Dwayne Johnson, Emily Blunt e Benny Safdie raccontano l’uomo dietro il campione di The Smashing Machine all’incontro stampa a Venezia 82.
All’82esima Mostra del Cinema di Venezia è stato presentato The Smashing Machine, il film che racconta la storia di Mark Kerr, un campione di arti marziali miste con una vita piena di sfide, dentro e fuori dal ring, interpretato da Dwayne Johnson che mostra un lato inedito e profondo del campione, con Emily Blunt nei panni di sua moglie, una figura importante che lo sostiene nelle difficoltà personali e nelle battaglie quotidiane. Il film segue il percorso di Mark, fatto di grandi vittorie di lotte contro la dipendenza e problemi familiari.
Qui la RECENSIONE: The Smashing Machine, la recensione: la forza, la fragilità e il prezzo dell’invincibilità
Durante la conferenza stampa, il regista Benny Safdie insieme a Johnson e Blunt hanno raccontato il lavoro svolto per portare sullo schermo questa storia vera, intensa ed emozionante, capace di andare oltre il genere sportivo per raccontare l’anima complessa di un uomo.
“Nessuno di noi sarebbe qui senza Mark Kerr, che è con noi oggi e ha cambiato le nostre vite permettendoci di entrare nella sua lasciandoci vivere la sua esperienza, e sentire le sue emozioni. È stato straordinario potersi concentrare su di lui, imparare dalla sua storia”, afferma il regista Benny Safdie. “Perché ambientare il film nel mondo delle arti marziali degli anni ’90? Perché in quel periodo si viveva una fase sperimentale unica: diverse discipline si affrontavano l’una contro l’altra. Era uno sport crudo, diretto, ma allo stesso tempo la comunità era molto coesa. Ci si rispettava. Questo contrasto tra un ambiente di lotta e una profonda solidarietà tra atleti mi ha colpito. Ho voluto esplorarlo. Lo sport era molto seguito negli Stati Uniti, ma anche in Brasile e Giappone: aveva una dimensione internazionale. E mi affascinava questa costellazione di personalità potenti, tra cui Mark.”
“Ricordo le conversazioni con Dwayne sulla pressione di dover sempre performare. Ci chiedevamo: è possibile liberarsi di quel peso, lasciarsi andare? È da lì che nascono quei momenti di pianto o di riso isterico: due emozioni molto vicine, espressioni di sollievo. E Dwayne ha trovato forza nel potersi dire che quella pressione, oggi, non c’è più. Adoro tutto questo”, aggiunge Safdie concludendo. “La musica, poi, per me è fondamentale. La ascolto per comprendere i miei sentimenti, ascolto le parole. A volte ripeto la stessa canzone ossessivamente, perché significa qualcosa. Riflette qualcosa che sto vivendo. La musica entra nel processo di scrittura: sapevo con precisione quando certe parole erano importanti per la sceneggiatura. È un mezzo potente, e volevo che quei sentimenti arrivassero al pubblico.”
Dwayne Johnson ha poi proseguito: “Quello che è successo a Mark è surreale. Lo è per lui, ma lo è anche per noi. La sua vita ha cambiato la nostra, ha cambiato il mio modo di vedere le cose. Non si tratta solo di vincere o perdere: ma della pressione costante, della paura di non essere all’altezza, di come, a volte, la vittoria stessa può diventare il nemico. Credo che tutti possano riconoscersi in quella pressione. Per questo sono così felice che Mark sia qui con noi.”
“Il film non è solo sulla lotta. Certo, quello era il suo mestiere: è stato uno dei più grandi lottatori del pianeta, ma il film racconta una storia d’amore, quella tra Mark e Dawn. Un amore profondo per ciò che faceva, ma anche un conflitto interiore nel tentativo di raggiungere la perfezione e superare le sfide. Mark lo sa: è fortunato ad essere vivo, ed è uno dei motivi per cui questa storia è così potente”, spiega Johnson che i merito alla sua trasformazione dice. “La trasformazione è stato l’aspetto che più desideravo esplorare. Ho avuto una carriera che mi ha dato tanto, ne sono orgoglioso. Ma c’era dentro di me una voce che mi chiedeva: “E se potessi fare di più?” Emily — fin da Jungle Cruise — ha sempre creduto in me. Mi ha detto: “C’è qualcosa in cui puoi incanalare tutto ciò che hai imparato nella vita. Puoi farlo attraverso la recitazione”. Quella trasformazione non sarebbe mai potuta accadere senza di lei. È la mia migliore amica, mi ha sempre detto: “Ce la puoi fare”. E naturalmente grazie anche a Benny. Grazie a entrambi.”
