto e diretto da Peter Landesman e prodotto niente meno che da Ridley Scott.

Negli anni ’70, gli Stati Uniti vennero scossi dallo scandalo Watergate, un evento che segnò profondamente la storia politica del paese. L’inchiesta portò alla luce un livello di corruzione e abuso di potere all’interno della Casa Bianca mai visto prima, sollevando il pesante coperchio che fino a quel momento aveva nascosto un’enorme rete di segreti agli occhi indiscreti del mondo intero. Lo scandalo culminò con le dimissioni del presidente Richard Nixon nel 1974, segnando la prima e unica volta nella storia americana in cui un presidente lasciò volontariamente l’incarico prima della fine del suo mandato.

Il principale responsabile della fuga delle informazioni riservate fu Mark Felt (interpretato da Liam Neeson), vice direttore dell’FBI, noto con il soprannome di “Gola Profonda”. Felt fu la fonte segreta che fornì informazioni fondamentali ai giornalisti Bob Woodward e Carl Bernstein del Washington Post, permettendo loro di smascherare l’intero scandalo. La sua identità rimase un mistero per oltre trent’anni, fino a quando nel 2005 egli stesso la rivelò in un’intervista rilasciata a Vanity Fair. La sua confessione mise fine a decenni di speculazioni su chi fosse l’anonimo informatore che aveva contribuito a far cadere uno dei presidenti più potenti della storia americana.

“The Silent Man”, film scritto e diretto da Peter Landesman (ex giornalista investigativo) e prodotto da Ridley Scott, affronta questa scottante vicenda adottando un approccio più intimo e personale. Piuttosto che concentrarsi esclusivamente sugli eventi dello scandalo Watergate, il film esplora la dimensione privata di Mark Felt, evidenziando il conflitto interiore che lo portò a prendere la decisione di divulgare informazioni segrete. Il regista pone l’accento sulle pressioni subite da Felt, sia all’interno dell’FBI che nella sua vita familiare, mostrando come la sua integrità morale abbia avuto conseguenze devastanti sulla sua carriera e sui suoi affetti.

Nonostante le incertezze e la consapevolezza delle conseguenze, Felt scelse di sacrificare non solo il proprio prestigioso incarico – dal quale non venne mai ufficialmente rimosso per evitare ulteriori danni d’immagine all’FBI – ma anche la propria famiglia e se stesso, pur di rendere pubbliche le informazioni di cui era a conoscenza. La sua decisione destabilizzò profondamente gli equilibri all’interno della Casa Bianca e dell’FBI, contribuendo a smantellare un sistema basato sull’omertà e la corruzione.

Tuttavia, nonostante la rilevanza storica della vicenda e il fascino della figura di Felt, “The Silent Man” delude in parte le aspettative. Il ritmo lento della narrazione, caratterizzato da lunghi dialoghi e riflessioni, appesantisce il film e ne rende la costruzione a tratti caotica. La scelta di concentrarsi maggiormente sugli aspetti psicologici del protagonista, piuttosto che sulla tensione investigativa dello scandalo, rende la narrazione meno coinvolgente per lo spettatore. Inoltre, la sceneggiatura non sempre riesce a mantenere un equilibrio tra il thriller politico e il dramma personale, penalizzando l’impatto emotivo della storia.

In definitiva, “The Silent Man” è un film che affronta un tema di grande interesse e importanza storica, con una solida interpretazione di Liam Neeson, ma che risulta penalizzato da una narrazione poco incisiva e da una regia che non riesce a valorizzare appieno la complessità della figura di Mark Felt. Il film offre uno spunto di riflessione su temi cruciali come l’etica, il potere e il senso del dovere, ma fatica a trovare un ritmo coinvolgente capace di mantenere alta l’attenzione del pubblico.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


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