La recensione di: The Whale: Il ritorno di Brendan Fraser in una performance emotivamente devastante.
Lontano dai riflettori per molti anni a causa di un episodio traumatico — le presunte molestie sessuali subite nel 2003 da parte dell’allora presidente della Hollywood Foreign Press Association, Philip Berk, denunciate pubblicamente solo nel 2018 — Brendan Fraser torna finalmente al cinema con una prova attoriale intensa e commovente nel film; The Whale, il film presentata in anteprima alla 79ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che segna anche il ritorno alla regia di Darren Aronofsky, autore di culto noto per pellicole come Pi – Il teorema del delirio, Requiem for a Dream e Il cigno nero.
Adattamento cinematografico dell’omonima pièce teatrale di Samuel D. Hunter, che firma la sceneggiatura, The Whale, vede Fraser nei panni di Charlie, un docente di inglese affetto da obesità grave, che vive recluso nel proprio appartamento e la sua esistenza è scandita dalla sofferenza e da un senso di colpa che lo consuma lentamente. Charlie cerca disperatamente di riallacciare i contatti con la figlia adolescente, da cui si è allontanato anni prima, in un estremo tentativo di rimediare agli errori del passato.
Il film affronta con profondità temi universali come l’isolamento, la vergogna, la fragilità emotiva, il dolore — sia fisico che spirituale — e la ricerca di una redenzione possibile. La narrazione si sviluppa con pudore ma senza sconti, penetrando con sincerità nei luoghi più oscuri dell’animo umano. Charlie non è solo un corpo segnato dalla malattia, ma soprattutto un uomo prigioniero del rimorso, che tenta di ritrovare un senso alla propria esistenza prima che sia troppo tardi.
Durante la conferenza stampa veneziana, Aronofsky ha sottolineato come il progetto sia nato da una profonda impressione provata leggendo un articolo sul dramma teatrale: “Quando lessi per la prima volta della pièce su The New York Times, capii immediatamente che c’era una storia da raccontare nel mio linguaggio visivo. Ci sono voluti dieci anni per realizzarla, ma quando vidi Brendan Fraser in un film indipendente brasiliano, compresi che era perfetto per questo ruolo”.
Uno degli aspetti più complessi da gestire, ha spiegato il regista, era l’immobilità del protagonista: Charlie non può uscire dal suo appartamento, un vincolo che si è rivelato una sfida artistica stimolante. “Con Mother! avevo già lavorato in un ambiente chiuso, ma The Whale mi ha costretto ad approfondire la psicologia di un uomo intrappolato nel suo stesso corpo, eppure straordinariamente vivo dal punto di vista emotivo. Grazie alla fotografia di Matthew Libatique e alla scrittura di Sam Hunter, siamo riusciti a costruire un universo denso, pur restando in pochi metri quadri.”
Il cuore del film è, senza dubbio, l’interpretazione trasformativa di Fraser. Charlie è un uomo spezzato, che convive con il dolore cronico, la solitudine e il peso delle proprie scelte. Indossando una protesi di oltre 130 chili e affrontando un lungo processo di trasformazione fisica e psicologica, l’attore ha dato vita a una performance potente e profondamente empatica. Ogni movimento rallentato, ogni silenzio, ogni sguardo racconta il conflitto interno di un uomo che si aggrappa all’ultima possibilità di salvezza, e alla fine della proiezione a Venezia, Fraser è stato accolto da una lunga e meritatissima standing ovation, che lo ha visibilmente commosso.
In un’intervista, l’attore ha rivelato quanto il processo per diventare Charlie sia stato intenso e toccante: “Ho dovuto imparare a muovermi e respirare in modo diverso. Portare quel peso ogni giorno mi ha aperto gli occhi sulla fatica, ma anche sulla forza necessaria per vivere in certe condizioni. Charlie mi ha insegnato cosa significa resistere, anche quando tutto sembra perduto.”
Oltre alla straordinaria interpretazione del protagonista, il film si distingue per la scrittura profonda di Samuel D. Hunter, capace di restituire la complessità di un uomo colto e sensibile, che trova nella letteratura l’unico linguaggio possibile per esprimere ciò che non riesce a dire. “Charlie è un uomo che parla attraverso le parole degli altri, cercando di costruire un ponte tra sé e il mondo che ha abbandonato. La letteratura è la sua àncora, ma anche il suo grido d’aiuto”, spiega Hunter.
The Whale è un’opera intensa, a tratti dolorosa, che non teme di mostrare la crudezza della condizione umana, ma lo fa con rispetto e umanità. Aronofsky firma un film intimo, asciutto, privo di retorica, che invita a riflettere su quanto sia difficile, ma necessario, perdonarsi. Solo attraverso l’accettazione delle proprie ferite si può provare a riconciliarsi con la vita.
Accanto a Fraser, il cast è arricchito da interpretazioni di grande sensibilità, tra cui spiccano Hong Chau, Samantha Morton e Ty Simpkins. La loro presenza contribuisce a rendere ancora più stratificata e autentica la dimensione emotiva della pellicola.
Prodotto da A24 e dalla Protozoa Pictures di Aronofsky, distribuito in Italia da I Wonder Pictures, The Whale è un film che lascia il segno: grazie alla vulnerabilità sincera e alla profondità interpretativa di Brendan Fraser, si trasforma in un’esperienza toccante e memorabile, capace di parlare con forza al cuore di chi guarda.
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Emanuela Giuliani
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