Una poltrona per due: la commedia cult degli anni ’80 che unisce risate, satira e tradizione natalizia senza tempo.
Ci sono film che, con il tempo, diventano una tradizione, e Una poltrona per due è uno di questi. Diretto da John Landis, già celebre per Animal House e The Blues Brothers, il film rappresenta uno dei punti più alti della commedia americana degli anni ’80, capace di intrecciare slapstick, satira sociale e un’irriverente critica al capitalismo statunitense. La coppia formata da Eddie Murphy, allora in piena ascesa grazie al Saturday Night Live, e Dan Aykroyd funziona grazie a un contrasto marcato di linguaggio, formazione e status sociale, che diventa il motore comico e tematico dell’intero film, che riprende in chiave moderna lo schema narrativo de Il principe e il povero di Mark Twain, trasformandolo in una riflessione sulla mobilità sociale, sulle disuguaglianze economiche e sull’eredità della Reaganomics.
Scambi di destino e critica sociale
La storia prende il via da un esperimento sociale tanto crudele quanto arbitrario, orchestrato dai fratelli Duke, due magnati della finanza convinti che la natura umana possa essere manipolata come una variabile economica. Per dimostrare la loro teoria, decidono quindi di rovinare la vita di Louis Winthorpe III (Aykroyd), giovane yuppie cresciuto nel privilegio, sostituendolo con Billy Ray Valentine (Murphy), un senzatetto afroamericano che sopravvive grazie a piccoli raggiri.
I due si ritrovano così a vivere un’improbabile inversione di destini, uno scambio identitario che consente al film di svelare il cinismo del capitalismo finanziario, e la celebre scena della borsa delle materie prime, con l’assurda speculazione sui future del succo d’arancia, racchiude alla perfezione la follia di un sistema che antepone il profitto a qualsiasi considerazione etica. Parallelamente, la parabola di Valentine mette in luce quanto il pregiudizio razziale e classista influenzi la percezione del valore umano: agli occhi di molti, ciò che conta non è il talento, ma l’origine sociale o il colore della pelle.
Il film smonta così anche l’idea del successo come qualità innata. La rapidità con cui Valentine si adatta all’ambiente finanziario, e la fragilità con cui Winthorpe crolla una volta privato dei suoi privilegi, mostrano infatti quanto contino le opportunità e il contesto più che il “merito” in senso astratto.
Ad emergere infine è il riscatto: Valentine rivela il proprio valore non appena gli viene concessa una possibilità reale, mentre Winthorpe trova, attraverso la caduta, una nuova capacità di capire e rispettare chi vive ai margini. Da questo doppio percorso nasce una storia che diverte, ma che al tempo stesso mette a nudo le contraddizioni della società americana.
Stile, comicità e personaggi memorabili
La comicità del film si fonda su un equilibrio impeccabile tra eleganza e farsa, alternando dialoghi brillanti a momenti di puro slapstick. Molte scene sono diventate veri e propri cult: Winthorpe, ridotto alla disperazione, che vaga travestito da Babbo Natale mangiando salmone attraverso una barba sintetica; la folle sequenza del gorilla sul treno di Capodanno; oppure l’irresistibile entusiasmo con cui Valentine si appropria del nuovo ruolo di manager, ribaltando le aspettative di chi lo circonda.
Attorno ai due protagonisti si muove una galleria di personaggi secondari tanto incisivi quanto funzionali alla satira. Ophelia, interpretata da una Jamie Lee Curtis sorprendentemente moderna per gli standard dell’epoca, è una figura autonoma e pragmatica: aiuta Winthorpe non per romanticismo, ma per un calcolo lucido e realistico. Coleman, il maggiordomo interpretato da Denholm Elliott, osserva il crollo delle certezze dei suoi padroni con una compostezza che cela un forte senso morale, diventando simbolo della dignità silenziosa della classe lavoratrice.
I fratelli Duke, invece, incarnano in modo quasi caricaturale il volto più spietato del capitalismo predatorio: razzisti, manipolatori e incapaci di riconoscere qualsiasi valore che non sia misurabile in denaro. La loro caduta finale si configura così come un atto di giustizia poetica, capace di ristabilire l’equilibrio morale della storia, mentre Winthorpe e Valentine sono le sue facce della stessa riflessione sociale.
