Via col Vento, come è nato un classico del cinema

Via col Vento, come è nato l’indimenticabile classico cinematografico adattamento dell’omonimo romanzo di Margaret Mitchell.

Tra i grandi classici della storia del cinema, Via col Vento occupa un posto d’onore. Questo epico adattamento dell’omonimo romanzo del 1936 di Margaret Mitchell è infatti diventato una pietra miliare della settima arte, capace di attraversare le generazioni e affascinare il pubblico di ogni epoca.

Ambientato sullo sfondo della Guerra di Secessione americana e dei difficili anni della Ricostruzione, Via col Vento narra la tormentata vicenda di Rossella O’Hara, interpretata da una magnetica Vivien Leigh. Figlia capricciosa di un ricco piantatore della Georgia, Rossella si ritrova a inseguire un amore impossibile per Ashley Wilkes (Leslie Howard), uomo idealista e riservato, già legato sentimentalmente alla cugina Melania Hamilton (Olivia de Havilland), esempio di forza silenziosa e grazia interiore. Ma sarà l’incontro con Rhett Butler, interpretato da un carismatico Clark Gable, a segnare profondamente il suo destino. Il loro rapporto, acceso da passione, orgoglio e disillusione, è il fulcro emotivo di una narrazione che intreccia amore e sopravvivenza, ambizione e decadenza.

Diretto da Victor Fleming, con il contributo di George Cukor e Sam Wood, il film fu una produzione colossale sotto ogni aspetto, capace di restituire con straordinaria efficacia visiva e narrativa l’atmosfera di un’epoca cruciale per gli Stati Uniti. Con dieci premi Oscar su tredici nomination, Via col Vento non solo conquistò il pubblico e la critica, ma si affermò come simbolo intramontabile della cultura cinematografica mondiale.

La sua grandezza va oltre l’eleganza formale e le magistrali interpretazioni: il film affronta con intensità temi complessi come la schiavitù, la guerra e i profondi cambiamenti sociali del Sud americano. Ancora oggi, a decenni di distanza, Via col Vento resta un’opera monumentale, capace di suscitare emozioni, dibattiti e riflessioni, confermandosi come uno dei capolavori assoluti della storia del cinema.

Dietro le quinte di “Via col Vento”: il lungo viaggio verso un capolavoro

La realizzazione di Via col Vento (Gone with the Wind) fu un’impresa straordinaria, segnata da sfide creative, decisioni controverse e colpi di scena che contribuirono a trasformarlo in uno dei capisaldi della storia del cinema. Fin dall’inizio, il produttore David O. Selznick si pose un obiettivo ambizioso: adattare il celebre romanzo di Margaret Mitchell in un’opera cinematografica all’altezza del suo successo editoriale. Ma tradurre quelle pagine in immagini fu tutt’altro che semplice.

Una delle prime e più delicate difficoltà riguardò la scelta degli interpreti principali. Selznick voleva a tutti i costi Clark Gable per il ruolo di Rhett Butler, tanto da rimandare l’inizio delle riprese pur di assicurarselo, ma se trovare il suo protagonista maschile fu complicato, il processo di selezione per Rossella O’Hara fu ancora più arduo. Oltre 1.400 attrici si presentarono per il provino, tra cui nomi leggendari come Joan Crawford, Bette Davis e Katharine Hepburn, ma alla fine, fu scelta Vivien Leigh, attrice britannica pressoché sconosciuta al pubblico americano, la quale colpì per il suo carisma, la profondità interpretativa e l’evidente alchimia con Gable. Una decisione, quella del casting, che arrivò a riprese già iniziate, segno delle tensioni e dell’urgenza che accompagnavano la produzione.

Anche la lavorazione della sceneggiatura fu complessa. Sidney Howard, incaricato dell’adattamento, si trovò a dover ridurre un romanzo monumentale in una narrazione cinematografica coesa e fluida, con la prima stesura che superava le cinque ore di durata, ma fu successivamente ridotta a tre ore e cinquantotto minuti. Il montaggio fu un’impresa titanica: vennero girati circa 88 ore di pellicola, molte delle quali eliminate o riscritte per ottimizzare ritmo e chiarezza. Ogni modifica puntava a mantenere l’essenza dell’opera originale, pur rendendola più fruibile per il pubblico in sala.

