La recensione di Tully, il film diretto da Jason Reitman con protagonista una straordinaria Charlize Theron.
Quotidianamente, attraverso i vari mezzi di comunicazione, ci si ritrova ad assistere a sconcertanti tragedie familiari in cui amorevoli madri, dalla reputazione immacolata, giungono al gesto estremo di togliere la vita ai propri figli e, spesso, anche a se stesse. Episodi di questa natura vengono generalmente attribuiti a gravi instabilità psichiche, mai notate o sottovalutate da chi sta loro intorno. Tuttavia, la vera e più inquietante causa potrebbe risiedere in un disturbo tanto diffuso quanto ignorato: la depressione post-partum. Questa sindrome, spesso ridotta superficialmente a un semplice stato di stanchezza, viene sottovalutata al punto da passare inosservata anche agli occhi di chi dovrebbe fornire supporto e aiuto. Proprio attorno a questa tematica ruota e si sviluppa la pellicola diretta da Jason Reitman: “TULLY”.
Attraverso la straordinaria interpretazione di Charlize Theron nei panni di Marlo, “TULLY” affronta il doloroso e complesso percorso introspettivo di una donna stremata dalle responsabilità della vita familiare. Marlo è una madre e moglie oppressa dal peso delle molteplici richieste quotidiane, priva di qualsiasi forma di sostegno concreto e sempre più schiacciata dallo stress e dalla fatica. La sua mente, logorata dal costante affanno, la conduce a un confronto spietato con se stessa, dando vita a un’illusione che si incarna nella figura della baby-sitter notturna Tully, interpretata da Mackenzie Davis. Tully rappresenta tutto ciò che Marlo era un tempo: una giovane donna spensierata, desiderosa di scoprire il mondo e di conquistarlo. Questo rapporto, inizialmente vissuto come un’ancora di salvezza, si trasforma progressivamente in uno specchio doloroso della sua realtà interiore.
Il film si configura come una profonda analisi introspettiva che accompagna Marlo nel suo percorso di accettazione e rinascita. Grazie alla relazione con Tully, la protagonista inizia a comprendere e ad accettare il ritmo frenetico e caotico della sua vita attuale, trovando nuovi equilibri e imparando ad amare se stessa e il proprio corpo, fortemente segnato dalle gravidanze. “TULLY” non si limita a raccontare la depressione post-partum, ma offre uno sguardo realistico sulla solitudine e sull’alienazione che spesso caratterizzano la vita delle madri, ponendo in evidenza il peso delle aspettative sociali e il bisogno inascoltato di supporto.
Jason Reitman, con la sceneggiatura di Diablo Cody, riesce a costruire una narrazione dal forte impatto emotivo, capace di scuotere e toccare le corde più profonde dell’animo umano. La pellicola non solo porta alla luce le difficoltà vissute dalle donne nel periodo post-partum, ma apre anche una riflessione più ampia sulla depressione all’interno del nucleo familiare, una condizione che può colpire anche gli uomini e che si manifesta con un senso di isolamento e impotenza. “TULLY” ci invita a riflettere sull’importanza del supporto emotivo e sulla necessità di riconoscere e affrontare tempestivamente i segnali di disagio psicologico, prima che diventino una gabbia dalla quale è impossibile uscire.
Con una narrazione intensa e sincera, “TULLY” si rivela un racconto imperdibile, capace di mettere in luce una realtà spesso taciuta e di sensibilizzare il pubblico su un argomento di fondamentale importanza. Un film che emoziona, scuote e lascia un segno indelebile nello spettatore, portandolo a interrogarsi sulle proprie percezioni e sui tabù che ancora oggi circondano la salute mentale materna.
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Emanuela Giuliani
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