Il primo incarna il privilegio inconsapevole, convinto che il proprio status sia il risultato naturale delle sue capacità e per questo incapace di riconoscere quanto siano fragili le basi del suo successo. Valentine, al contrario, è un talento ignorato dalla società a causa delle barriere economiche e razziali, ma una volta messo alla prova, dimostra come spesso basti una sola occasione per ribaltare un destino apparentemente segnato. La loro alleanza finale diventa così il punto di incontro tra due esperienze opposte ma complementari.
Curiosità e Dietro le Quinte
La produzione del film è ricca di aneddoti che spiegano parte del suo fascino. Il titolo italiano, considerato uno dei più riusciti adattamenti in assoluto, ha contribuito in modo decisivo alla fortuna del film nel nostro Paese: semplice, evocativo e perfettamente calzante, ha quasi migliorato l’originale. Curiosamente, mentre negli Stati Uniti la pellicola non è affatto associata al Natale, in Italia è diventata un rito immancabile della Vigilia, un appuntamento che si tramanda di generazione in generazione e che ha trasformato Una poltrona per due in un simbolo festivo unico nel suo genere.
Il dietro le quinte rivela momenti memorabili. La scena del gorilla sul treno fu particolarmente difficile da girare perché il costume era pesantissimo; Eddie Murphy, però, riuscì a sfruttare la situazione improvvisando diversi scambi con Jim Belushi, nascosto sotto la pelliccia. Molte gag nacquero proprio dall’improvvisazione, incoraggiata da John Landis, che riconosceva l’energia comica di Murphy e la lasciava esplodere liberamente. Dan Aykroyd, invece, ha più volte raccontato che la celebre scena del salmone fu un tormento: il pesce, rimasto per ore sul set intrappolato nella barba di lattice, aveva iniziato a emanare un odore nauseante.
Il film è diventato sorprendentemente influente anche in ambiti lontani dalla commedia. La rappresentazione dell’insider trading nella scena finale è stata citata in corsi universitari e articoli economici, contribuendo a far conoscere al grande pubblico dinamiche che, fino ad allora, erano riservate agli addetti ai lavori. E per i fan più attenti, un curioso easter egg lega il film ad Il Principe Cerca Moglie del 1988: i fratelli Duke vi ricompaiono, ridotti in miseria, a conferma della continuità comica tra le due pellicole.
Dal grande schermo alla tradizione natalizia
Al momento della sua uscita, Una poltrona per due ottenne un enorme successo, consacrando Eddie Murphy come una delle voci più originali della comicità americana e confermando Dan Aykroyd come un interprete versatile, capace di muoversi con naturalezza sul sottile confine tra ironia e malinconia. L’equilibrio tra puro intrattenimento e critica sociale permise al film di affermarsi rapidamente come un classico del genere, mantenendo nel tempo una freschezza sorprendente grazie alla lucidità con cui mette in scena meccanismi economici e pregiudizi ancora oggi attuali.
In Italia il film ha assunto un valore culturale del tutto particolare: la sua presenza costante nella programmazione televisiva della Vigilia di Natale lo ha trasformato in un vero e proprio rito collettivo, un appuntamento capace di unire generazioni e contesti sociali diversi sotto il segno della tradizione. È raro che una commedia americana riesca a radicarsi così profondamente in un altro Paese, ma Una poltrona per due ci riesce grazie al suo ritmo impeccabile, all’atmosfera invernale e alla capacità di offrire molteplici livelli di lettura. Il pubblico può limitarsi a ridere delle gag più immediate oppure cogliere la critica a un sistema economico spietato: entrambe le interpretazioni convivono armoniosamente, rendendo il film adatto a spettatori con sensibilità e interessi diversi.
Proprio questa doppia anima, leggera e al tempo stesso impegnata, spiega la sua straordinaria longevità. Una poltrona per due non è soltanto un cult nostalgico o una tradizione televisiva, ma un’opera che continua a dialogare con il presente, in cui la maschera della commedia lascia spazio a una riflessione sempre attuale sulle contraddizioni della società contemporanea.
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Emanuela Giuliani