A complicare ulteriormente la situazione contribuirono i cambi in regia. George Cukor, inizialmente incaricato della direzione, fu rimosso nelle fasi preliminari, gli subentrò Victor Fleming, che però dovette fermarsi temporaneamente per un esaurimento nervoso, venendo momentaneamente sostituito da Sam Wood. Nonostante questi avvicendamenti, il film riuscì a conservare una sorprendente coerenza visiva e narrativa, grazie alla supervisione costante di Selznick e a un’impostazione stilistica condivisa tra i vari registi.

Il successo, al termine di tanta fatica, fu clamoroso. Alla cerimonia degli Oscar del 1940, Via col Vento conquistò otto statuette, inclusi Miglior Film e Miglior Regia, e il momento più significativo fu la vittoria di Hattie McDaniel come Miglior Attrice non Protagonista per il ruolo di Mammy: fu la prima donna afroamericana a ricevere un Oscar, un evento storico in un’America ancora segnata dalla segregazione razziale. La sua interpretazione contribuì in modo fondamentale al coinvolgimento emotivo del film.

Gran parte della fortuna dell’opera cinematografica si deve all’incredibile successo del romanzo di Margaret Mitchell, pubblicato nel 1936. Il libro vendette oltre un milione di copie nei primi sei mesi, vinse il Premio Pulitzer nel 1937 e divenne un autentico fenomeno culturale. La sua popolarità generò un’attesa enorme per il film, che venne accolto con entusiasmo fin dalle prime proiezioni.

Tra i numerosi episodi curiosi legati alla lavorazione, spicca l’intervento decisivo di Clark Gable nella scelta di Hattie McDaniel per il ruolo di Mammy. L’attrice, con una formazione prevalentemente comica, esitava ad accettare una parte così distante dal suo repertorio, ma fu convinta a partecipare e la sua performance divenne uno dei punti di forza dell’intero film. In una scena particolarmente famosa, Gable versò di nascosto del vero alcol nel bicchiere di McDaniel: la sua reazione fu talmente spontanea che la ripresa fu mantenuta senza bisogno di rifarla.

Indimenticabile è anche la sequenza dell’incendio di Atlanta. Per girarla, la produzione utilizzò vecchi set da demolire, appiccando un vero rogo. Le fiamme furono così intense che gli abitanti delle vicinanze, vedendo il fumo, pensarono a un disastro reale. L’effetto fu straordinario e contribuì a rendere quella scena una delle più iconiche della pellicola.

Negli anni successivi, il mito di Via col Vento continuò a ispirare nuove produzioni. Nel 1994, la CBS realizzò una miniserie in quattro puntate ispirata al romanzo Scarlett di Alexandra Ripley, sequel ufficiale del libro originale. Interpretata da Joanne Whalley-Kilmer e Timothy Dalton, ottenne un buon successo di pubblico e vinse due Emmy, anche se non riuscì a replicare il fascino e l’impatto dell’opera del 1939.

Infine, una delle frasi più celebri del film, “Frankly, my dear, I don’t give a damn”, fu oggetto di controversia. All’epoca, l’uso della parola “damn” era considerato eccessivamente audace e la produzione rischiò una multa di 5.000 dollari per non averla censurata. Selznick, tuttavia, insistette per mantenerla, convinto della sua forza drammatica, la frase non solo fu conservata, ma divenne uno dei motti più famosi nella storia del cinema.

Via col Vento non è soltanto un film: è il frutto di un’opera colossale, costruita con passione, determinazione e un’eccezionale visione artistica. Ogni elemento, dalla scelta degli attori alla scrittura, dalle riprese agli imprevisti sul set, ha contribuito a creare un capolavoro destinato a lasciare un’impronta indelebile nella memoria collettiva.

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Emanuela Giuliani


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