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The Voice of Hind Rajab, la recensione: il film che ci invita a non voltare lo sguardo

The Voice of Hind Rajab, il film diretto da Kaouther Ben Hania, in concorso a Venezia 82, ci invita a non voltare lo sguardo.

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è ogni anno una preziosa occasione per scoprire storie che non solo intrattengono, ma che ci costringono a guardare la realtà con occhi diversi, a riflettere e a sentire, come accade con The Voice of Hind Rajab. Il film, scritto e diretto da Kaouther Ben Hania, nota per il suo impegno nel raccontare storie di donne e di dolore, è un’opera che arriva con una potente testimonianza diretta e che mette in luce una verità difficile da ascoltare, ma impossibile da ignorare.

La vicenda si basa su un fatto realmente accaduto nella Striscia di Gaza: la voce di una bambina di sei anni, Hind Rajab, che implora aiuto mentre è intrappolata in un’auto sotto il fuoco di una sparatoria. Una voce, registrata dai volontari della Mezzaluna Rossa, che diventa l’anima di un film ambientato in un’unica location e con un’atmosfera che si concentra non sull’orrore visivo, ma sul peso intangibile del silenzio, della paura e dell’attesa.

Un grido nel silenzio che parla a tutti noi

The Voice of Hind Rajab è un film nei confronti del quale non si può assolutamente restare indifferenti. La sua forza nasce dall’intensità di una storia reale, parte integrante di uno dei conflitti mondiali più complessi, che racchiude in sé un universo di emozioni e significati.

Una voce forte e vera, difficile da dimenticare, espressione di un’umanità ferita e di tanti piccoli che non hanno colpa, ma che pagano il prezzo più alto. La regista sceglie di rappresentarli lasciando fuori dallo schermo la distruzione, e concentrando l’attenzione sull’invisibile: sul rumore del silenzio, sull’angoscia dell’attesa, sul dolore che nasce da ciò che non si vede ma si sente. Restituisce così un’emotività intensa e il potere di far riflettere su una guerra le cui continue immagini di devastazione sono ormai diventate una routine.

Un silenzio carico dell’insostenibile tensione di chi spera fino all’ultimo, attraverso cui viviamo tutta la paura di Hind e la frustrazione di chi cerca di aiutarla, impotente di fronte agli ostacoli imposti dal conflitto.

La registrazione originale della voce di Hind, vera e straziante, è un colpo diretto al cuore: un grido forte e vero che colpisce dritto al cuore, rendendo quel dolore quasi personale, una ferita aperta che non si rimarginerà facilmente. Il tutto è amplificato dal contesto in cui si svolge la storia, dal momento che Gaza è da anni uno dei luoghi più martoriati del pianeta, simbolo di una lotta senza fine e di una sofferenza quotidiana spesso dimenticata.

Hind diventa così un simbolo universale, non solo della Palestina, ma di tutti i bambini vittime di conflitti nel mondo. Un monito alla nostra responsabilità collettiva verso di chi non ha voce e non viene ascoltato che resta dentro anche dopo i titoli di coda, insinuandosi nella coscienza e trasformando il film in un gesto politico e umano, prova del dolore, dell’ingiustizia e vulnerabilità che non ha bandiere e confini.

Uno degli elementi più toccanti e viscerali del film è proprio il senso di impotenza che lo attraversa. Lo spettatore si ritrova in un’attesa snervante, priva di risoluzioni immediate, vivendo in prima persona quel tempo sospeso in cui ogni secondo sembra eterno. Una frustrazione che normalmente si tenta di evitare, e che qui è il fulcro emotivo, ricordando quanto sia difficile accettare di non poter intervenire, di non poter cambiare un destino già scritto per chi soffre. Ma ci viene chiesto di restare presenti, di non chiudere gli occhi, e di ascoltare quella voce anche quando il film è finito.

The Voice of Hind Rajab mostra, inoltre, anche la drammatica condizione dei soccorritori, costretti a operare in uno scenario devastato, dove ogni passo può essere fatale. I volontari e gli operatori sanitari, spesso male equipaggiati, si muovono in territori martoriati, tra ambulanze bersagliate, strade distrutte e comunicazioni interrotte. Ogni decisione è lacerante: avanzare rischiando la vita o restare fermi, sapendo che il tempo per chi chiede aiuto sta per scadere.

Per loro, ogni chiamata è una condanna: devono decidere se rischiare tutto per una speranza fragile o arrendersi all’idea che il soccorso sia impossibile. Le loro decisioni, così come le loro esitazioni, non sono mai fredde calcolazioni, ma il frutto di una continua lotta tra dovere, paura e compassione. Sono esseri umani intrappolati tra l’urgenza dell’intervento e il timore di non fare ritorno.

Voci tanto fragili quanto vive, che non sono solo lancinanti richieste d’aiuto, ma affermazioni dirette della paura, del dolore e dell’abbandono vissuti da migliaia di bambini nei teatri di guerra.

Dentro l’auto, con la voce di Hind

La fotografia, curata da Sofian El Fani, è essenziale e si adatta perfettamente all’atmosfera claustrofobica del film, interamente ambientato in un’auto. Le inquadrature trasmettono costrizione e vulnerabilità, con buio crescente, luci intermittenti e spazi angusti. Il montaggio punta a una tensione crescente anzi che a scene spettacolari. Il tempo diventa un elemento narrativo chiave, scandito con precisione per amplificare il senso d’impotenza.

Le interpretazioni sono autentiche, in particolare quelle dei soccorritori. Niente frasi o gesti ad effetto, solo umanità di fronte a una tragedia. Al centro la voce reale di Hind: fragile, vera che colpisce profondamente. Anche la colonna sonora è minimalista: assenti musiche invadenti, prevalgono rumori ambientali, respiri, battiti, con a dominare il silenzio, carico di emozione.

La voce che non possiamo ignorare

The Voice of Hind Rajab non è un film facile, ma è necessario, perché ci fa sentire ciò che preferiremmo ignorare. È una storia che ci riguarda, anche se accade lontano., è un invito a restare umani, a non anestetizzarci di fronte al dolore degli altri e, soprattutto, è un richiamo a riconoscere che dietro ogni tragedia ci sono volti, storie, vite. Come quella di Hind, che deve essere ricordata.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

10


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