“Mi sono avvicinato molto a Mark. Ha condiviso con me, con Emily e con Benny, ciò che ha vissuto. Ricordo quando ci raccontava come si preparava prima di un combattimento: quella sensazione di farfalle nello stomaco. È qualcosa che vediamo nel film. Mark è una contraddizione vivente: è stato uno dei più grandi lottatori, ma è anche una delle persone più gentili e sensibili che abbia mai conosciuto. Benny ha usato un termine perfetto: “empatia radicale”. È lui.”
Continua. “All’inizio combatteva per sopravvivere, per fare soldi, per costruire qualcosa. Ma alla fine, dopo aver affrontato la dipendenza e le difficoltà nella sua relazione con Dawn, capisce che non riesce ad avere ciò che desiderava davvero. Eppure va bene così. Perde tutto, ma trova se stesso. Benny è riuscito a raccontare tutto questo nel film.
Anche per me lasciare la lotta ha significato crescere. Ho amato il wrestling, l’ho vissuto con passione. Amo il pubblico, l’energia, lo spettacolo. Ma alla fine degli anni ’90, quando ho conosciuto Mark — che per noi era un eroe — ho sentito un rispetto profondo per quello che rappresentava. È incredibile come la vita, anni dopo, abbia chiuso il cerchio in modo così potente. Una delle cose più belle di Mark è proprio la sua dualità: fisicamente imponente, con una presenza scenica incredibile, ma con un’anima gentile, affettuosa, e uno sguardo sul mondo pieno di curiosità infantile.”
Emily Blunt infine svela: “Sono stata felicissima di scoprire la presenza di una figura femminile così forte in questo mondo maschile. Mi ha affascinato la possibilità di raccontare ciò che accadeva dietro le quinte, cosa significasse vivere accanto a un lottatore. Ho avuto la fortuna di conoscere Dawn, che è stata incredibilmente generosa. Mi ha parlato del rischio e dell’intensità che caratterizzavano la loro relazione, fatta di amore profondo e rispetto reciproco. È stato emozionante rappresentare questo mondo così autentico. Mi sono trovata in relazioni, nella mia carriera, che sembravano costruite apposta per il cinema. Ma qui, invece, le persone sono vere, cambiano da un momento all’altro, e credo che siamo riusciti a mostrarlo: come l’umore possa cambiare all’interno di una coppia nel giro di un’ora.”
Prosegue dicendo: “Lavorare con Benny è stato meraviglioso: ha un modo molto spontaneo di dirigere. E lavorare accanto a Dwayne, che è un caro amico, è stato speciale. Ricordo la prima volta che lo abbiamo visto nei panni di Mark: l’aria nella stanza è cambiata. Tutti siamo rimasti in silenzio, e vi assicuro che per me è difficile stare zitta! È stato qualcosa di straordinario.”
Termina dicendo: “Questo film è una bellissima cornice per raccontare la vulnerabilità maschile. Negli anni ’90 c’era l’ideale dell’uomo invincibile, macho, amplificato da arene dove questi uomini lottavano. Ma il film non racconta la forza fisica: racconta cosa significa mantenere un’immagine, mentre dentro si è spezzati. Credo che a Benny interessasse proprio questo: come creare empatia verso una persona che appare invincibile, ma che in realtà è piena di dolore, che fatica a mostrarsi fragile. È un film che parla profondamente del dolore interiore.”
The Smashing Machine debutterà negli USA il 3 ottobre per poi arrivare nelle sale italiane il 19 novembre 2025, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection in collaborazione con WISE Pictures.
©Riproduzione Riservata
Emanuela Giuliani